L’eterogeneità dei risultati nella campagna vaccinale italiana

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The recent pandemic has shown how the health issue represents a particular commodity with incredibly wide spillover effects. As public finance scholars are aware, the offer of an asset of this kind requires the intervention of levels of government superordinate to the regions, in order to try to align the area of jurisdiction. But the regional organization of public health, which arose following the reform of Title V, has reduced the articulation of the central government on a territorial basis. This particular institutional balance could be at the origin of high transaction costs when the central level tries to organize a policy on a territorial basis. In fact, to date, one of the few important articulations that the national government has on the territory is represented precisely by the armed forces.

L’eterogeneità territoriale dei risultati della campagna vaccinale in Italia

Con il perdurare della pandemia di COVID-19 che ormai da più di un anno flagella il pianeta, tantissimi governi in tutto il mondo considerano la principale speranza di ritorno allo status quo precedente il Marzo 2020 il mettere in campo una veloce ed efficiente campagna vaccinale di massa. Tra questi anche l’Italia, che risulta essere stato tra i più colpiti dall’epidemia. Il tema è particolarmente rilevante per la politica italiana, tant’è che tra le principali accuse mosse al governo cosiddetto “Conte 2”, e certamente una delle cause che ne hanno causato la caduta, c’è un ritardo sull’avanzamento dei lavori per vaccinare quanti più italiani possibile giudicato imperdonabile da tanti commentatori.

Tuttavia anche il neo-instaurato governo Draghi, nonostante tra i primi provvedimenti dell’ex governatore della Banca Centrale Europea ci sia stata la sostituzione del commissario all’emergenza COVID-19, quasi a voler ribadire il ruolo fondamentale giocato da questa carica, sta comunque avendo problemi con la campagna vaccinale. Infatti i lavori non sembrano procedere speditamente come dichiarato, tra continue criticità nel reperimento delle dosi, comunicazioni sull’efficacia e la sicurezza di Astrazeneca poco chiare e rassicuranti, e tensioni istituzionali con le regioni che avocano a sé competenze in termini di salute (che pure gli sono riconosciute dalla Costituzione), causando un mosaico di regolamenti e categorie di “aventi diritto” diverse da confine a confine. Parafrasando Voltaire, un viaggiatore in questo paese cambia le categorie da vaccinare quasi tante volte quante cambia i cavalli di posta.

Per questa ragione il 9 Aprile u.s. con l’ordinanza 6/2021 il commissario straordinario all’emergenza COVID-19 ha richiamato all’ordine le regioni, esplicitando ulteriormente le categorie prioritarie, che sostanzialmente sono ultra ottantenni, fragili e ultra settantenni. La scelta, visto soprattutto che non è ancora chiaro se e per quanto il vaccino conferisca immunità alla malattia, e se i vaccinati non siano contagiosi, appare molto condivisibile: l’effetto principale del vaccino è evitare che la malattia colpisca nella sua forma grave, e i più esposti sono proprio gli anziani e i fragili (l’età media dei morti per COVID-19 resta attorno agli 80 anni, e solo l’1.1% dei morti al 30 marzo 2021 aveva meno di 50 anni (Epicentro, 2021[1]).

A questa data, l’evoluzione del piano vaccinale, a oltre tre mesi dall’avvio, è molto eterogenea di regione in regione. Un totale di 12.509.898 dosi di vaccino risultano complessivamente somministrate nel paese al 9 Aprile. Ma non tutti i governi locali stanno facendo bene in questo compito così delicato, e a destare qualche stupore è in particolare la performance di alcune aree. Su tutte, infatti, sono due le regioni spesso citate dai commentatori come casi inaspettati e non semplicemente spiegabili: il Lazio, che non pare aver spesso eccelso negli ultimi anni per capacità amministrativa e burocratica, che risulta invece tra le regioni ad aver somministrato più vaccini rispetto a quelli consegnati, e la Lombardia, che al contrario, almeno prima della pandemia, siamo stati abituati a vedere eccellere spesso nelle diverse “classifiche sanitarie” regionali italiane, e che ha un rapporto somministrati su consegnati che la pone al 13° posto in classifica, dopo regioni come l’Abruzzo, il Molise e la Campania, che non sono spesso alle cronache per la loro amministrazione virtuosa.

In Tabella 1, è riportata la percentuale di dosi somministrate sul totale delle dosi consegnate al 10 Aprile (dati reperiti da Report Vaccini Anti-COVID-19[2]). La Valle d’Aosta guida la classifica, avendo somministrato ai suoi cittadini quasi il 90% delle dosi che le sono state consegnate, seguita dal Veneto e dalla Toscana. A chiudere la fila, Puglia, Basilicata e Calabria.

Cosa ha causato queste disparità nell’attuazione dei piani vaccinali?

Questa è una domanda molto complicata a cui rispondere, visto che con la progressiva regionalizzazione dei sistemi sanitari culminata nel decreto legislativo 229 del 19 giugno 1999 e ulteriormente incardinata dal riparto delle funzioni legislative, regolamentari e amministrative tra Stato e regioni dovuti alla riforma del titolo V della Costituzione del 2001, i sistemi sono piuttosto disomogenei, ed è difficile compararli. Inoltre, popolazioni di età diverse, categorie prioritarie differenti, e dotazioni di vaccini disomogenee (e non strettamente correlate alla popolazione), nonché accelerazioni e ritardi diversi sulle vaccinazioni, rendono davvero difficile l’assumere condizioni ceteris paribus, tanto necessarie per un’analisi comparata. Inoltre, il fatto che i tre vaccini a disposizione in Italia necessitano di un richiamo entro 4-12 settimane (Pzifer e Astrazeneca) o 42 giorni (Moderna) per poter essere efficaci, non fanno che complicare la logistica, visto che è importante per le regioni anche mantenere una scorta per assicurare la completa vaccinazione dei cittadini che hanno ricevuto la prima dose, evitando di rendere inutile il lavoro fatto per ritardi nelle consegne da parte delle aziende farmaceutiche che non si sono dimostrate molto fedeli nell’assicurare le dosi acquistate.

È chiaro, come sottolinea il buon senso e conferma la presenza in posizioni molto alte in classifica di regioni poco popolate come Valle d’Aosta, Molise e Trentino Alto-Adige, che la popolazione giochi un fattore importante in questa dinamica. Com’è noto, le regioni italiane sono molto eterogenee in questo, e certamente vaccinare 10 milioni di abitanti è più difficile che vaccinarne nemmeno un milione (sebbene, ovviamente, le risorse a disposizione e messe in campo differiscano nei due casi). Difatti, non si può dire che Calabria e Basilicata, rispettivamente ultima e penultima regione per dosi somministrate su dosi consegnate, siano regioni particolarmente popolose: dunque questa spiegazione non appare particolarmente soddisfacente e completa, ma forse è solo una parte della spiegazione.

Crediamo che una prima analisi esplorativa possa limitarsi a includere sostanzialmente due dimensioni: la popolazione e la superficie. La prima, come si diceva, è da considerare, visto che ovviamente all’aumentare dei numeri si potrebbero osservare delle diseconomie di scala e delle complicazioni che rendono più complesso viaggiare spediti nel piano vaccinale. Ma anche la superficie gioca un ruolo in questo: infatti anche regioni non particolarmente abitate, ma molto vaste, possono avere problemi a raggiungere in qualche modo gli utenti finali.

Chiaramente la prima cosa che viene in mente parlando di popolazione e superfice è la densità abitativa, ovvero gli abitanti per chilometro quadrato. Questa variabile, gioca un ruolo nello spiegare le disparità di somministrazioni in Italia?

Per valutare in prima approssimazione se questo può essere un buon fattore per spiegare alcune performance sorprendenti nelle regioni con riferimento allo svolgimento del piano vaccinale, abbiamo dunque proceduto a calcolare il rapporto tra popolazione della città più abitata e popolazione della regione, ovvero la quota di abitanti di ogni regione che vivono nella sua città più popolosa (questa non sempre corrisponde al capoluogo, come si può dedurre dalla tabella 2). Una misura certamente non ortodossa di densità, ma che rende l’idea di quanto la città più grande raccolga della popolazione regionale.

Difatti, riteniamo sia  ipotizzabile che in regioni che hanno una popolazione molto concentrata in una città, sia relativamente più facile procedere ad attuare il piano di vaccinazione, per una minore necessità di moltiplicare le catene decisionali sul territorio; al contrario regioni con una popolazione molto distribuita, dovranno procedere contemporaneamente su elevati livelli d’efficienza per diversi centri decisionali, ugualmente importanti ai fini della buona riuscita del piano di vaccinazione, vista la loro specifica conformazione. In altri termini, una regione con una popolazione molto concentrata nella sua principale città, dovrà per fare bene nel suo piano vaccinale solo assicurarsi uno spedito avanzamento su pochi centri, geograficamente e amministrativamente concentrati. Al contrario, regioni con popolazioni più disperse tra diverse città potrebbero avere una moltiplicazione di questi centri e, di conseguenza, un moltiplicarsi anche di potenziali criticità.

È interessante notare anche come questa variabile spieghi bene la differenza tra Lombardia, la cui principale città per popolazione, Milano, somma a circa il 14% della popolazione regionale, e il Lazio, dove al contrario quasi la metà degli abitanti della regione vivono nella capitale.

Come testare empiricamente questa ipotesi? Chiaramente un quadro teorico ancora così primitivo, che non tiene conto né delle differenze temporali né di tante altre di altra natura, non permette un’analisi di regressione, anche perché le osservazioni ammonterebbero ad appena 20 regioni. E pur tuttavia, un’analisi di correlazione (si è scelto di adoperare Spearman rank correlation, Goodier, 2008, visti i ridotti n), che non vuole dunque implicare alcun nesso di causalità ma una semplice associazione, suggerisce come la variabile della quota di vaccini somministrati rispetto ai consegnati sia positivamente (seppur debolmente, 0.1338) correlata alla quota di popolazione della città più popolosa della regione. Ciò ci suggerisce una qualche supporto a questa ipotesi, e ci spinge a voler guardare meglio in questa direzione. Parlando di concentrazione, uno degli indici più utilizzati è il coefficiente di Gini (Goodier, 2008). Com’è noto, questi è basato sulla curva di Lorenz della distribuzione ed è definito come il rapporto fra l’area compresa tra la linea di perfetta uguaglianza e la curva di Lorenz e l’area totale sotto la linea di perfetta uguaglianza. Nella sua notazione percentuale, il coefficiente di Gini indica la concentrazione di una distribuzione, variando tra 0 (perfetta equidistribuzione) e 100 (massima concentrazione).

Volendo misurare quanto è concentrata la densità di popolazione nelle diverse regioni italiane, usando i dati sulla popolazione residente al 1° Gennaio 2020, e la corrispettiva superficie di tutti i comuni italiani (entrambi da ISTAT, 2020), abbiamo proceduto a calcolare il coefficiente di Gini per la densità di popolazione per ogni regione italiana. Questo è teoricamente compreso tra 0, per una regione in cui ogni comune ha esattamente la stessa densità di popolazione (ovvero abitanti per chilometro quadrato), e 1, per una regione che ha tutti i suoi abitanti in un solo comune (e, dunque, una densità di popolazione pari a 0 per tutti i comuni tranne uno).

Come mostrato nel grafico riportato in figura 1, sebbene i dati presentino una qualche dispersione, sembrerebbe esserci una correlazione positiva tra la concentrazione della densità abitativa e le somministrazioni di vaccino sul totale delle dosi consegnate (0.2633). Pare dunque esserci qualche preliminare evidenza empirica all’ipotesi che la distribuzione della densità di popolazione nelle diverse aree della regione possa essere una variabile importante nel determinare l’avanzamento della campagna vaccinale. Se osserviamo la medesima associazione tra la concentrazione della densità abitativa della sola popolazione ultrasettantenne o ultraottantenne, per cercare di cogliere meglio quanto è semplice vaccinare le sole persone identificate come prioritarie dal piano nazionale, l’indice sale ancora, arrivando rispettivamente a 0.3158 e 0.3759.

Per quanto certamente preliminare e non definitiva, un ulteriore indizio nella direzione del rallentamento dovuto al moltiplicarsi dei centri, è nella correlazione negativa tra il numero totale di centri di somministrazione del vaccino per capita (dati dal Report Vaccini Anti-COVID-19; il dato è stato normalizzato per popolazione per permettere il confronto tra regioni di dimensioni diverse) e la percentuale di vaccini somministrati sui consegnati, che è di -0.3789.

Conclusioni

Sulla base dei principali risultati emersi con l’ausilio di semplici analisi descrittive, sembrerebbe che la densità abitativa, e in particolare la concentrazione di questa variabile sul territorio regionale, sia positivamente associata a migliori performance sul piano delle somministrazioni vaccinali. Infatti regioni che presentano una maggiore concentrazione della densità abitativa sembrano posizionarsi, mediamente, in alto nella graduatoria delle somministrazioni. In questo articolo abbiamo proposto che una delle possibili chiavi interpretative di tale risultato risieda nella minor necessità di moltiplicare le catene decisionali sul territorio: infatti regioni con popolazioni più disperse tra diverse città potrebbero avere una moltiplicazione di questi centri e, di conseguenza, un moltiplicarsi anche di potenziali criticità. Ciò pare ulteriormente confermato dalla correlazione negativa tra vaccini somministrati e centri vaccinali per capita.

È opportuno tuttavia sottolineare che questi dati vanno presi con la dovuta cautela e possono semplicemente indicare una prima linea di indagine per ulteriori analisi, che possano beneficiare di una maggiore mole di dati e di un più articolato dettaglio territoriale. Infatti la dispersione dei dati mostrati nei grafici potrebbe dipendere da fattori non considerati in questa semplice analisi bivariata, o ancora dal fatto che il piano vaccinale, sebbene formalmente sia partito il 27 dicembre u.s., a causa delle numerose interruzioni, sia ancora in una fase iniziale. L’evoluzione dell’andamento dei vaccini potrà dipendere da numerosi altri fattori, molti dei quali dipendenti da variabili non considerate in questo primo, esploratorio studio. A titolo esemplificativo, è notizia di poche ore delle lunghe file di attesa osservate in Basilicata che ha previsto per tre giorni di vaccinazione senza prenotazione per cittadini di età compresa tra i 60 e 79 anni. Nella giornata del 12 aprile la regione ha registrato con quasi 3.000 vaccinazioni il record di somministrazione, seppur con qualche criticità per via degli assembramenti osservati nel centro vaccinale del capoluogo lucano.

Questo risultato chiama in causa un ulteriore elemento di criticità che la campagna vaccinale sta riscontrando. Infatti l’attuazione su base regionale permette di osservare comportamenti che non sempre sono coerenti con le direttrici di un piano vaccinale definito su base nazionale. Si pensi ancora al dibattito scaturito dagli accordi che alcuni presidenti di regione sembrano aver preso con fornitori dei vaccini. Anche questi elementi inducono una qualche riflessione sul piano istituzionale.

La recente pandemia ha dimostrato come il tema salute rappresenti un particolare bene di merito con effetti di spillover incredibilmente ampi (Ercolano, 2020). Come è noto agli studiosi di finanza pubblica, l’offerta di un bene di questo genere, fondata su assetti tutori, necessita dell’intervento di livelli di governo sovraordinati alle regioni, al fine di cercare di allineare l’area della giurisdizione che adotta una misura con l’area degli effetti generati dalla policy, rispettando il cosiddetto principio di equivalenza (Olson, 1969). Tuttavia l’organizzazione regionale della sanità pubblica, scaturita a seguito della riforma del titolo V, ha sostanzialmente ridotto l’articolazione del governo centrale su base territoriale. Questo particolare equilibrio istituzionale potrebbe essere all’origine di elevati costi di transazione quando il livello centrale cerca di organizzare su base territoriale una policy. Difatti a oggi, una delle poche articolazioni importanti che il governo nazionale ha sul territorio è rappresentata proprio dalle forze armate. Non è un caso forse che uno dei primi provvedimenti del governo Draghi sia stata la sostituzione del commissario straordinario alla pandemia, inserendo un generale dell’esercito esperto in logistica.

Tabella 1 – Dosi somministrate su dosi consegnate al 10 Aprile 2021, per regione

PosizioneRegioneDosi somministrate su totale dosi consegnate
1Valle d’Aosta0.895
2Veneto0.886
3Toscana0.864
4Emilia Romagna0.839
5Molise0.832
6Lazio0.824
7Trentino0.8236
8Campania0.818
9Friuli-Venezia Giulia0.805
10Piemonte0.795
11Abruzzo0.787
12Marche0.785
13Lombardia0.78
14Liguria0.773
15Umbria0.769
16Sicilia0.768
17Sardegna0.764
18Puglia0.745
19Basilicata0.743
20Calabria0.71

Fonte: https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/ (url consultato il 10 Aprile 2021).

Tabella 2 – Quota della popolazione regionale che vive nella città più popolosa

RegioneCittà più popolataQuota della popolazione regionale
LazioRoma0.487915
LiguriaGenova0.371027
Valle d’aostaAosta0.271254
PiemonteTorino0.198995
UmbriaPerugia0.189481
Friuli-Venezia GiuliaTrieste0.167145
CampaniaNapoli0.166111
MoliseCampobasso0.160847
LombardiaMilano0.140241
SiciliaPalermo0.132797
BasilicataPotenza0.120005
TrentinoTrento0.11288
ToscanaFirenze0.099369
SardegnaCagliari0.093698
AbruzzoPescara0.092633
CalabriaReggio di Calabria0.092331
Emilia RomagnaBologna0.088577
PugliaBari0.079752
MarcheAncona0.065569
VenetoVerona0.053101

Tabella 3 – Tavola delle correlazioni

Dosi somministrate su dosi consegnate
Gini0.2633
Gini ultra-700.3158
Gini ultra-800.3759
Quota popolazione regionale in città più popolata0.1338
Centri Vaccinali per capita-0.3789

Figura 1 – Correlazione tra somministrazioni e concentrazione della densità abitativa

Figura 2 – Correlazione tra somministrazioni e concentrazione della densità abitativa degli over 80

Figura 3 – Correlazione tra somministrazioni e concentrazione della densità abitativa degli over 70

Riferimenti

Commissario Straordinario COVID-19 (2021). Report Vaccini Anti COVID-19. Aggiornamento del 10 Aprile 2021.

Epicentro, Istituto Superiore di Sanità (2021). Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia. Aggiornamento del 30 marzo 2021

Ercolano S. (2020). La salute pubblica tra global commons e merit wants. Economa e politica

Goodier, J. (eds) (2008). Spearman Rank Correlation Coefficient e Gini Index. In: The Concise Encyclopedia of Statistics. Springer, New York, NY.

Olson, M. (1969). The principle of” fiscal equivalence”: the division of responsibilities among different levels of government. The American economic review, 59(2), 479-487.


[1] https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia (url consultato il 10 Aprile 2021).

[2] https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/ (url consultato il 10 Aprile 2021).

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