Talk-show. Un dibattito semiserio sui temi della politica economica contemporanea

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Political and social notes

Personaggi ed interpreti: un conduttore, un politico (rappresentante del centro-destra, del centro e del centro-sinistra), un economista, un filosofo ed un anonimo scocciatore che i tecnici di studio non hanno avuto il tempo di escludere dall’audio. Ogni riferimento a persone e a fatti reali è pressoché casuale.

Il conduttore: Oggi, giorno post-elezioni, parliamo di crisi dell’economia e di crisi della politica in Italia. Diamo la parola al politico, poi passiamo ai professori.

Il politico: Occorre una nuova politica. Basta con i giochini, basta con il teatrino della politica. Occorre parlare di lavoro e di crescita.

La voce: Parlare vuol dire anche fare? Fare che cosa?

Il politico non sente e continua: La situazione è difficile e la crescita ritarda perché, come dice acutamente Mario Monti, i governi precedenti hanno fatto sia bene che male e la situazione internazionale è quella che è.

La voce: Dunque “la situazione è quella che è” e la responsabilità dei mali presenti è dei governi passati e della situazione internazionale, mentre se le cose andranno meglio la responsabilità sarà del governo in carica.

Il politico stizzito: I partiti che sostengono il governo oggi stanno pagando le conseguenze di provvedimenti impopolari ma necessari.

La voce: Ma se una politica impopolare non è un fatto una tantum ma si protrae anno dopo anno, alla fine essa non diventa forse una politica contro il popolo ? Oppure state dicendo che il popolo non sa quello che è bene per lui e che occorre la provvidenza di un politico paterno?

L’economista: Occorre ridurre gli sprechi della spesa pubblica e ridurre le tasse per ottenere quindi più crescita mantenendo il rigore.

Il politico: Sì, sì, certamente rigore, meno spesa pubblica ma evitare i tagli lineari e rafforzare gli ammortizzatori sociali.

La voce: Ma meno spesa pubblica, buona o sprecata che sia, tagliata secondo una linea o una curva, non significa per definizione meno reddito per qualcuno che lo spenderebbe, magari senza meritarlo? State anche dicendo che non vi basta più la famiglia come ammortizzatore sociale, ma occorre che intervenga lo Stato? Ma questo è comunismo bello e buono!

Il politico e l’economista sentono e aggiungono apparentemente senza curarsi dell’intruso: La riduzione della spesa pubblica non è sufficiente per la crescita, ma è una pre-condizione necessaria.

Ancora la solita voce: voi dite o avete detto che la riduzione della spesa pubblica, la riforma del mercato del lavoro e dell’articolo 18, la diminuzione delle tasse, le liberalizzazioni, la lotta all’evasione fiscale e alla corruzione sono provvedimenti necessari per la crescita anche se non sono sufficienti. Ma quale pacchetto di provvedimenti sarà finalmente sufficiente secondo voi? Come potrebbero i fatti rivelarmi che alcuni di quei provvedimenti non sono necessari se non si arriva mai al punto di osservare gli effetti di provvedimenti sufficienti? Ho sentito dire da qualcuno che un’ipotesi non falsificabile con l’osservazione dei fatti è pura metafisica, ma forse ho capito male.

Silenzio anche da parte del filosofo.

Il conduttore interviene per superare l’impasse: Monti è di destra o di sinistra?

Il politico: Monti non è né di destra né di sinistra, ma è un tecnico che cerca di salvare il nostro Paese e di riconsegnarlo risanato alle forze politiche regolarmente elette. Il governo sta facendo il possibile perché l’Italia non cada nel baratro come la Grecia e noi lo appoggiamo in modo responsabile. Certamente non si può negare che le decisioni prese dal governo siano politiche.

Il filosofo: Basta però con le vecchie distinzioni fra destra e sinistra, o quella fra classi di sfruttati e di sfruttatori. Le circostanze sono cambiate; occorrono nuove chiavi di lettura della società attuale.

L’economista: Il governo Monti non ha altre scelte, deve passare attraverso un corridoio strettissimo.

La voce: Quali chiavi di lettura? Forse destra e sinistra non ci sono più, ma poveri e ricchi, sfruttati e sfruttatori rimangono e i primi aumentano. Perché non ci sono altre scelte? Se la scelta di Monti è obbligata, che bisogno c’è di un economista al governo, quando gli stessi economisti ci dicono che l’economia è la scienza delle scelte fra alternative possibili, compresa quella di uscita dall’Euro e di ripudio del debito pubblico.

L’economista: Ma chi è questo che si esprime in modo così irresponsabile, paleo marxista-keynesiano e grossolano? Mi sembra che le linee guida del Governo Monti – rigore, equità e crescita – siano condivise da tutti noi e su queste dobbiamo confrontarci.

La voce: Ricordo che, durante i miei remoti studi di economia, mi è stata insegnata la teoria delle preferenze rivelate. Mi pare che dicesse che le preferenze di un individuo sono rivelate dalle sue scelte attuate in modo coerente. Perché non la smettete di ripetere la trilogia rigore-equità-crescita (e chi osa negarla a parole?) e non lasciate che la gente scopra le preferenze del Governo presente e di quelli passati partendo dalle scelte che hanno fatto e che stanno facendo?

Il conduttore: Torniamo a noi. Ha fatto bene l’Italia ad aderire al trattato della moneta unica?

L’economista: Pensate. Che cosa ne sarebbe oggi dell’Italia se non avesse aderito all’ Euro? In una situazione di crisi internazionale e di economia globale come quella attuale, un’ Italia fuori dall’Euro sarebbe fuori dall’Europa, avrebbe una lira con svalutazione senza freno e con inflazione alle stelle.

La voce: Ma non capisco perché alla domanda del conduttore si risponda con un’altra domanda: “che cosa sarebbe successo se così non fosse stato?” Mi sembra di sentire Ciampi, Prodi e Padoa Schioppa che alla vigilia del 1999 a chi chiedeva che cosa sarebbe successo con l’entrata dell’Italia nell’Euro non rispondevano alla domanda, ma asserivano con sicurezza che cosa sarebbe successo se ciò non fosse avvenuto: l’apocalisse. Non capisco nemmeno perché essere fuori dall’Euro significa essere fuori dall’Europa. La Gran Bretagna ed i paesi scandinavi che non aderiscono all’Euro sarebbero dentro l’Europa, mentre l’Italia se non lo avesse fatto sarebbe fuori?! Il filosofo: ma questo povero scocciatore non conosce proprio la filosofia analitica e l’uso dei controfattuali. La voce: forse incomincio a capire, quei controfattuali apocalittici sono serviti ad evitare il referendum per l’adesione dell’Italia alla moneta unica.

Il conduttore: Lo scontento aumenta, le astensioni al voto aumentano, il voto di protesta aumenta. Non temete che il rigore senza crescita porti ad una perdurante recessione, alla dissoluzione dell’euro e metta in pericolo la stessa democrazia?

Il politico: Sì è vero, il clima di scontento aumenta ed è alquanto preoccupante, ma occorre distinguere fra coloro che chiedono di uscire dall’Euro tout court (sono una minoranza) e quelli (la maggioranza) che chiedono una diversa comunità europea, non più un’Europa dei banchieri ma una vera Europa come entità anche politica . Hollande e Monti lavoreranno insieme per convincere la Merkel a coniugare il rigore e la crescita.

L’economista: D’accordo, queste sono parole di buon senso. Il contrappeso alla politica del rigore di bilancio potrebbe venire dal finanziamento di progetti di investimento mirati, mediante qualcosa di equivalente agli eurobonds, in modo da scomputare le rispettive spese dai deficit di bilancio degli stati interessati e ottemperare nel contempo per il resto al fiscal compact.

Il politico: D’accordo.

Il filosofo: Sono anch’io d’accordo e mi si consenta un altro controfattuale….

La voce alterata: No, no, ne ho abbastanza di controfattuali. Piuttosto, avete letto le dichiarazioni elettorali di Beppe Grillo e di Marine Le Pen ai poli opposti? Non vi preoccupano i consensi che possono attrarre? Per fortuna che in Italia abbiamo, da un lato, Beppe ed il movimento a cinque stelle che hanno convogliato la protesta in modo democratico e, dall’altro, i molti ex MSI – Alleanza Nazionale, che si sono omologati e, senza volerlo, hanno evitato finora l’emergere di un movimento italiano alla Marine Le Pen. Ringraziate, sebbene per ragioni opposte, e gli uni e gli altri. Il vuoto all’estrema destra in Italia si può colmare più presto di quanto ci si aspetti. E poi che fate? Un altro talk-show passando dal canale ABC al nuovo canale Eia, alala’?

Il politico, l’economista ed il filosofo si guardano e sorridono in modo compassionevole come la Merkel e Sarkozy e bisbigliano: E’ solo demagogia.

Esplode un fuoco di fila per emarginare la voce.

L’economista: Parliamo di cose serie e non ascoltiamo lo sproloquio di chi si nasconde dietro l’anonimato. Ribadiamo la necessità di certi provvedimenti in vista della crescita. Occorre abbassare lo spread, occorre la spending review e la mission va affidata a Bondi, occorre rispettare il fiscal compact: tutto ciò sarà il driver della crescita. Ha fatto bene il Governo a chiedere ed ottenere che il pareggio di bilancio sia un obbligo sancito dalla Costituzione.

Il politico: Non demonizziamo la Germania e guardiamo anche a ciò che di positivo ci offre. Occorre adottare il modello tedesco per le nuove elezioni.

L’economista insiste: Occorre anche adottare il modello tedesco di economia sociale con partecipazione dei lavoratori ed il modello danese per la riforma del mercato del lavoro.

Il filosofo: Certo, se in Italia si adottassero tali modelli insieme con le altre istituzioni di contorno vigenti in quei due paesi, l’Italia raggiungerebbe il loro elevato standard economico-sociale.

La voce: Non ci capisco più niente, mi occorre un traduttore ed un giuslavorista esperto in legislazione tedesca e danese e poi mi occorre un filosofo che mi spieghi il senso dell’ultimo controfattuale. Dovrei pagare inoltre un altro economista che mi spieghi perché autoimporre il pareggio di bilancio come vincolo costituzionale sia un bene per le scelte di politica economica in Italia. Non capisco nemmeno altre auto-imposizioni di regole e austerità prescritte da lettere provenienti da Istituzioni Europee o FMI, ma scritte probabilmente in ambienti politici italiani prima, spedite a Francoforte poi e rispedite in Italia con il timbro della BCE. Mi arrendo alla vostra sapienza e alle vostre parole, soprattutto quelle in lingua inglese, che immagino trasmettano concetti al di sopra delle capacità espressive del nostro idioma e della mia cultura media. Me ne vado.

Il conduttore: Finalmente. Riprendiamo il filo del discorso da dove lo abbiamo lasciato. Oggi, giorno post-elezioni, abbiamo parlato di crisi dell’economia e dei partiti italiani. Mi compiaccio con voi che vi siete confrontati senza sovrapporre le vostre voci, serenamente e pacatamente (scocciatore a parte). Gli ascoltatori ve ne saranno grati. Questo riflette il clima di sobrietà creato dal nostro Monti; un clima che si distacca da quello dei talk-shows di un tempo che fu. Un minuto a ciascuno per concludere in modo sobrio e illuminante, ma prima: BUBBLIGITA’!

*Ordinario di economia politica. Università di Roma “La Sapienza”.

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