Trump e lo scoglio dei saldi macroeconomici settoriali

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The Trump administration’s strategy to reduce the US foreign deficit by imposing tariffs on American imports is creating significant disruptions in the financial markets and in the chancelleries of US allies (former?). An analysis based on the concept of sectoral macroeconomic balances highlights a complex set of contradictions that will hardly allow the Washington government to achieve its declared objectives.

L’introduzione dei dazi sulle importazioni di praticamente tutti i Paesi del mondo, da parte della nuova amministrazione degli Stati Uniti, viene generalmente presentata come una misura urgente, necessaria per riequilibrare i conti con l’estero degli USA.

In un fortunato paper[1], che probabilmente gli è valso la nomina a capo dei consiglieri economici del Presidente, Stephen Miran ha cercato di dare forma strutturale alla politica economica MAGA (Make America Great Again). Si tratta di un documento interessante, anche perché rivela lo stato d’animo non solo di chi lo ha redatto, ma anche di chi ritiene contenga dei validi lineamenti di politica economica (e non solo) che porteranno gli Stati Uniti verso una nuova età dell’oro. Il punto centrale su cui si focalizza il ragionamento di Miran è l’attuale sopravvalutazione del dollaro che, a suo parere, occorre ridimensionare per favorire la competitività dei prodotti made in USA. Tale obiettivo andrebbe raggiunto con accordi multilaterali o, ove ciò non fosse possibile, anche con azioni unilaterali da parte di Washington.

Dietro la questione del riequilibrio della bilancia commerciale vi è il tentativo di far rientrare in patria le attività manifatturiere. Questo permetterebbe di colmare (o quantomeno di ridurre) quel deficit negli scambi con l’estero, grazie alla crescita delle esportazioni di merci, di creare nuovi posti di lavoro di qualità per la base elettorale di Trump e, non ultimo, di ripristinare sul territorio nazionale degli Stati Uniti una capacità industriale utile anche dal punto di vista bellico.

A riprova di ciò, il documento redatto da Miran tocca questioni di natura diplomatica e geopolitica, impliciti sia in un intervento sui tassi di cambio, sia nella richiesta agli “alleati” affinché si impegnino a sottoscrivere rilevanti importi di debito pubblico USA a lunghissima scadenza, proprio in una fase in cui Washington spinge per una svalutazione del dollaro: un grido di aiuto lanciato, però, con tono arrogante. In questa sede, non intendo pronunciarmi su tali materie. Mi limiterò a verificare le basi su cui è stato costruito l’obiettivo di riequilibrio della bilancia commerciale degli Stati Uniti.

A tal fine credo sia utile ricorrere al concetto di saldi macroeconomici settoriali, già trattato in un precedente articolo scritto in collaborazione con il professor Giorgio Gattei[2]. La rappresentazione algebrica sintetica dell’equilibrio dei saldi settoriali è la seguente[3]:

(S – I) = (G – T) + (X – M)

dove:

  • S è il flusso di risparmio del settore privato
  • I sono gli investimenti del settore privato
  • G è l’ammontare della spesa pubblica federale
  • T sono gli introiti fiscali al netto dei trasferimenti pubblici
  • X sono le esportazioni
  • M sono le importazioni

In pratica, a sinistra compare il “saldo privato” (risparmio al netto degli investimenti),  compensato a destra dalla somma del “saldo pubblico” (spesa pubblica meno entrate fiscali, il deficit/surplus di bilancio cambiato di segno) e del “saldo estero” (il saldo della bilancia commerciale: esportazioni meno importazioni).

Con un semplice passaggio algebrico possiamo riscrivere la precedente equazione così:

(X –M) = (S – I) + (T – G)

dove si vede che il saldo estero risulta uguale al saldo del settore privato cui si aggiunge algebricamente il saldo del settore pubblico.

Vale l’avvertenza riportata nel già citato articolo: “Prima di procedere, appare opportuno precisare come le relazioni tra i saldi settoriali di un dato Paese siano ben più articolate di come questa semplice equivalenza contabile potrebbe lasciare intendere. Ad esempio, un cambiamento dell’ammontare (o anche solo della composizione) della spesa pubblica può influenzare il reddito, i consumi, la stessa propensione al risparmio (per limitarci alle principali e più intuitive grandezze) e, per questa via, comportare il raggiungimento di un nuovo equilibrio settoriale non del tutto prevedibile sulla base della modifica della sola variabile considerata. Analoghe considerazioni valgono per le altre entità in gioco. Pertanto, occorre essere consapevoli della necessità di evitare di interpretare meccanicamente l’equilibrio dei saldi settoriali. Tuttavia, se ben usati, questi ultimi rappresentano un utile strumento, una sorta di “radiografia” della struttura economica nazionale in grado di caratterizzarne le peculiari dinamiche economiche.”[4]

Vediamo adesso i saldi settoriali[5] degli Stati Uniti negli ultimi due anni affiancati, per contestualizzarli, a quelli di Germania ed Italia[6].

In effetti, anche dal confronto con Germania e Italia, due squilibri appaiono ben evidenti negli USA: il notevole deficit con l’estero (oltre il 3% del PIL nel 2024) e l’ampio saldo negativo dei conti pubblici (7,26% del PIL nel 2024). Vediamo, alla luce della relazione intercorrente tra i saldi macroeconomici settoriali, cosa comporterebbe il riequilibrio dei conti con l’estero per gli Stati Uniti, obiettivo centrale del governo di Washington.

Ricordiamo la relazione:

(X – M) = (S – I) + (T – G)

da cui si vede che il miglioramento del saldo estero (X – M) si accompagna all’aumento del saldo del settore privato (S – I) e alla crescita del saldo del settore pubblico (T – G). Quindi occorrerebbe che, per quanto riguarda il settore privato, si registri un aumento del risparmio, mentre gli investimenti dovrebbero diminuire o, quantomeno, crescere meno del risparmio[7]. Venendo al settore pubblico, il suo incremento sarebbe determinato da un aumento delle entrate fiscali e da una diminuzione della spesa pubblica.

Il punto è: sono dinamiche compatibili con la politica MAGA?

La risposta appare negativa:

  • l’aumento del risparmio (S) è un effetto, a parità di reddito disponibile, di una riduzione dei consumi. Si tratta di un’opzione inconcepibile nella società americana. Come farebbe The Donald ad annunciare ai suoi concittadini che l’età dell’oro comincerà con l’abbassamento del loro tenore di vita?;
  • sempre al fine di aumentare il saldo del settore privato, il volume degli investimenti (I) dovrebbe crescere meno del flusso di risparmio. Ma questa amministrazione è stata eletta sulla base della promessa di reindustrializzare l’America. C’è forse qualcuno che crede di poter reindustrializzare una nazione senza massicci investimenti nella struttura e nelle filiere alimentanti tale settore economico?;
  • dal lato del saldo del settore pubblico, si dovrebbe realizzare un aumento degli introiti fiscali (T). È esattamente l’opposto di quanto intende realizzare Trump, la cui propaganda elettorale parlava (e tuttora parla) di massicci tagli delle tasse;
  • infine, un significativo contenimento della spesa pubblica (G) è ottenibile solo tagliando le principali voci di uscita, nell’ordine: sicurezza sociale, interessi sul debito, sanità, difesa, etc. Qualsiasi riduzione della spesa sociale si scontra con il dato di fatto che anche la popolazione americana sta invecchiando, sebbene ad un ritmo inferiore a quello di molti Paesi europei. Ancora una volta, come spiegare che l’età dell’oro comincerebbe con un peggioramento delle condizioni di vita proprio delle fasce sociali che hanno votato per l’attuale presidente? Gli interessi sul debito sono proporzionali all’entità del debito stesso e ai tassi di interesse, queste sono voci difficilmente gestibili per decreto, non basta minacciare di licenziare Powell per risolvere la questione. Risparmiare sulla difesa (spese militari) è un’opzione difficile da praticare, nel momento in cui gli USA di Trump vogliono fare la voce grossa contro la Cina: che ne sarebbe della già vacillante supremazia militare americana?

Insomma, la mancanza di compatibilità tra gli obiettivi dichiarati e i mezzi per raggiungerli appare di tale rilevanza da far dubitare della lucidità di chi sta governando la nave (e dei suoi consiglieri). Alla luce dei vincoli in cui opera l’economia americana, messi in rilievo dall’analisi degli equilibri macroeconomici settoriali, questa focalizzazione sul commercio estero difficilmente produrrà qualche risultato degno di nota: nelle condizioni in cui si trovano oggi gli Stati Uniti, il processo di riequilibrio della bilancia commerciale implica, piaccia o meno, una fase recessiva, più o meno prolungata. Si veda, seppur con le ovvie differenze, il caso italiano con il governo Monti.

Invece di tagliare i contributi ad Harvard e ad altre università americane, sarebbe meglio che questi apprendisti  stregoni chiedessero loro qualche lezione privata.


[1] Stephen Miran, A User’s Guide to Restructuring the Global Trading System, novembre 2024

[2] G. Gattei, A. Iero, Una banca-dati per i “saldi settoriali “ europei, www.economiaepolitica.it, 27 febbraio 2017.

[3] In termini di equilibrio macroeconomico, se il Prodotto Interno Lordo (Y) risulta dalla somma dei Consumi delle famiglie (C), degli Investimenti delle imprese (I), della Spesa pubblica (G), delle Esportazioni (X) al netto delle Importazioni (M), allora:

Y = C + I + G + (X – M)

Il Risparmio S è dato dal Reddito disponibile (YD) cui vanno sottratti i Consumi (C):

S = YD – C,

ma siccome il Reddito disponibile non è altro che il Prodotto interno lordo (Y) cui vanno aggiunti i Trasferimenti dalla pubblica amministrazione (TR) e sottratte le Imposte (T):

YD = Y + TR – T

allora si può scrivere:

S = (Y + TR – T) – C e quindi C = Y + TR – T – S

Sostituendo nell’equazione del PIL si ha:

Y = Y + TR – T – S + I + G + (X – M)

da cui, con banali passaggi algebrici, si ottiene:

(S – I) = (G + TR – T) + (X – M)

Per comodità di lettura, il saldo tra i trasferimenti TR e le imposte T viene indicato utilizzando la sola lettera T.

[4] G. Gattei, A. Iero, Una banca-dati per i “saldi settoriali “ europei, www.economiaepolitica.it, 27 febbraio 2017.

[5] Fonti dati: Eurostat, tabelle nama_10_gdp, gov_10dd_edpt. International Monetary Fund, World Economic Outlook. Federal Reserve of St. Louis, fred.stlouisfed.org.

[6] Le prime tre tabelle sulla sinistra presentano i dati in valuta locale, le altre tre tabelle sulla destra contengono i dati calcolati come % del prodotto interno lordo.

[7] Nel quadro della contabilità macroeconomica nazionale, l’identità dei saldi settoriali stabilisce che la differenza tra risparmio privato e investimenti (S?–?I), sommata al saldo del settore pubblico (T?–?G), è identicamente pari al saldo delle partite correnti. A saldo pubblico costante, ne consegue che un miglioramento del saldo estero richiede, ex post, un incremento del risparmio netto del settore privato. Tuttavia, tale relazione, per quanto vincolante sul piano contabile, non implica un meccanismo causale diretto. L’eventuale aumento del risparmio non garantisce di per sé un’espansione del saldo estero, poiché le variabili coinvolte sono endogene e dipendono da comportamenti aggregati, dall’evoluzione della domanda interna, dalla flessibilità dell’offerta, nonché dalle condizioni del commercio internazionale. L’identità settoriale va dunque interpretata come una condizione di coerenza ex post tra saldi, piuttosto che come una guida per la previsione o la formulazione di politiche macroeconomiche ex ante.

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