Desertificazione bancaria in Campania

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Il processo di concentrazione nel settore bancario italiano, con la spinta verso la digitalizzazione dei servizi bancari per effetto di nuovi modelli distributivi e dalla pressione degli intermediari […]

Il processo di concentrazione nel settore bancario italiano, con la spinta verso la digitalizzazione dei servizi bancari per effetto di nuovi modelli distributivi e dalla pressione degli intermediari al contenimento dei costi, ha prodotto in Italia una sensibile contrazione del numero delle banche e degli sportelli dal 2011 che è stata più intensa dal 2015 (cfr. tabella 1).  

La riduzione del numero degli intermediari bancari e delle filiali ha interessato tutte le macro ripartizione geografiche del nostro paese con una maggiore intensità nel Nord Est e nelle Isole (Sicilia e Sardegna).

La tendenza alla concentrazione nel settore è espressa dalla crescita di due indici, la quota aggregata di assets detenute dalle prime 5 banche e dall’indice di Herfindahl: l’Italia, dopo la Spagna, è il paese che ha segnato la maggiore crescita dei due valori e questa crescita è stata continua dal 2011, a differenza delle altre nazioni a confronto, e concentrata sostanzialmente nell’intervallo 2015-2021 (cfr. tabella Eu Structural financial indicators 2015-2020).

A livello territoriale, l’effetto più evidente di tale processo è stata la progressiva riduzione del numero degli sportelli localizzati nelle varie regioni italiane (tav. 2). Dal 2011 il numero di filiali bancarie è diminuito nelle regioni del nostro paese a tassi differenziati compresi tra il -26,7% del Trentino Alto Adige ed il -40,5% dell’Umbria con un tasso medio nazionale pari al -35,6%. La Campania non si discosta in modo significativo dall’andamento del paese facendo registrare una contrazione del -32,4% peraltro in linea con l’andamento aggregato nel Sud Italia (-33%).

All’esito di tale consolidamento, la struttura del sistema bancario campano alla fine del 2021 è caratterizzata dalla presenza di poche banche con sede nella regione, praticamente tutte minori ed organizzate nella forma giuridica di banche di credito cooperativo e, solo in piccola parte, di banche popolari e di società per azioni (tab. 3). Nel 2021 il 76% degli sportelli presenti nella regione è di proprietà di banche grandi, maggiori e medie con sedi al di fuori della Campania.

Nell’intervallo 2011-2021 il numero delle banche campane si è dimezzato e si sono persi 532 sportelli pari ad oltre 1/3 delle filiali presenti ad inizio periodo nella regione. In particolare di questi sportelli chiusi, 348 hanno terminato la loro attività nel periodo più recente 2015-2021 e 301 di questi erano punti operativi di banche maggiori, grandi e medie con sedi extraregionali. Le Banche di Credito Cooperativo, in controtendenza, nello stesso periodo hanno aperto 17 filiali (cfr. tab 4).

Per effetto di queste chiusure, la Campania, che già nel 2015 presentava livelli di densità demografica per filiale notevolmente superiori a quelli nazionali e del centro nord del paese, è la regione che presenta il più basso numero di sportelli a parità di popolazione residente dopo la Calabria (20 sportelli ogni 100mila abitante: tav. 5).

A livello provinciale nel 2021 Napoli e Caserta sono tra le province italiane con il minor numero di filiali per 100mila abitanti mentre nel periodo 2015-2021 le province che hanno registrato la maggiore contrazione di agenzie, a parità di residenti, sono Benevento ed Avellino.  

Nel 2021 oltre la metà dei comuni campani, 280 comuni su 550 esistenti nella Regione, non ha una filiale bancaria. La popolazione residente in tali comuni ammonta a circa 670mila unità pari al 12% della popolazione regionale. La distribuzione dei comuni e della popolazione che vive in comuni senza filiali bancarie è disomogenea tra le varie province: si passa da Napoli, dove 2 comuni su 10 non hanno filiali con popolazione pari al 4,6% della popolazione provinciale, e Salerno, con 4 comuni su 10 senza filiali con relativa popolazione ammontante al 7,9% della popolazione provinciale, ad Avellino, che ha 7 comuni su 10 senza filiali con popolazione corrispondente al 35,6% di quella provinciale, a Benevento con 6 comuni su 10 senza sportelli e con popolazione residente negli stessi pari al 33,5% provinciale. Dal 2015 i comuni senza filiali bancarie nella regione sono aumentati di 50 unità (da 230 a 280) e la relativa popolazione è passata da 481.107 a 668.305 unità (+187.198 unità). La provincia di Avellino (+14) e di Benevento (+12) hanno segnato il maggior aumento dei comuni senza sportelli bancari seguite da Caserta (+11), Napoli (+9) e Salerno (+4): cfr. tav. 6.  

Considerando le unità locali delle imprese extragricole oltre 36mila u.l., pari al 9,6% di tutte le u.l. di imprese presenti in regione, si trovano in comuni senza filiali: anche qui la distribuzione tra le province non è omogenea (tav. 7).

I comuni privi di agenzie bancarie sono piccoli (prevalentemente sotto i 3mila residenti) e concentrati nelle zone interne montuose e rurali della regione (cfr. tav. 8 e grafico estratto da estratto da I Comuni in Campania IFEL anno 2021).

Inoltre, un dato da non trascurare è che dei 270 comuni che hanno filiali ben 128 hanno solo un’agenzia bancaria. Si tratta di comuni che hanno un’altissima probabilità di perdere strutture fisiche di banche sul loro territorio alla luce dei processi di riorganizzazione delle reti commerciali bancarie previsti per i prossimi anni.   

L’esame delle caratteristiche territoriali dei comuni privi di filiali mostra che il 30% dei comuni senza filiali sono montani mentre il 50% sono rurali intermedi.

Considerando, invece, la totalità dei comuni montani e rurali con problemi di sviluppo il 63% ed il 66% sono senza filiali bancarie: in sintesi, i comuni che già presentano maggiore difficoltà dal punto di vista delle prospettive di crescita e che già soffrono di desertificazione demografica sono quelli che più di altri hanno una scarsa presenza di agenzie bancarie sul loro territorio.

Sussiste ampia letteratura sugli effetti della chiusura delle filiali sulla realtà produttiva che merita di essere quanto meno accennata.

In primo luogo, la crescita della concentrazione nel settore ha effetti sulle banche radicalmente legate ai territori: «le banche di prossimità…hanno patito l’erosione più ampia, e parallelamente si è ridotta la gamma di opzioni della clientela. Non si tratta solo di una contrazione quantitativa ma soprattutto dell’impoverimento di una tipologia di offerta, quella caratterizzata dalla più stretta relazione fra la banca e la clientela locale ”. Tuttavia la crescente integrazione dei sistemi bancari tra paesi europei può favorire la crescita dimensionale delle banche per l’ampliamento della loro area operativa a livello internazionale (cfr. articolo La concentrazione del sistema bancario italiano; un’analisi e qualche interrogativo del Prof. Mario Comana – marzo 2021)

Secondo ampia letteratura, la crescente concentrazione ha effetti positivi sull’efficienza: alcuni studi confermano che, per effetto della crescita dimensionale, sono state rilevate apprezzabili economie di scala limitatamente alle piccole e medie banche prese in esame e nei processi produttivi maggiormente standardizzati (cfr. Economies of scale revisited: evidence from Italian Banks di Emilia Bonaccorsi di Pati e Federica Ciocchetta – Occasional Papers – giugno 2020 in Questione di Economia e Finanza Banca di Italia).

Tuttavia, nel contempo, altri studi evidenziano che la chiusura degli sportelli aumenta, invece, la probabilità di interruzione del rapporto con la clientela locale, ha un impatto, anche se debole, sulla disponibilità di credito delle imprese di minore dimensione, causa cambiamenti nella struttura bancaria locale che possono ridurre l’accesso al credito nell’area in futuro (cfr. Working Paper della Banca di Italia The effects of bank branch closures on credit relationships di Iconio Garrì (2019) basato sull’osservazione di 500 chiusure di filiali in Italia nel periodo 2010-2014).

Ad analoghe conclusione perviene la ricerca Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico – giugno 2022 Banca di Italia pag. 33-39 secondo cui «Tra il 2008 e il 2018 l’offerta bancaria si è modificata significativamente; l’articolazione degli intermediari sul territorio si è adattata al forte incremento nei tassi di adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte della clientela….» e «I processi di consolidamento comportano benefici rilevanti nel medio-lungo periodo: banche di dimensioni maggiori hanno la capacità di sfruttare al meglio le economie di scala e di scopo (Amel et al., 2004) con conseguenze positive per il costo del credito e per l’allocazione delle risorse finanziarie tra imprese (Panetta, 2004).» Tuttavia, emerge il rischio di una contrazione dei prestiti ad alcuni segmenti di imprese, in particolare quelle più piccole, strutturalmente più fragili ed esposte verso il sistema bancario, attive in settori ad maggiore rischiosità come quelle localizzate nel Mezzogiorno di Italia «Nel breve periodo, tuttavia, i costi di transizione che tipicamente emergono dopo la fusione o l’acquisizione potrebbero comportare una riduzione del credito ad alcuni segmenti di imprese (Bonaccorsi di Patti e Gobbi, 2007; Beretta e Del Prete, 2007)».

Secondo il lavoro The heterogeneous effects of bank mergers and acquisitions on credit to firms: evidence from Italian macro-regions di  Silvia Del Prete, Cristina Demma, Iconio Garrì, Marco Piazza and Giovanni Soggia – Banca di Italia (2022) che ha esaminato gli effetti dei consolidamenti bancari sulle quantità di credito che le banche erogano alle imprese, «in linea con la letteratura esistente… le imprese che erano clienti della banca acquisita o incorporata subiscono una riduzione del credito bancario nei tre anni successivi all’operazione di poco meno del 2 per cento rispetto a quanto ci si sarebbe potuto attendere in assenza dell’aggregazione. L’impatto appare più elevato per le imprese del Sud in ragione della loro maggiore rischiosità e della presenza di esternalità ambientali negative.»

Uno studio interessante condotto sul sistema bancario statunitense, condotto dall’economista Hoai-Luu Q. Nguyen dell’Università di Berkeley e pubblicato in AMERICAN ECONOMIC JOURNAL: APPLIED ECONOMICS VOL. 11, NO. 1, JANUARY 2019 sotto il titolo Are Credit Markets Still Local? Evidence from Bank Branch Closings conclude che le chiusure delle filiali bancarie conseguenti a fusioni hanno effetti negativi sull’offerta del credito alle piccole imprese locali e che questo impatto è più acuto nei periodi di recessione economica quando i criteri di selezione sono più stringenti ed il valore della relazione è più alto. Inoltre, una conclusione interessante dello studio è che la contrazione esaminata nell’offerta locale di credito ha condotto anche ad una riduzione del 2% del tasso di crescita dell’occupazione. La ricerca dell’economista evidenzia l’importanza della relazione diretta tra banca e piccole imprese nelle relazioni creditizia e della distanza tra intermediario bancario e clientela che influenza l’accessibilità ed i costi di trasmissione delle informazioni.  

L’importanza del presidio fisico specialistico non si limita solo ai rapporti di credito con le imprese. Un recente lavoro della Banca di Italia Questioni di Economia e Finanzia (Occasional Papers)  Digitalization, financial knowledge and financial decisions by Daniela Marconi, Marco Marinucci and Giovanna Paladino – December 2022 evidenzia come nelle decisioni di investimento le variabili decisive nell’orientare le scelte di investimento della clientela sono le conoscenze economico-finanziarie ed il livello di reddito mentre le competenze digitali hanno ruolo marginale. Anche sotto questo profilo il ruolo delle agenzie nel fornire la consulenza e nel supportare le scelte di investimento della clientela appare fondamentale. La presenza bancaria sul territorio è rilevante nell’orientare le decisioni degli offerenti risparmio soprattutto in contesti caratterizzati dalla scarsa diffusione di reti infrastrutturali per il digitale e dalla presenza di piccoli risparmiatori.

FONTI:

-Banche ed Istituzioni Finanziarie: articolazione territoriale anni 2017,2018, 2019, 2020 e 2021 – Banca di Italia

-Addio filiali? Le grandi banche tagliano ancora: sportelli dimezzati in 10 anni Banche, sempre più digitale  di Alessandro Graziani del 23.2.2022 – 24plus Il Sole 24 ore

-The effects of bank branch closures on credit relationships  di Iconio Garrì (2019) – Working papers – Banca di Italia

-Servizi bancari online e dinamica degli sportelli bancari di Amanda Carmignani, Marco Manile, Andrea Orame e Marcello Pagnini – Occasional Papers- febbraio 2020

-ISTAT Aspetti della vita quotidiana 2020

Are Credit Markets Still Local? Evidence from Bank Branch Closings dell’economista Hoai-Luu Q. Nguyen dell’Università di Berkeley in AMERICAN ECONOMIC JOURNAL: APPLIED ECONOMICS VOL. 11, NO. 1, JANUARY 2019

La ricerca Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico – giugno 2022 Banca di Italia

– La concentrazione del sistema bancario italiano; un’analisi e qualche interrogativo del Prof. Mario Comana – marzo 2021

Economies of scale revisited: evidence from Italian Banks di Emilia Bonaccorsi di Pati e Federica Ciocchetta – Occasional Papers – giugno 2020 in Questione di Economia e Finanza Banca di Italia

– Banca di Italia Questioni di Economia e Finanzia (Occasional Papers)  Digitalization, financial knowledge and financial decisions by Daniela Marconi, Marco Marinucci and Giovanna Paladino – December 2022

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