COVID-19 e politiche da pandemia
La diffusione del COVID-19 (COronaVIrus infectious Disease) è iniziata in Cina, nella provincia di Wuhan a dicembre 2019. La rassicurante idea di un virus “areale” è durata molto poco, fino a quando si sono cominciati a registrare i primi focolai nel mondo occidentale, e in particolare nell’Italia settentrionale. Da quel momento il virus comincia a propagarsi velocemente in tutto il mondo e l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) il 19 marzo dichiara ufficialmente lo stato di pandemia, con più di 1,8 milioni di casi confermati, 113 mila morti e 213 paesi alle prese con il contagio (dati al 14 aprile 2020).
Le scelte adottate dai paesi per far fronte all’emergenza presentano una certa eterogeneità (Piguillem e Shi, 2020); tuttavia è possibile identificare due principali politiche messe in atto dai governi: i) politiche di rafforzamento delle strutture sanitarie; ii) politiche per il contenimento della diffusione del virus. Queste due tipologie di politiche sono fortemente interconnesse. Infatti, mentre le prime supportano direttamente la capacità dei sistemi sanitari nazionali nel far fronte l’emergenza, le seconde cercano di alleviare lo stress che le strutture sanitarie si trovano ad affrontare (Hamzelou, 2020).
Nonostante dunque l’importanza rivestita da questo policy mix, una misura appartenente alla seconda tipologia di politiche richiamate, il cosiddetto “lockdown”, pur considerato da alcuni studi una delle più efficaci misure per contenere la diffusione del virus (Piguillem e Liyan, 2020), ha comunque alimentato e continua ad alimentare un vivace dibattito in ragione del trade-off esistente tra salvaguardia della salute dei cittadini e impatti negativi sulle economie nazionali causati dalla chiusura delle attività economiche.
A titolo esemplificativo, sul sito eurotopic.net[1] sono state riportate diverse dichiarazioni apparse sulle principali testate nazionali, che evidenziano il trade-off cui abbiamo accennato. È possibile leggere dichiarazioni editoriali nelle quali gli osservatori dichiarano che i cittadini non si aspettano che il governo protegga le loro vite a “qualunque costo”. In questa direzione vanno anche alcune dichiarazioni dei rappresentanti di associazioni categoria, come ad esempio Confindustria in Italia, che inizialmente contraria all’allargamento delle misure di fermo produttivo, si è pubblicamente esposta dichiarando in una nota che “il giusto e necessario proposito di fronteggiare l’emergenza sanitaria non può e non dove aggravare l’emergenza economica che sta già piegando l’intero sistema produttivo del Paese”[2]. La stessa Confindustria, nel corso degli ultimi giorni, pare cerchi di spingere per una riapertura in quattro regioni del Nord, per fronteggiare lo “spegnimento” del Paese[3]. Anche il dibattito politico non si è sottratto a questa triste giostra. Si pensi alle prime dichiarazioni del premier britannico Boris Johnson, che inizialmente si è schierato pubblicamente a favore della necessità di andare avanti con la normalità il più a lungo possibile, arrivando a chiedere ai cittadini di prepararsi a “perdere persone care prematuramente”. Questa dichiarazione piombata sulla stampa a metà marzo e che tanto ha alimentato il dibattito sulla cosiddetta “immunità di gregge” anche in Italia, è stata dopo qualche tempo rivista dallo stesso premier che si è trovato costretto ad imporre il lockdown nel paese.
Per questo motivo risulta cruciale verificare e quantificare l’effettiva efficacia di tali misure, il cui obiettivo esplicito, lo ricordiamo, è il contenimento del numero di contagi.
I principali studi condotti in questa direzione, privilegiando una prospettiva nazionale, hanno evidenziato in linea generale, con marginali eccezioni, l’efficacia di tali misure. Lau et al. (2020) osservando il caso cinese concludono che il lockdown ha contribuito al contenimento della crescita dei casi di COVID 19. Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità e della Fondazione Bruno Kessler di Trento, analizzando l’andamento dell’indice di riproduzione del virus, “sottolinea l’importanza delle misure di controllo non farmacologiche” (Riccardo et al 2020). Tuttavia Sardar et al. (2020), attraverso un modello matematico predittivo che include le misure di lockdown, concludono che nel caso dell’India gli effetti positivi si siano limitati esclusivamente su determinate province.
Nonostante il virus abbia ormai una diffusione mondiale, i principali studi che adottano una prospettiva “cross-country”, confrontano prevalentemente le differenze registrate nei trend di crescita dei casi tra i singoli paesi. Tuttavia sembrerebbero mancare verifiche empiriche specificatamente incentrate sull’efficacia del lockdown (quando adottato) che considerino simultaneamente più paesi.
In questo articolo, attraverso i risultati preliminari di un’analisi empirica basata su dati longitudinali (verranno considerati più paesi su un determinato orizzonte temporale) proveremo a capire se c’è un’evidenza empirica circa l’efficacia delle misure di lockdown e identificare il tempo medio necessario per cominciare ad osservare l’effettivo contenimento dei nuovi contagi.
Misurare l’efficacia del lockdown
Al fine di fornire una prima valutazione in termini di efficacia delle misure di lockdown in termini di contenimento del numero di nuovi casi di COVID-19 sulla base delle scelte adottate (o meno) dai singoli paesi si è scelto di seguire un approccio per dati longitudinali. Questa tipologia di dati consente di considerare più unità statistiche, nel nostro caso i paesi, sulla base di variabili osservate su un determinato orizzonte temporale. In questo modo cercheremo di verificare se esiste una relazione tra contenimento dei nuovi casi ed adozione del lockdown.
I dati relativi al numero giornaliero di nuovi casi sono stati estratti dal Novel Coronavirus Cases, un database collezionato e reso disponibile dal Center for Systems Science and Engineering della Johns Hopkins University. È importante notare come questi dati potrebbero non essere sempre affidabili, specialmente quando riferiti ad un singolo paese (Buonanno et al., 2020). Tuttavia, in media, sotto l’ipotesi che asintoticamente gli errori siano normali, visto il nostro campione molto grande le stime dovrebbero essere depurate da questo problema. L’orizzonte temporale considerato nelle nostre analisi copre i casi registrati in 200 paesi su un orizzonte temporale che parte dal 22 gennaio 2020 ed arriva al 10 aprile 2020.
Per misurare l’efficacia del lockdown, è innanzitutto necessario controllare il numero di nuovi casi registrati quotidianamente rispetto al numero di casi del giorno precedente. Infatti in un’ottica di modellizzazione della quantità di nuovi casi, chiaramente la principale determinante è il numero di infetti nel periodo immediatamente precedente, essendo per definizione una pandemia generata da un insieme di infetti che diffonde il morbo.
In secondo luogo, abbiamo misurato la discontinuità nel valore di nuovi casi attraverso la costruzione di una variabile dummy (dicotomica) che assume valore 1 a partire dal giorno in cui un paese introduce la misura e per tutti quelli in cui la mantiene attiva. In ragione del fatto che i dati relativi ai casi sono raccolti a livello nazionale, sono state considerate esclusivamente le misure di lockdown adottate dai governi centrali che coinvolgessero un’intera area. Una volta costruita la variabile dummy, sarà possibile inoltre osservare gli effetti per ogni dato numero di giorni in cui il lockdown resta in vigore. Infatti verosimilmente, la letteratura suggerisce che l’efficacia di detta misura dipenda principalmente da due fattori: i) dal momento in cui la misura stessa viene adottata e ii) dalla lunghezza del periodo necessario al manifestarsi della sintomatologia associata al virus. Quest’ultima secondo le stime di Lauer et al. (2020) oscilla in un intervallo compreso tra gli 8 e i 15 giorni.
Infine è ragionevole ipotizzare che i paesi considerati differiscano tra di loro sulla base di caratteristiche socio-economiche non osservate dal nostro modello di stima (struttura demografica, localizzazione geografica, ecc). Per superare questo limite la letteratura econometrica suggerisce, come è noto, di adoperare modelli di stima che contengano un effetto “fisso” (invariante nel tempo) che catturi tutta l’eterogeneità “strutturale” tra i paesi. In altri termini è come se si assumesse che le differenze tra i paesi osservate all’inizio del periodo restino inalterate sull’orizzonte di tempo considerato. Nello studio in questione si è deciso di adoperare un modello basato sullo stimatore F-GLS (Feasible – General Least Square) che cerca di tenere in considerazione la natura ripetuta del dato osservato (Aigner e Balestra, 1988; Hsiao, 1986).
La nostra strategia empirica dunque ci consente di considerare un totale di 100 misure catturate dalla nostra variabile dummy, adottate da 67 paesi (su un totale di 200) per diversi orizzonti temporali.
I risultati delle nostre stime sono stati riportati graficamente nella figura 1, al fine di agevolarne la lettura. Sono riportati i coefficienti della variabile dummy che discrimina per il lockdown sia nel campione più esteso (ovvero in tutto il mondo, in blu, con la scala riferita all’asse inferiore), che per la sola Europa (in rosso, con la scala riferita all’asse superiore). Trattandosi per lo più di coefficienti con segno negativo, la riduzione del numero dei nuovi casi sarà crescente spostandoci verso sinistra.
Figura 1. Impatto sui nuovi casi
Come è possibile vedere in figura, gli effetti del lockdown sono da subito negativi (in termini di nuovi casi) e statisticamente significativi quando si analizza l’intero campione mondiale. Ciò suggerisce che, in media, i paesi che adottano il lockdown registrano meno casi rispetto ai paesi che non adottano tali misure. Andando invece a guardare le singole stime a distanza di 7-20 giorni dall’adozione della misura, è osservabile un crescente beneficio del lockdown in termini di contenimento dei nuovi casi.Guardando al solo caso europeo la situazione è leggermente differente. L’Europa è stata colpita duramente e diffusamente dalla pandemia e rispetto agli altri continenti è densamente abitata, con diversi stati che insistono su di un territorio relativamente piccolo. La dummy del lockdown al giorno in cui la misura viene introdotta presenta in questo caso un coefficiente positivo.
Questo risultato è probabilmente dovuto al fatto che mediamente in Europa le misure di lockdown sono state implementate nel momento in cui la diffusione del virus era in forte crescita.. D’altra parte, è importante concentrarsi sull’effetto positivo (e statisticamente significativo) in termini di riduzione del numero di nuovi casi comparando paesi che hanno il lockdown da almeno 12 giorni con paesi che non lo hanno implementato da almeno questo lasso di tempo. Ciò suggerisce che dopo 12 giorni di lockdown si ha un beneficio netto in termini di nuovi casi; questo beneficio cresce con il passare del tempo, almeno sino a 20 giorni, con un trend apparentemente esponenziale (si noti la distanza tra il beneficio a 18 e a 19 o 20 giorni).
“Perdere la pazienza significa perdere la battaglia”
Vogliamo chiudere questa breve nota con questa celebre frase di Mahatma Gandhi che sembrerebbe coerente con i risultati relativi all’efficacia delle misure di lockdown in termini di contenimento del contagio.
Infatti attraverso l’utilizzo di dati longitudinali abbiamo osservato da un punto di vista quantitativo che i paesi che hanno scelto di adottare questa forma di intervento sono riusciti a controllare l’espandersi dell’epidemia. Inoltre, all’aumentare dei giorni in cui la misura è stata adottata, i suoi effetti positivi in termini di contenimento dei nuovi casi crescono in maniera esponenziale.
Ci auguriamo che questi primi risultati possano contribuire a fare qualche luce sul crescente dibattito sull’effettiva necessità di tali misure, sulla sua calibrazione e sulla pianificazione di quella che Sarwal e Sarwal (2020) definiscono “exit strategy”. Gli autori citati, ad esempio, suggeriscono una strategia di uscita dal lockdown basata su una scadenza a 14 giorni dall’inizio della misura. Questa sarebbe secondo gli autori un periodo oltre il quale il lockdown non produce effetti positivi. Invece, sulla base delle nostre stime, gli effetti positivi continuano anche dopo 20 giorni dall’introduzione del lockdown. È opportuno tuttavia suggerire una certa cautela nella lettura e nell’utilizzo dei nostri risultati. Infatti, sebbene un approccio cross-country consenta di osservare il fenomeno nella sua eterogeneità, le stime ottenute vanno intese come medie, ceteris paribus, del campione di paesi osservati, e dunque sono meno utili ad una stima precisa del fenomeno per casi concreti e delimitati. Allo stesso tempo, però, un approccio cross-country con dati longitudinali permette di generalizzare un fenomeno complesso in una maniera convincente e di beneficiare di un più grande numero di osservazioni per le proprie stime, che dunque risultano includere maggiore eterogeneità e sono asintoticamente più solide.
Infine i nostri risultati sembrano rafforzare, da una diversa prospettiva, le recenti conclusioni, già ricordate, di uno studio condotto dell’Istituto Superiore di Sanità e dalla Fondazione Bruno Kessler sul caso italiano, nelle quali si sottolinea che “le misure di contenimento del virus hanno avuto un effetto positivo sull’indice di riproducibilità del Sars-Cov-2, facendolo diminuire già dai primi giorni dopo l’applicazione sia in Lombardia che, con un certo ritardo temporale, nelle altre regioni”. Per questo motivo, a nostro avviso, risultano necessari ulteriori studi che contribuiscano alla misurazione dell’efficacia di questa misura, mettendo da parte quello che potrebbe diventare un dibattito triste e viziato. In particolare, la crescente disponibilità di dati suggerisce che la migliore strategia di ricerca su questo tema attuale sia un costante monitoraggio delle misure, ed una certa prudenza nel dibattito di questi giorni sulla scelta di interrompere in alcune regioni il lockdown.
Bibliografia
Aigner, D.J. e Balestra, M. (1988). Optimal Experimental Design for Error Components Models, Econometrica, vol. 56, No. 4.
Buonanno, Paolo and Galletta, Sergio and Puca, Marcello, Estimating the Severity of COVID-19: Evidence From the Italian Epicenter (April 2, 2020). Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=3567093 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3567093
Hsiao, C. (1986). Analysis of Panel Data, Cambridge University Press, Cambridge.
Hamzelou, J. (2020). World in lockdown. New Scientist Volume 245, Issue 3275.
Lau, H., Khosrawipour, V., Kocbach, P., Mikolajczyk, A., Schubert, J., Bania, J., e Khosrawipour, T. (2020). The positive impact of lockdown in Wuhan on containing the COVID-19 outbreak in China. Journal of Travel Medicine.
Lauer S.A., Grantz K.H., Bi Q.,… and Lessler, J. (2020). The Incubation Period of Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) From Publicly Reported Confirmed Cases: Estimation and Application. Ann Intern Med. 2020;
Piguillem, F. e Shi, L. (2020).The optimal covid-19 quarantine and testing policies (No. 2004). Einaudi Institute for Economics and Finance (EIEF).
Riccardo, F., Ajelli, M., Andrianou, X., Bella, A., Del Manso, M., Fabiani, M.,… e Pezzotti, P. (2020). Epidemiological characteristics of COVID-19 cases in Italy and estimates of the reproductive numbers one month into the epidemic. medRxiv 2020.04.08.2005686.
Sardar, T., Nadim, S. S., e Chattopadhyay, J. (2020). Assessment of 21 Days Lockdown Effect in Some States and Overall India: A Predictive Mathematical Study on COVID-19 Outbreak. arXiv preprint arXiv:2004.03487.
Sarwal, R. e Sarwal, T. (2020). Mitigating COVID-19 With Lockdowns: A Possible Exit Strategy. Available at SSRN 3563538.
[1] https://www.eurotopics.net/en/237330/what-are-the-risks-of-lockdown,
[2] https://www.industriaitaliana.it/cronavirus-confindustria-economia-lockdown-lombardia/
[3]https://www.ilmattino.it/economia/coronavirus_industrie_economia_confindustria_pil_regioni_ultime_notizie_news-5160336.html