Il piano Geithner e il capitale paziente

Scarica pdf Partecipa alla discussione Torna indietro Home

Political and social notes

The recovery rate for the mezzanine tranche rated AAA is about 5% and 32% for senior one. So 30 cents per dollar is a fair price.

Dopo lunghe discussioni e non pochi contrasti con gli altri responsabili economici dell’amministrazione, il Segretario al Tesoro Usa ha rivelato i dettagli del piano con cui il governo intende risolvere i problemi delle banche a rischio di insolvenza[1]. Come è noto, nonostante centinaia di miliardi di dollari e un piano di stimolo fiscale spesi nel tentativo di sbloccare il mercato del credito, il versante finanziario della crisi è dominato dall’incertezza circa il destino dei ‘titoli tossici’ presenti nel portafoglio delle banche. Avendo scartato l’ipotesi della nazionalizzazione, il governo americano ha preferito puntare sul salvataggio delle banche, stanziando mille miliardi di dollari per costituire un fondo a maggioranza pubblica che comprerà le attività finanziarie che gravano sui bilanci delle banche in crisi.

La notizia del piano è stata accolta favorevolmente da Wall Street, meno dalla grande stampa (New York Times, Financial Times del 24/3/09) e dalla comunità degli economisti da cui non sono mancati commenti sfavorevoli[2] o quanto meno scettici circa le modalità di funzionamento e l’eticità complessiva dell’operazione.

Tra i favorevoli, Brad DeLong[3] ha scritto a proposito di un ‘capitale paziente’ (non nel senso del malato, dal suo punto di vista) che potrebbe fare un buon affare, considerando che il programma pubblico – diviso in tre diverse componenti – finanzierebbe fino all’85% del prezzo dei titoli, rendendo convenienti transazioni che al momento non si verificano, stante le differenze tra la valutazioni dei titoli da parte dei venditori, che li ritengono sottovalutati, e i compratori per cui valgono molto meno del prezzo richiesto.

L’aspetto di finanza creativa tipico del piano Geithner consiste proprio nel tentativo di creare un mercato per attività finanziarie che – in quanto tossiche – non incontrano un grande appeal da parte del pubblico, mentre la sostanza non appare molto diversa dal vecchio programma TARP (ribattezzato dai critici TRAP) redatto dall’ex Segretario al Tesoro di Bush, Mr. Paulson. L’idea che gli economisti di Obama sembrano condividere con i consulenti repubblicani è che il sistema finanziario americano sia sostanzialmente solido e sano; l’unico problema sarebbe rappresentato da questi ‘titoli tossici’ che inquinano l’ambiente e per i quali occorre trovare un prezzo. Il finanziatore intanto è stato individuato nel settore pubblico.

Secondo Paul Krugman – critico su questo piano – quello che il Tesoro Usa si starebbe accingendo a creare è qualcosa di molto simile alle Saving & Loans degli anni ’80: strutture finanziarie con scarso capitale, ma molte passività garantite dal settore pubblico. Per gli investitori privati, il piano costituirebbe un aperto invito alla scommessa facile: se esce testa, vinci, se esce croce perde il pubblico, con tanti saluti ai bei discorsi a proposito del rischio morale.

Il problema sul tappeto può essere riassunto in questi termini: gli investitori privati, come i fondi azionari e gli hedge funds, si sono rifiutati sinora di pagare più di 30 centesimi di dollari per la maggioranza di questi panieri di mutui, mentre le banche rifiutano di venderli per meno di 60 centesimi, altrimenti dovrebbero iscrivere a bilancio grosse perdite. Lo scopo del piano Geithner è costruire una situazione – un maxi gioco di fiducia – in grado di colmare il gap tra i due prezzi di domanda e di offerta finanziando la differenza con fondi pubblici che coprirebbero fino all’85% degli acquisti.

Una buona questione da risolvere per rispondere alla domanda che porta a chiedersi perché il settore pubblico dovrebbe impegnare mille miliardi di dollari per comprare titoli tossici, è in che modo l’operazione potrebbe funzionare. Un modo relativamente semplice per far crescere il prezzo dei titoli esiste, e consiste nello scatenare un’inflazione tale da ridurre il valore reale del debito per i soggetti in difficoltà facendo contemporaneamente crescere il prezzo nominale dei titoli, tutti, compresi quelli ‘tossici’. Questo spiegherebbe anche il nuovo obiettivo di aumento della quantità monetaria perseguito da parte della Federal Reserve, che ha praticamente esaurito le manovre possibili sui tassi di interesse.

Tuttavia, far svolgere all’inflazione il ruolo del mercato non sembra particolarmente fair. In teoria, il prezzo di un’attività finanziaria dovrebbe avere una relazione con la valutazione del rischio dei flussi di cassa del venditore e dall’avversione al rischio del compratore. Se un mercato non riesce a formarsi, questo potrebbe voler suggerire che i soggetti della mancata transazione hanno aspettative diverse sui flussi di cassa o un differente atteggiamento nei confronti del rischio, e allora assegneranno prezzi diversi ai titoli. Nella realtà le cose sono più complicate perché il valore che un agente economico attribuisce a un’attività finanziario dipende molto dalle informazioni che ha a disposizione.

Quello dell’informazione non completamente, né perfettamente distribuita è un tema ampiamente dibattuto e di notevole importanza che sembra rilevante per il caso in questione, sicché affermare che nessuno è in grado di dire oggi quanto valga un titolo o un paniere di titoli ‘tossici’ equivale a dire che esiste un’asimmetria informativa tra quello che sanno le banche sui titoli in loro possesso e quello che pensano di saperne gli eventuali investitori. Da questo punto di vista il piano Geithner non fa nulla per risolvere il gap informativo se non mettere dei soldi pubblici sul piatto della contrattazione, cercando di far aumentare in questo modo il prezzo di acquisto che diventa sovvenzionato.

Viste dal punto di vista dei sostenitori del piano, le cose stanno diversamente: è il mercato che ‘sbaglia’ a considerare zero il valore di questi mutui; le banche sanno – correttamente – che saranno onorati, c’è un eccesso di sfiducia e di pessimismo, tanto – sooner or later – la ripresa ci sarà e con questa il valore dei titoli tornerà ad essere ‘normale’.

Potrebbe trattarsi di rischio, di incertezza, di ambiguità, di incompletezza del sistema di preferenze, a far sì che il mercato non riesca a formare un prezzo, oppure potrebbe valere una spiegazione più semplice: le banche sanno perfettamente che il valore dei titoli è 30 ma sanno anche che Geithner prima o poi offrirà 60 e allora aspettano. Capitale paziente.

 

*L’autore è ricercatore di economia politica nell’Università di Teramo.

[1] Timothy Geithner, My Plan for Bad Bank Assets, The Wall Street Journal, 23 marzo 2009
[2] Paul Krugman, Brad DeLong’s defense of Geithner, Paul Krugman Blog, The New York Times, 22 marzo 2009
[3] Brad DeLong, The Geithner Plan FAQ, http://delong.typepad.com/sdj/2009/03/the-geithner-plan-faq.html

economiaepolitica.it utilizza cookies propri e di terze parti per migliorare la navigazione.