La spesa pubblica sanitaria italiana

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Considerato il grado di correlazione tra la tutela ambientale e la salute umana, con uno sguardo rivolto al nostro paese, lo studio intende analizzare i diversi aggregati che compongono la spesa sanitaria nazionale nonché l’ammontare delle ripartizioni di suddetta spesa tra le regioni del nord e del centro Sud Italia e come, tale distribuzione, incida sul grado di convergenza tra domanda e offerta e di conseguenza, anche sulla performance del servizio sanitario nazionale. Dai dati raccolti finora, emerge come le attuali condizioni del servizio sanitario italiano rappresentino il risultato di dinamiche economiche congiunturali, nel tempo acutizzate, che hanno determinato lo sviluppo di un servizio sanitario nazionale differenziato tra regioni del nord e del Sud Italia rispetto, ad esempio, al grado di accessibilità o alla qualità del servizio erogato. Tale condizione di disparità non ha fatto altro che incentivare, uno fra tutti, il c.d. fenomeno della migrazione sanitaria che, per l’anno 2023 vale circa 4,6 miliardi di euro, portando i conti economici di alcune regioni in deficit.

1. Introduzione

Lo studio intende analizzare le tendenze della finanza pubblica italiana relativamente ai diversi aggregati che compongono la spesa sanitaria nazionale, si pensi ad esempio alla spesa out of pocket; al grado di distribuzione delle strutture mediche sul territorio nazionale, o ancora al fenomeno della migrazione sanitaria e l’ammontare della spesa sanitaria ripartita per regioni del Nord Italia e del Centro/Sud e come tali investimenti incidano sul grado di convergenza tra domanda e offerta.

Mediante un approccio qualitativo si andranno ad osservare e studiare tutta una serie di dati macroeconomici resi noti dai più autorevoli enti statistici italiani ed europei, al fine di individuare quali siano i punti di forza e di debolezza del comparto sanitario italiano alla luce della recente pandemia da Covid-19. Quest’ultima ha evidenziato diverse e interessanti criticità che affliggono il comparto sanitario, il quale è andato via via indebolendosi a partire dal 2011 anno in cui è stato interessato da un processo di definanziamento, noto con il termine spending review, caratterizzato da ingenti tagli relativamente al personale medico/infermieristico; all’aggiornamento delle attrezzature mediche ed al disinvestimento in strutture effettivamente operanti sul territorio il che, ha incentivato e data nuova linfa al c.d. fenomeno della migrazione sanitaria. Dati alla mano, è possibile affermare, che tale condizione di disparità in termini di cure mediche acuisca i divari territoriali tra le regioni del Nord e de Sud Italia. Nella fattispecie nelle Regioni del Nord Italia si è assistito ad una radicale privatizzazione del SSN sorta a seguito della progressiva e costante sottrazione di risorse alla sanità pubblica, che infatti dal 2010 al 2019 ha visto perdere 37 miliardi di finanziamenti, a fronte di una crescita del fabbisogno nazionale di 8,8 miliardi. Lo stesso trend si registra osservando il differenziale dato dal rapporto tra spesa sanitaria e PIL, che si ridurrà dal 6,6% del 2019-2020 al 6,5 nel 2021 e al 6,4 nel 2022.

Il presente elaborato, oltre ad analizzare la dinamica economica italiana in termini di spesa sanitaria, intende porla a confronto con i principali paesi dell’Unione Europea anche alla luce di strumenti messi appunto dalla stessa come la Strategia Globale per la Salute Digitale, il programma Next Generation Eu o ancora dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. A conclusione dello studio quindi, si intende offrire uno strumento utile alla comprensione del grado di convergenza tra richiesta di salute ed investimento pubblico anche ai non addetti ai lavori.

2. Spesa pubblica sanitaria e divario territoriale

Il forte impatto che la crisi pandemica ha avuto sul Sistema Sanitario Nazionale e sulla sua capacità di risposta in fase di stress ha indotto l’autore a condurre uno studio rispetto a, come suggerisce lo stesso titolo del paragrafo, quanto la spesa pubblica italiana investa ad oggi in sanità e quanto si è investito negli anni antecedenti l’avvento della pandemia da Covid-19. Da un recente studio condotto dall’Osservatorio Gimbe [1], il finanziamento pubblico in sanità è stato ridotto negli ultimi 10 anni di oltre 37 miliardi di euro, di cui circa 25 miliardi solo nel quinquennio 2010-2015 a seguito delle manovre connesse della crisi finanziaria internazionale del 2007 e della crisi dei debiti sovrani del 2011 [2], ed oltre 12 miliardi nel periodo 2015-2019, a seguito di tagli derivanti al fine di sopperire alle esigenze di finanza pubblica. Volendo osservare più da vicino i dati connessi alla spesa pubblica sanitaria è possibile apprezzare un lieve incremento di spesa per gli anni colpiti dalla crisi pandemica.

Nel grafico successivo, si andrà ad analizzare, mediante l’utilizzo di una serie storica, l’andamento della spesa pubblica sanitaria dall’anno 2018 all’anno 2023 al fine di ottenere una visione d’insieme di quanto accaduto; si procederà, inoltre, con lo sviscerare non soltanto la distribuzione del “finanziamento” tra le diverse regioni italiane ma anche e soprattutto le varie componenti relative alle voci di spesa.

Grafico 1: serie storica spesa pubblica sanitaria espressa in milioni di euro

Fonte: elaborazione propria su dati ministero della salute

Dal grafico riportato è possibile osservare un significativo aumento di spesa pubblica sanitaria a partire dall’anno 2020 sino a raggiungere il suo punto più alto nell’anno 2022 ma facciamo un passo indietro. Il trend osservato negli anni 2018-2019 ben rappresenta il risultato della stagione dei tagli con una spesa pubblica attestata a circa 114.423 milioni di euro nel 2018 ed a 115.661 milioni di euro registrati nel 2019. Il successivo biennio 19-20 è chiaramente caratterizzato ed influenzato dalla crisi pandemica, pertanto, si registra un necessario aumento della spesa pubblica pari a 122.721 milioni di euro con un aumento costante e crescente fino al 2022 anno in cui la spesa sanitaria in termini nominali sembra essere cresciuta passando dai 127.834 milioni di euro del 2021 ai 131.710 milioni di euro del 2022. Il 2023 rappresenta un anno in cui il legislatore opera un cambio di marcia mediante una riduzione della spesa pubblica di circa un milione di euro con una riduzione della spesa sanitaria che passa dal 6,7% al 6,3% del PIL e di 555 milioni di euro in termini assoluti. Tale condizione sembrerebbe indicare che il 2023 è stato segnato da un netto definanziamento in termini di rapporto spesa sanitaria/PIL (-0,4%). Ciò detto, come abbiamo poc’anzi accennato, gli effetti negativi della pandemia da Covid-19 sull’erogazione dei servizi sanitari si protraggono anche nel biennio 2022-2023 in cui, quest’ultimi, appaiono ancora ben lontani dall’essere recuperati, come dimostrano i dati Agenas sul rispetto dei tempi di attesa e sui volumi delle prestazioni erogate che, in molte regioni, non avevano ancora recuperato nel 2022 i livelli di attività del 2019. A causa di tale condizione, è stato pressoché impossibile superare le disuguaglianze territoriali che penalizzano prevalentemente le regioni del Mezzogiorno di cui parleremo più avanti.

Secondo il sistema dei conti ISTAT-SHA [3], nel 2022 la spesa sanitaria totale in Italia ammonta a circa 171.867 milioni di euro di cui 130.364 milioni di euro di spesa pubblica il 75,9% e 41.503 milioni di euro di spesa privata: in cui i 21,4% di spesa out of pocket pari a 36.835 milioni di euro e il 2,7% intermediata da fondi sanitari e assicurazioni per un importo pari a 4.668 milioni di euro. Complessivamente, nel periodo 2012-2022 la spesa out of pocket è aumentata in media dell’1,6% annuo, per un totale di € 5.326 milioni in 10 anni. Per ciò che attiene la sua composizione i dati ISTAT-SHA per il 2023 certificano una spesa sanitaria pubblica di € 130.291 milioni così ripartita: € 74.747 milioni per l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione – € 13.147 milioni per l’assistenza sanitaria a lungo termine – long term care – € 12.124 milioni per servizi ausiliari – € 20.385 milioni per prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici – € 8.453 milioni per i servizi di prevenzione delle malattie – € 1.435 milioni per governance, amministrazione e finanziamento del SSN .

Grafico 2: spesa sanitaria pubblica per funzioni di assistenza espressa in milioni di euro. Anno 2022/2023

Fonte: elaborazione propria su dati ISTAT-SHA

Diversamente da ciò che si registra nel 2022, nel 2023 si rileva un crollo dei servizi per la prevenzione delle malattie che si attesta al -18,6% rispetto all’anno precedente. Per le altre funzioni gli aumenti percentuali oscillano dallo 0,8% per assistenza sanitaria per cura e riabilitazione, al 5,2% per governance e amministrazione del sistema sanitario e del finanziamento.  Considerato quanto emerso dallo studio ISTAT-SHA, con l’ausilio della tabella successiva, si andrà ad analizzare la spesa out of pocket delle regioni del nord Italia al fine di metterle a confronto con le regioni del centro-sud e delle isole. 

Tabella 1: Spesa out of pocket regioni del Nord Italia espressa in milioni di euro

Fonte: elaborazione propria su dati MEF

Dai dati riportati emerge come la maggior spesa out of pocket in Italia sia raggiunta dalla regione Lombardia con ben 8,52 milioni di euro spesi nel 2021, anno di ultima rilevazione, con una variazione percentuale rispetto all’anno precedente pari a 20,5%. Seguita dal Veneto con una spesa sanitaria privata pari a 3,68 milioni di euro con una variazione percentuale rispetto al 2020 del 17,3%; l’Emilia-Romagna con il 20,01% di spesa in più rispetto all’anno precedente si attesta a 3,50 milioni di euro di spesa out of pocket seguita dal Piemonte con 2,68 milioni di euro e circa il 19,01% di variazione rispetto all’anno precedente. In linea di massima, nel 2023 la spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie ammonta a 40.641 miliardi di euro. Nella fattispecie al Nord, sempre per il 2023 si registra una lieve diminuzione (-€ 10,32), mentre nel Sud la spesa è aumentata di € 17,64; la crescita più significativa si registra al Centro, con un aumento di oltre € 220 a famiglia.

Tabella 2: Spesa out of pocket regioni del centro, Sud e isole espressa in milioni di euro.

Fonte: elaborazione propria su dati MEF

La tabella numero 2 evidenzia come le regioni del Centro/sud e delle Isole abbiano mantenuto, negli anni, un trend costante e crescente in termini di spesa sanitaria privata che li ha indotti a sopportare una spesa di mobilità sanitaria molto elevata. Il Lazio risulta essere in testa con una spesa out of pocket che si attesta, per l’anno 2021, a 4,20 milioni di euro ed una variazione percentuale di circa 21,4 % rispetto all’anno precedente seguito dalla Campania con 2,08 milioni di euro ed una variazione percentuale rispetto al 2020 del 23,2%; la Sicilia raggiunge una spesa privata di 1,79 milioni di euro ed una variazione percentuale rispetto all’anno precedente pari a 22,8 % mentre la Puglia, con 1,67 milioni di euro presenta una variazione di circa 22,4%. Così come si è detto, la spesa out of pocket in capo alle famiglie di circa 40.641 miliardi di euro sarà così ripartita: 18.106 mln di euro destinata all’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione; 4.423 mln di euro per l’assistenza sanitaria a lungo termine; 3.062 milioni di euro per servizi ausiliari; 14.983 mln di euro da destinare all’acquisto di prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici e 67 mln di euro per i servizi di prevenzione delle malattie. Ciò detto, non si può concludere l’indagine macroeconomica oggetto di studio senza citare, seppur brevemente, due elementi chiave connessi alla programmazione politico-finanziario-organizzativo della sanità italiana ovverosia, il Documento di economia e finanza 2024 ed il Piano strutturale di bilancio di medio termine 25/29 [4]. Si parta dal presupposto che, così come indicato dallo stesso Ministero di Economia e Finanza che, il Documento di economia e finanza, successivamente denominato DEF, costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio poiché traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo.  Da una prima lettura dello stesso [5] sembrerebbe che, il rapporto spesa sanitaria/PIL nel 2024 parrebbe passare dal 6,4% al 6,3% del 2023 nel 2025-2026 e al 6,2% nel 2027 certificando una spesa sanitaria per l’anno 2023 pari a 131.119 milioni di euro, ben al di sotto dei 134.734 milioni di euro previsti dalla NaDEF 2023 [6]. Questa riduzione di 0,3 punti percentuali risulta essere ancora più marcata in termini reali se si considera l’inflazione, che nel 2023 ha raggiunto il 5,7% su base annua, riducendo il potere d’acquisto. 

Altro documento chiave che permette di analizzare e studiare il grado di finanziamento del SSN è rappresentato dal Piano Strutturale di Bilancio di medio termine [7] il quale sostanzialmente identifica l’ammontare della spesa netta in coerenza con le nuove regole stabilite dalla Commissione Europea per il rientro dai deficit. Il PSBMT prevede di distribuire l’aggiustamento della finanza pubblica su sette anni anziché quattro, a fronte dell’impegno a proseguire il percorso di riforme già intrapreso con il PNRR anche oltre il 2026. Le riforme indicate nel Piano per ottenere l’allungamento del periodo di aggiustamento affrontano alcuni dei principali problemi strutturali del Paese. Essi riguardano in particolare: la giustizia, la pubblica amministrazione, l’ambiente imprenditoriale, il fisco, il controllo della spesa pubblica. Anzitutto, si intende procedere, tra gli altri, con la progressiva riduzione dei divari territoriali attraverso: interventi di potenziamento delle aree meno sviluppate del SSN attraverso il supporto delle best practice regionali (trasferimento di conoscenze e tecnologie, sviluppo di competenze) – riduzione delle disuguaglianze territoriali e implementazione completa delle riforme previste dal PNRR.

3. Un confronto con i paesi europei

I dati OCSE aggiornati al luglio 2019 dimostrano un trend negativo per l’Italia rispetto agli altri paesi europei: nella fattispecie, l’Italia, si attesta sotto la media europea sia per la spesa sanitaria totale, sia per quella pubblica, precedendo solo i Paesi dell’Europa orientale oltre a Spagna, Portogallo e Grecia mentre, per ciò che attiene la spesa sanitaria privata risulta elevata e in crescita nel 2022 sul 2021, oltreché molto superiore agli altri paesi UE. Considerato che nel 2022 il gap della spesa sanitaria pro-capite con la media dei paesi europei ha superato in totale i 47 miliardi di euro, il perseverante definanziamento pubblico aumenterà, nel prossimo futuro, la distanza con i paesi europei mettendo in crisi il SSN, compromettendo il diritto costituzionale alla tutela della salute delle persone, in particolare per le classi meno abbienti e per i residenti nelle Regioni del Sud.

Orbene nel confronto internazionale, la spesa sanitaria pubblica italiana circa 131 miliardi nel 2022 è cresciuta nel periodo 2016-2022 meno della variazione del Pil in volume. L’inverso è avvenuto invece in Francia, Germania e Regno Unito. In Italia la percentuale del PIL destinato alla spesa sanitaria totale è dell’8,4%, in calo di 0,6 punti percentuali rispetto al 2022 e inferiore sia alla media OCSE (9,1%) che alla media EU (8,9%): un dato che nell’Unione Europea colloca l’Italia dietro Francia, Germania, Austria, Svezia, Belgio, Olanda Portogallo, Spagna, Slovenia, Finlandia, Danimarca, Repubblica Ceca e Grecia. All’interno del rapporto OCSE, la spesa sanitaria pubblica include per ciascun paese diversi schemi di finanziamento, di cui uno solitamente prevalente: fiscalità generale (es. Italia, Regno Unito), assicurazione sociale obbligatoria (es. Germania, Francia), assicurazione privata obbligatoria (es. USA, Svizzera). 

Grafico 3: spesa sanitaria paesi europei anno 2021 espressa in milioni di euro

Fonte: elaborazione propria su dati OCSE

In termini assoluti la Germania è il primo paese nell’UE per spesa sanitaria: quasi 466 miliardi di euro nel 2021. Segue la Francia con circa 308 miliardi e poi l’Italia con circa 168. In generale, i paesi dell’Europa occidentale e settentrionale, con livelli più elevati di sviluppo economico e una maggiore ricchezza interna registrano valori pro capite più elevati. In conclusione, è possibile affermare che, l’Italia presenta per l’anno analizzato, una spesa sanitaria pari all’8,9% del Pil, leggermente sotto la media europea (pari al 9,9%) e si caratterizza da un elevata spesa out of pocket, pari al 22%, dato superiore rispetto alla media europea. Questo è il principale risultato che emerge dall’ultima analisi sulla sanità italiana da parte di Eurostat.

Prima di avviarci alle conclusioni, un altro elemento rilevante da analizzare è rappresentato dalle fonti di finanziamento dei sistemi sanitari: un dato che fa emergere chiaramente le forze e le debolezze dell’Italia rispetto alla media europea. Nell’UE i governi hanno finanziato in media il 36,7% delle spese sanitarie mentre i regimi obbligatori di assicurazione sanitaria contributiva e i conti di risparmio medico sono arrivati al 42,7%. Per quanto riguarda i finanziamenti pubblici il nostro Paese spicca con il 74,4%; davanti a noi ci sono la Danimarca (84,1%), la Svezia (83,4%) e la Norvegia (74,3%), oltre alla Gran Bretagna (79,4%). Il rovescio della medaglia invece è rappresentato dalla cosiddetta spesa out of pocket in quanto la media all’interno dell’Unione Europea è stata pari al 15,7% e in Italia è arrivata al 22,9%.  Il rapporto Eurostat, nelle sue battute finali ritiene che per quanto universale, il SSN debba fare fronte a sfide impegnative nel prossimo futuro se si pensa, uno fra tutti, all’invecchiamento della popolazione, che potrebbe mettere a rischio la sua sostenibilità e la qualità delle prestazioni offerte ai pazienti. Pertanto, il supporto offerto dalla stessa Unione Europea mediante l’erogazione dei fondi ad hoc, si pensi al Next Generation Eu solo per fare un esempio, risulta essere necessario per la sopravvivenza dello stesso.

4. Conclusioni

Nell’ambito delle rilevazioni conclusive, è utile riassumere i risultati ottenuti dalla ricerca in merito all’analisi degli aggregati che compongono la spesa pubblica sanitaria indicando come, sebbene quest’ultima voce, rappresenti uno dei principali investimenti dello Stato in grado di influire direttamente sul benessere della popolazione e sull’efficacia del SSN non sia ad oggi sufficiente al fine di offrire un servizio in grado di tendere all’efficienza. La distribuzione delle strutture sanitarie in Italia, infatti, acuisce le disparità regionali tant’è che le regioni del Nord sono caratterizzate da una migliore qualità dei servizi sanitari, una maggiore disponibilità di risorse e una capacità più efficiente nella gestione delle strutture sanitarie. Di contro, le regioni del Sud, soffrono di carenze strutturali, risorse limitate e talvolta inefficienze amministrative.

Come già si è detto, negli ultimi anni la spesa sanitaria in Italia ha subito diverse fluttuazioni ciò perché, la crisi economica del 2008 ha portato a una contrazione significativa della spesa pubblica sanitaria determinando un disallineamento tra domanda e offerta di salute, un aumento della migrazione sanitaria, la nascita di nuove strutture private e strutture private accreditate ed acuito i divari territoriali. L’impatto della pandemia ha però provocato un’inversione di tendenza, quanto meno fino al 2022, portando a un aumento della spesa sanitaria pubblica, con investimenti in infrastrutture, dispositivi medici e personale.

Tuttavia, dal 2023, la spesa pubblica sanitaria ha iniziato a scendere progressivamente fino ad attestarsi, nel 2024, al 6,3% del Pil nel 2024 ovverosia di 137,9 miliardi di euro, ritornando sul livello del 2019 dopo un aumento durante la pandemia. Le previsioni indicano che nel triennio 2025-2027, la spesa sanitaria crescerà a un tasso medio annuo del 2%, un valore che potrebbe non essere sufficiente per mantenere adeguati livelli di assistenza. Le previsioni della RGS più recenti (27 febbraio 2025) includono gli stanziamenti per la sanità previsti nella legge di bilancio per il 2024, ma non quelli della legge di bilancio per il 2025. Considerando anche questi, la spesa sanitaria dovrebbe aumentare leggermente fino al 6,4% del Pil nel 2026-2027.

Inoltre, dall’analisi condotta è emerso che l’Italia destina alla sanità circa il 6,7% del suo PIL una cifra inferiore rispetto alla media europea e significativamente minore rispetto a paesi come Germania e Francia un dato che pone il Paese al di sotto della media OCSE (6,9%) e della media europea (6,8%). Questa differenza di investimento si riflette nella qualità e nella disponibilità dei servizi offerti nonché sul grado di convergenza tra domanda e offerta di salute.

L’analisi sulla spesa pubblica sanitaria, sul grado di distribuzione delle risorse nonché sulle strutture sanitarie pubbliche effettivamente operanti sul territorio consente di aggiungere un ulteriore tassello di analisi relativamente allo studio dei divari territoriali all’interno del paese quali risultati di dinamiche economiche congiunturali acutizzate che determinano una nazione a doppia velocità. L’implementazione di un servizio sanitario di qualità su tutto il territorio nazionale rappresenterebbe certamente un punto di partenza per l’Italia al fine di intraprendere tutte quelle azioni, indicate anche dall’UE, utili nonché necessarie alla significativa riduzione dei gap tra regioni del nord e sud del paese.


[1] OSSERVATORIO GIMBE. Il definanziamento 2010-2019 del Servizio Sanitario Nazionale. Report dell’Osservatorio Gimbe n.7 del 2019.

[2] La crisi finanziaria internazionale del 2007, dettata anzitutto da una scarsa regolamentazione dei mercati finanziari in relazione all’introduzione di strumenti di finanza strutturata che nel breve periodo, avrebbero permesso una più facile circolazione del capitale mediante la rideterminazione dei requisiti di accesso al credito, nel lungo periodo avrebbero invece generato una difficoltà nella gestione e nell’individuazione delle attività cartolarizzate. L’Italia è stato uno dei paesi europei maggiormente colpiti dalla crisi dei mutui subprime del 2007, non tanto in relazione al sistema bancario salvatosi grazie all’attitudine al risparmio degli italiani, ma dal palesarsi nel 2011 della crisi dei debiti sovrani dell’eurozona che ha costretto l’Unione Europea ad imporre una politica economica restrittiva al fine del raggiungimento, anzitutto, del pareggio di bilancio dei conti pubblici. A seguito di questa politica a partire dal 2008 l’Italia non è stata più capace di crescere ed è iniziato un lungo periodo d’impoverimento alternando periodi di stagnazione a veri e propri periodi di recessione. Si è proceduti con un processo di spending review che ha interessato non soltanto il comparto previdenziale ma anche e soprattutto quello sanitario.

[3] Il sistema dei conti della sanità (System of Health Accounts – SHA) fornisce un quadro informativo della spesa corrente nel sistema sanitario del Paese già dal 2012 anno della sua introduzione, utile per soddisfare esigenze di analisi e per operare confronti a livello internazionale. Pertanto, i dati prodotti e analizzati coprono l’intero territorio italiana con una stima periodica annuale. Il sistema dei conti della sanità è costruito secondo la metodologia del ‘System of Health Accounts – SHA’ ed è in linea con le regole contabili dettate dal Sistema europeo dei conti (SEC 2010).  principali fenomeni osservati sono: Spesa sanitaria per regime di finanziamento; Spesa sanitaria per funzione di assistenza; Spesa sanitaria per erogatore. Suddetto sistema osserva ed analizza quattro doversi fenomeni: prima fra tutte Funzione di assistenza sanitaria; in numero di popolazione residente; i regimi di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale e gli enti erogatori di assistenza sanitaria. Al fine di un maggior approfondimento si rimanda alla lettura della sezione dedicata presente sul sito internet www.istat.it/SHA  

[4] Per una discussione critica del nuovo quadro di regole, cfr. il riquadro. La nuova governance di bilancio europea nella Relazione annuale sul 2023, Roma, 31 maggio 2024 e Esame delle proposte della Commissione europea in materia di governance economica, memoria della Banca d’Italia, Commissioni riunite 5a del Senato della Repubblica (Programmazione economica e bilancio) e 5a della Camera dei deputati (Bilancio, tesoro e programmazione), Roma, 8 novembre 2023.

[5] Ministero dell’Economia e delle Finanze. Documento di Economia e finanza 2024. Documento di Economia e Finanza 2024. Sezione II. Analisi e tendenze della finanza pubblica. Roma, 9 aprile 2024. Consultabile https://www.dt.mef.gov.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/def_2024/DEF-2024_PDS.pdf

[6] Ministero dell’Economia e delle Finanze. Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2023. Roma, 27 settembre 2023. https://www.dt.mef.gov.it/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/nadef_2023/NADEF-2023.pdf.

[7] Ministero dell’Economia e delle Finanze. Piano Strutturale di Bilancio di medio termine (2025-2029). https://www.dt.mef.gov.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/psb_2024/Piano-strutturale-di-bilancio-e-di-medio-termine-Italia-2025 2029.pdf.

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