I costi e le prospettive della guerra di logoramento in Ucraina

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Ormai è chiaro che il conflitto russo-ucraino ha assunto le caratteristiche di una tipica guerra di logoramento, in cui la vittoria (se di vittoria si può parlare) è riservata alla parte che resisterà di più sul piano delle risorse umane e materiali. Secondo alcune stime (ed è difficile farne con la guerra in corso, quando le informazioni sono in gran parte manipolate dalla propaganda) il costo mensile della guerra per Russia, Ucraina e le nazioni che sostengono l’Ucraina si aggirerebbe intorno ai 25 miliardi di dollari.

Ormai è chiaro che il conflitto russo-ucraino ha assunto le caratteristiche di una tipica guerra di logoramento, in cui la vittoria (se di vittoria si può parlare) è riservata alla parte che resisterà di più sul piano delle risorse umane e materiali. Secondo alcune stime (ed è difficile farne con la guerra in corso, quando le informazioni sono in gran parte manipolate dalla propaganda) il costo mensile della guerra per Russia, Ucraina e le nazioni che sostengono l’Ucraina si aggirerebbe intorno ai 25 miliardi di dollari (Conetta, 2023: 1). Altre stime della testata giornalistica militare SOFREP affermano che la Russia brucerebbe ogni giorno 900 milioni di dollari solo in salari per i soldati impegnati al fronte, in armi, munizioni e riparazioni dell’equipaggiamento militare perso o danneggiato, tenendo conto di questi calcoli i costi sarebbero quindi ancora più elevati, poiché solo la Russia spenderebbe 27 miliardi di dollari al mese (si veda anche Cooper, 2023). La tabella 1 mostra una stima dei costi sostenuti dalla Russia (in miliardi di dollari)  in presenza di diversi scenari di impegno in un periodo di due mesi (la stima è basata sui costi sostenuti durante le campagne militari russe in Georgia, nel 2008, e in Siria, nel 2015-2016).

Tab. 1. Stima dei costi sostenuti dalla Russia (in miliardi di dollari) in presenza di diversi scenari

Fonte: Center of Economic Recovery – Civita, 2022: 17

Per le stime del Ministero delle Finanze ucraino, Kiev per la guerra spenderebbe 10 miliardi di dollari al mese. Il sostegno occidentale a Kiev si attesterebbe intorno ai 17 miliardi di dollari al mese e la ricostruzione del dopoguerra richiederà altri fondi che la Banca Mondiale ha stimato intorno ai 411 miliardi di dollari, ma la cifra evidentemente è destinata a crescere con la prosecuzione del conflitto. Se questi sono i dati, la guerra in Ucraina sarebbe tra i conflitti più costosi dalla fine della guerra fredda. Per dare una idea della dimensione il New York Times calcola che “un giorno di guerra in Ucraina costa quanto 30 giorni in Afghanistan”. Ricordiamo che gli otto anni di guerra in Iraq sono costati agli Stati Uniti 300 miliardi di dollari. Stime elaborate dal Kiel Institute for the World Economy calcolano che l’impegno finanziario degli Stati Uniti a favore del governo di Kiev ammonta dopo un anno di guerra ammonta già a 50 miliardi di dollari l’anno superando le cifre pur elevate destinate all’occupazione irakena. A queste cifre si aggiunge il sostegno del Regno Unito che ha promesso circa 2,5 miliardi di dollari e dell’Unione Europea – che ha adottato un pacchetto di aiuti per un totale di 3,1 miliardi di dollari. Tali importi riguardano solo il sostegno per attrezzature e tecniche militari. La dimensione dello sforzo bellico può essere rappresenta da qualche altra significativa cifra: in Afghanistan, le forze del Nato hanno sparato una media di 300 colpi al giorno senza preoccuparsi delle difese aeree, in Ucraina in media, la scorsa estate, nella regione del Donbass, sono stati sparati dai russi 40.000-50.000 proiettili di artiglieria al giorno.

La tabella 2 mostra le perdite in armamenti dall’inizio della guerra al 23 agosto 2023. Le cifre possono essere solo indicative del materiale bellico distrutto, entrambi i belligeranti non diffondono informazioni ufficiali sulle perdite subite, per evidenti ragioni di propaganda.

                      Tab. 2, Perdite di armamenti in unità dal 22 febbraio 2022 al 3 settembre 2023

             Fonte: Elaborazione dell’Autore su dati Oryx[1]

Per un ulteriore stima dei costi in termini di perdite si può dire che, in media, l’abbattimento di un jet brucia 80 milioni di dollari, la distruzione di un elicottero tra i 15 e 30 milioni, 2-3 milioni un carro armato (T72, T90) e ogni missile ha un costo unitario fra 1 e 2 milioni di dollari.

Inestimabile è poi il valore delle vite umane perse fino ad ora: secondo una valutazione della US Defense Intelligence Agency dell’aprile scorso, la Russia ha subito tra 189.500 e 223.000 vittime totali, tra cui da 35.500 a 43.000 uccisi in azione e da 154.000 a 180.000 feriti. L’Ucraina ha subito fino a 131.000 vittime totali, 17.500 uccisi in azione e 113.500 feriti. Secondo il New York Times, le perdite totali di morti e feriti, ucraini e russi, ammonterebbero a mezzo milione, ad agosto 2023. La tabella 3 mostra le perdite umane in Ucraina per 50 giorni di guerra comparate con altri conflitti contemporanei.

Tab. 3. Confronto del numero di vittime militari per 50 giorni di guerra

Fonte: Center of Economic Recovery – Civita, 2022: 11

La guerra pesa ovviamente sulle condizioni economiche dei due belligeranti.  Il conflitto è costato a Mosca più di 107 miliardi di dollari di spesa in deficit nel 2022 di cui ben 60 miliardi sono stati destinati ai servizi militari e di sicurezza, il PIL per la Banca Mondiale è diminuito del 2,1% nel 2022 rispetto all’anno precedente (Conetta, 2023: 4). In Ucraina gli effetti sul PIL sono stati più disastrosi, con una riduzione nel 2022 del 29% rispetto all’anno precedente, in calo da circa 200 miliardi di dollari e con un deficit di fine anno 2022 di oltre 24,5 miliardi di dollari. Più precisamente, la spesa pubblica totale dell’Ucraina nel 2022 è stata di circa 75 miliardi di dollari di cui 32 miliardi presi in prestito o concessi dai governi alleati (Conetta, 2023: 4).

La guerra di logoramento può essere sostenuta finché vi saranno risorse che continueranno ad alimentarla per entrambe le parti del conflitto. Se è certo che l’Ucraina ha bisogno del crescente sostegno occidentale per continuare la sua resistenza all’invasione, poiché di fatto quello che resta dello Stato ucraino (i russi occupano attualmente il 18% del territorio nazionale ucraino – un’area quasi 2,5 volte più grande dell’Estonia e più grande di più di 30 altri paesi in Europa) ha limitate fonti autonome di finanziamento della guerra, ulteriormente ridotte dal blocco russo delle esportazioni di Kiev, la Russia, di contro, può contare su diverse risorse, e non solo interne.

Innanzitutto la popolazione attiva da mobilitare a fini bellici è pari a 30 milioni di unità (con una popolazione totale di circa 145 milioni), fino ad ora  solo il 2-3% di questa forza potenziale è stata impiegata, per contro, la capacità mobilitabile degli ucraini oscilla tra il 10 e 20% di quella russa (Estonia, Ministry of Defense, 2023: 7). Le perdite in termini di armamento (carri, veicoli corazzati e artiglieria) non superano il 20% dello stock totale al netto della nuova produzione (Estonia, Ministry of Defense, 2023: 7). Nei suoi depositi, la Russia ha ancora quasi 10.000 carri armati e 36.000 veicoli blindati, un arsenale ereditato in gran parte dalla Unione Sovietica, seppur parzialmente obsoleto, un terzo di questi armamenti può essere modernizzato, aggiungendo almeno 3000 carri armati e 12.000 veicoli corazzati alla prima linea[2]. Per una comparazione, la Germania può contare su circa 250 carri armati LEOPARD-2 (Estonia, Ministry of Defense, 2023: 8). Le perdite in artiglieria sono solo il 10% dei circa 5000 sistemi pronti al combattimento che la Russia possedeva prima della guerra. Le perdite di mezzi aerei rimangono al di sotto del 10%. Le scorte di munizioni ammontano a 7 milioni di unità, consentendo di continuare la guerra con la stessa intensità e a produzione nulla almeno per un intero anno, ma ovviamente la produzione di munizionamento è destinata ad aumentare nel tempo (Estonia, Ministry of Defense, 2023: 8).

Fin dall’inizio del conflitto i paesi occidentali hanno puntato sul meccanismo delle sanzioni per indebolire l’economia russa, colpendo soprattutto le attività finanziarie, le importazioni di prodotti a tecnologia avanzata (computer quantistici, semiconduttori avanzati, elettronica di fascia alta e software, tecnologia necessaria per la raffinazione del petrolio; aviazione e tecnologia dell’industria spaziale; tecnologia di comunicazione radio), in parte le esportazioni di risorse energetiche e gli asset collocati all’estero degli oligarchi, ma l’impatto non ha avuto gli effetti desiderati (Rácz –  Spillner – Wolff, 2023: 3). La Russia si è rapidamente adattata ad un’economia di guerra, aumentando la produzione militare e adeguandosi alle sanzioni. Ad attenuare il peso delle sanzioni è stato anche il comportamento delle imprese occidentali che hanno seguito in minima parte le scelte politiche dei propri governi. Uno studio pubblicato nel luglio 2022 stimava che oltre 1.000 aziende occidentali avrebbero lasciato la Russia (Sonnenfeld – Tian – Sokolowski – Wyrebkowski – Kasprowicz, 2022), ma uno studio più recente ha mostrato che solo circa l’8 per cento delle aziende con sede nei paesi dell’UE e del G7 ha disinvestito le attività su territorio russo (Evenett – Pisani, 2023; Rácz –  Spillner – Wolff, 2023: 2). Di fatto l’economia russa si è contratta molto meno di quanto ci si sarebbe aspettato. Questo risultato può essere attribuito a diversi fattori che hanno indebolito l’effetto delle sanzioni (Rácz –  Spillner – Wolff, 2023: 3):

  1. A dispetto del declino previsto, le esportazioni di petrolio e gas sono all’opposto aumentate nel corso del 2022. Come dimostrano i dati ufficiali, tra da gennaio e ottobre 2022 ammontavano a 132 miliardi di dollari, un aumento del 34 % rispetto allo stesso periodo del 2021. In gran parte la domanda è stata sostenuta da Cina, India e altri paesi emergenti. Solo dal dicembre 2022 i paesi dell’Unione Europea hanno cominciato a limitare gli approvvigionamenti dalla Russia e a fissare un tetto al prezzo di acquisto, limitando per questa via i ricavi per Mosca.
  2. Il governo russo ha reagito alla recessione sostenendo finanziariamente aziende e settori che sono stati colpiti in modo particolarmente duro dalle sanzioni, mitigando l’effetto negativo sulla occupazione.
  3. La Russia è riuscita a trovare diversi modi per aggirare le sanzioni e altre restrizioni. Ad esempio, ha importato prodotti ad alta tecnologia, sottoposti a sanzioni,  attraverso i paesi dell’Asia Centrale (Cina e Kazakistan, in primo luogo) e la Turchia, anche sopportando costi più elevati e consegne più lente e meno affidabili. Spesso le sanzioni sono state anche eluse con azioni illegali all’interno dell’Unione Europea.
  4. La Russia non è isolata diplomaticamente, ma ha molti interlocutori e alleati su cui contare (in particolare i paesi BRICS, di cui è membro, come ha dimostrato il loro recente XV vertice a Johannesburg).
  5. La Russia ha accumulato enormi riserve di oltre 600 miliardi di dollari prima dell’escalation del febbraio 2022. Più di  330 miliardi di beni statali e di oligarchi russi erano detenuti in Occidente e sono stati congelati dopo l’invasione, ma le rimanenti riserve hanno finora fornito all’economia russa un notevole sostegno finanziario.
  6. La Russia ovviamente sfrutta le ingenti risorse e le strutture industriali dei territori occupati del Donbass (carbone, gas, litio, petrolio, acciaio, ferro, uranio, ma anche  terre rare, manganese e altri 97 tipi di minerali, il 90% delle riserve mondiali di elio, base dei chip elettronici) che contribuivano, prima del 2014, al 20% del PIL e ad un quarto delle esportazioni  dell’Ucraina.

Non si può dire tuttavia che le sanzioni non abbiano avuto alcun effetto sulla economia russa, il loro peso si è avvertito soprattutto per la produzione militare ad elevata tecnologia, in gran parte dipendente dalle forniture occidentali.  In particolare tre esempi possono illustrare bene gli effetti negativi delle sanzioni sugli armamenti: il mancato acquisto di quattro navi d’attacco francesi di classe MISTRAL che trasportavano elicotteri, ha avvantaggiato i difensori ucraini del porto di Odessa e impedito lo sbarco e la presa della città. Le restrizioni all’importazione di tecnologia hanno rallentato lo sviluppo della quarta generazione di caccia STEALTH SUKHOI SU-57. Secondo i piani pre-invasione della Crimea, l’aeronautica russa puntava ad avere più di 60 jet di questo tipo entro il 2022, ma all’inizio della guerra erano prodotti solo 5 SU-57, e neppure sono stati impiegati, data la loro irrilevanza per le sorti del conflitto. Stessa sorte hanno avuto il bombardiere PAK DA di quinta generazione, il carro T-72B3 che usa termocamere CATHERINE-FC THALES di fabbricazione francese e strumenti ottici giapponesi, la produzione di diverse moderne armi di difesa aerea (come il 9K37 BUK e il 9K22 TUNGUZKA) che è stata fermata per la mancanza di elettronica di fabbricazione tedesca, così come la produzione dei missili da crociera ha sofferto, nei primi mesi di guerra, per la indisponibilità di componenti olandesi, svizzeri, taiwanesi e statunitensi. I missili TORNADO da 300 mm a guida satellitare, i più avanzati a disposizione della Russia, sono ora inutilizzabili per l’indisponibilità di giroscopi fabbricati negli Stati Uniti, così come il sistema di difesa aerea PANTSIR. Anche la produzione di veicoli militari ha sofferto molto: il produttore di autocarri KAMAZ ha dovuto interrompere la produzione di tutte le sue moderne piattaforme per uso militare (pesanti rimorchi militari, camion di rifornimento e molti veicoli speciali) perché i necessari iniettori di carburante BOSCH prodotti in Germania non sono più disponibili (Rácz –  Spillner – Wolff, 2023: 7). Anche se la Russia ha ridotto la sua capacità offensiva, questo non significa che il complesso militare industriale russo non sia in grado di rispondere ai vincoli imposti dalle sanzioni, innanzitutto importando componenti da paesi terzi non sottoposti a sanzioni. Inoltre le scorte prebelliche di componenti molto probabilmente non si sono ancora esaurite e questo ha consentito ai tecnici russi di produrre in proprio armi di precisione, come i missili da crociera  KH-102 prodotti nel settembre-ottobre 2022, molti mesi dopo l’avvio delle sanzioni occidentali, o i missili S-300 detenuti in stock sufficienti per mantenere l’attuale intensità media di attacchi per almeno un anno. Le sanzioni non hanno posto fine alla capacità della Russia di fabbricare armi di precisione ad alta tecnologia se si riaprono i canali di rifornimento, attraverso paesi terzi, o di rifornirsi direttamente di sistemi d’arma dagli stessi paesi (Rácz –  Spillner – Wolff, 2023: 8). Dall’Iran per esempio vengono acquistati i droni SHAHED-136, fabbricati con componenti moderne, come motori, giroscopi e sensori. L’industria russa sta inoltre modernizzando molti sistemi d’arma ereditati dall’era sovietica, come i carri T-62 e il carro anfibio da ricognizione BRDM-2. Tuttavia, per il momento lo stock russo di missili ad alta tecnologia  si sta riducendo ad ogni attacco e si può dire che nel breve periodo la capacità di attacco missilistico con armi avanzate si indebolirà ulteriormente e il ricorso ad armi più antiquate, come l’obsoleto missile anti-nave KH-22 dell’era sovietica, che è stato utilizzato nel bombardamento di Dnipro del gennaio 2023, causando per la sua inaccuratezza una strage di civili.

La strategia occidentale che punta alla crisi economica e politica russa per indebolire il regime e favorire un suo rovesciamento, non è realistica (come dimostra la farsa del tentato pronunciamiento militare promosso da Evgenij Prigožin). L’attuale regime gode ancora di vasto consenso popolare: dopo l’invasione dell’Ucraina,  nel marzo 2022, l’adesione popolare alla politica di Vladimir Putin ha raggiunto il massimo da 7 anni (83%) ed è rimasta quasi intatta (81%) nel dicembre 2022 dopo le sanzioni occidentali. La leadership russa ha preparato la società per una guerra su larga scala con l’Occidente. Dall’ascesa al potere di Putin nel 2000 la propaganda russa ha sistematicamente affermato che l’obiettivo dell’Occidente è quello di distruggere la Russia, di appropriarsi delle sue risorse naturali e  rovesciare i suoi tradizionali valori (Estonia, Ministry of Defense, 2023: 5). La politica occidentale non ha fatto granché per contraddire queste tesi e l’espansione ad Est della NATO è stato un grande errore politico.

Se anche il PIL russo dovesse crollare, nello scenario peggiore, del -5,6%, la perdita ammonterebbe a meno di 100 miliardi di dollari, una cifra trascurabile per un paese che ha assunto come priorità la distruzione dell’avversario e ha messo in secondo piano il tema del suo benessere economico (Estonia, Ministry of Defense, 2023: 5).

La Russia si appresta quindi ad una lunga guerra di logoramento, una strategia molto simile a quella adottata nel 1916, durante la Prima Guerra Mondiale, a Verdun, dal capo di stato maggiore tedesco Erich von Falkenhayn. Il principio strategico è molto semplice: si punta al logoramento dell’avversario che è costretto ad attaccare per liberare il proprio territorio, la cui occupazione assume un valore simbolico negativo per la tenuta del morale nazionale. Il conflitto sul piano tattico assume le caratteristiche di una guerra di posizione in cui con i suoi attacchi l’avversario si  dissangua cozzando contro le difese nemiche. Le difese russe sono state definite dal Centro per gli Studi Strategici e Internazionali “le più estese opere difensive in Europa a partire dalla Seconda Guerra Mondiale”. In questo tipo di conflitto l’artiglieria e i droni assumono il ruolo di armi principali, sia per sostenere l’attacco sia per lo sbarramento difensivo. 

Dalla fine della battaglia di Bachmut, fine maggio 2023, quando i russi hanno ripreso l’iniziativa dopo la controffensiva ucraina dell’agosto-maggio 2022, il fronte si è sostanzialmente stabilizzato per una guerra di lunga durata. La seconda controffensiva ucraina avviata all’inizio di giugno 2023 procede con estrema lentezza e, almeno fino ad oggi, con successi limitati. Dal giugno 2023 le posizioni sul campo si sono dunque invertite: l’invasore tende ad assumere una attitudine prevalentemente difensiva, mentre l’esercito ucraino ha preso l’iniziativa, sopportando il conseguente logoramento per scardinare le consistenti difese nemiche.   

Se questa è la caratteristica assunta dal conflitto, la sua durata dipenderà essenzialmente dall’aiuto occidentale all’Ucraina.  Il logoramento a questo punto non cade più sull’Ucraina, ma sull’intera alleanza occidentale che dovrà assicurare crescenti forniture di armi, assecondando anche l’inevitabile escalation nel loro uso, come dimostra l’autorizzazione concessa dagli Stati Uniti per l’uso di bombe a grappolo, vietate dalla Convenzione internazionale per la loro pericolosità verso la popolazione civile.

La tabella 4 mostra il divario tra Russia e Ucraina in termini di armamento pesante, necessario per una guerra di logoramento (dati Gennaio 2023). L’Ucraina da tempo non ha più una forza militare autonoma e dipende integralmente dalle forniture occidentali stabilite con accordi bilaterali. La tabella 5 mostra la consistenza dell’arsenale occidentale (dati Gennaio 2023).

Tab. 4. Stock di armamento pesante russo e ucraino (in unità, Gennaio 2023)

Tab. 5. Stock di armamento occidentale (in unità, Gennaio 2023)

              Fonte: Kiel Institute, 2023: 39

L’aiuto complessivo all’Ucraina (militare, umanitario e finanziario) proveniente da 41 paesi, in un anno di guerra, ammonta a 143,63 miliardi di euro (Kiel Institute, 2023: 25), ripartiti secondo quanto mostrato dalla tabella 6.

Tab. 6. Aiuti totali forniti all’Ucraina (dati in miliardi di euro, Gennaio 2023)

                         Fonte: Kiel Institute, 2023: 25

Per sostenere adeguatamente una guerra di logoramento di lunga durata come quella che ormai si profila in Ucraina, allo scopo di piegare la forza militare russa, dispiegata per il momento in minima parte, il termine di confronto in termini di risorse non può che essere il sostegno Lend-Lease degli Stati Uniti alla Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale, pari a 315 miliardi di euro odierni (aggiustati per l’inflazione) e a circa 70 miliardi di euro odierni in media per anno (Kiel Institute, 2023: 44). Il sostegno della Gran Bretagna da parte degli Stati Uniti attraverso il Lend-Lease corrispose al 14,2% del PIL statunitense in totale, e al 3,2% del PIL degli Stati Uniti se calcolato in media su base annua. Il sostegno Lend-Lease all’Unione Sovietica  fu pari al 5,6% del PIL degli Stati Uniti in totale, e all’1,4% in media all’anno. Il sostegno  degli Stati Uniti o del Regno Unito impegnati in Ucraina nel 2022 è stato pari allo 0,21% e allo 0,18% del PIL rispettivamente (Kiel Institute, 2023: 44). Da questi dati si può notare che, fino ad ora, l’impegno occidentale e nei confronti dell’Ucraina è stato più consistente nelle parole che nei fatti.

L’impegno occidentale verso l’Ucraina appare, infatti, inadeguato anche se confrontato con una guerra di proporzioni analoghe, come la Guerra del Golfo del 1991, che, come è noto, fu causata dall’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq.  La tabella 7 mostra l’impegno in termini di percentuale del PIL degli Stati Uniti per la Prima Guerra del Golfo (16 gennaio 1991 –  28 febbraio 1991, poco più di un mese di guerra combattuta) confrontato con l’impegno speso in Ucraina (in un anno intero).

Tab. 7. Confronto impegno Usa nella Prima Guerra del Golfo e in Ucraina

(in percentuale del PIL, Gennaio 2023)

                Fonte: United States Congress, 2010: 2

La tabella 8 offre un’altra comparazione dei costi sostenuti dagli Stati Uniti in percentuale del PIL in diversi conflitti a cui ha partecipato.

Tab. 8. Impegno finanziario degli Stati Uniti in percentuale del PIL nei conflitti in cui è stato coinvolto

                Fonte: United States Congress, 2010: 2

Nonostante la retorica con cui viene presentato l’impegno occidentale in questa guerra, fino ad ora sono state concesse risorse che, seppur ingenti, sono del tutto inadeguate a sostenere gli ambiziosi obiettivi di Kiev, che punta non solo a liberare i territori occupati dai russi dal febbraio 2022, ma anche a riconquistare la Crimea annessa dai russi nel 2014 e ricostruire lo status quo ante.

            Gli obiettivi di Kiev potranno essere realisticamente realizzati solo se il sostegno occidentale sarà adeguato, questo significa che il coinvolgimento nella guerra dei paesi occidentali, almeno in termini di risorse, se non di uomini, dovrà essere sempre più ampio.

La tabella 9 mostra la spesa militare di Stati Uniti, Russia Ucraina e di altri paesi (coinvolti o non nel conflitto) nel 2022 e la tabella 10 mostra la variazione percentuale rispetto al 2021. La variazione della spesa militare russa e ucraina è stata ovviamente la più consistente (quella dell’ucraina è stata del 640% non rappresentabile in tabella), ma in termini assoluti i primato del budget destinato alla difesa resta agli Stati Uniti.

Tab. 9. Spesa militare in miliardi di dollari nel 2022

Fonte: Forecast International, 2023: 4

Tab. 10. Variazione percentuale della spesa militare nel 2022 rispetto all’anno 2021

Fonte: Forecast International, 2023: 4

            La tabella 11 mostra la consistenza della spesa militare nel 2022 come percentuale del PIL. Si noti come l’Ucraina si sta dissanguando in relazione al più contenuto impegno della Russia, rispetto alla ricchezza totale del paese. Tra i paesi dell’Unione Europea, la Germania ha il più alto livello di spesa militare in percentuale del PIL.

                Tab. 11. Spesa militare in percentuale del PIL (anno 2022)

                  Fonte: SIPRI, 2023: 2

Nella tabella 12 è indicata la quota percentuale di spesa attribuibile a ciascuna paese rispetto al totale mondiale di spesa militare. Gli Stati Uniti hanno senza dubbio il primato nella spesa militare, seguiti a larga distanza dalla Cina, sorprende il dato della Russia che ha valori allineati ad altri paesi occidentali.

Tab.12. Spesa militare come percentuale della spesa mondiale (anno 2022)

Fonte: SIPRI, 2023: 2

Se si vuole sostenere la causa ucraina, la spesa militare dovrà necessariamente aumentare in tutti i paesi occidentali, a scapito delle risorse utilizzabili per fini alternativi, come la sanità o l’istruzione. Se per gli Stati Uniti il complesso-militare industriale fin dai tempi della guerra fredda è un elemento fondamentale della struttura economica americana, nell’Unione Europea non ha un  bilancio comune sulla difesa e quindi deve negoziare con i singoli paesi il maggiore impegno per sostenere la guerra in Ucraina e il proprio sistema difensivo. Il piano UE del maggio 2022 prevede di superare questo ostacolo istituendo una Defence Joint Procurement Task Force che dovrebbe definire un sistema per gli appalti congiunti della difesa.

Un ulteriore problema è dato dalla proposta francese di  realizzare l’indipendenza strategica europea annullando le forniture militari dagli Stati Uniti e da altri paesi extra-UE (attualmente l’Unione acquista circa il 60% delle sue risorse militari al di fuori dell’Europa). La tabella 13 mostra la quota di mercato detenuta dai maggiori paesi esportatori di armi (media 2017-2021): si può notare che la Francia è al terzo posto e sarebbe il paese più avvantaggiato da una eventuale politica europea mercantilistica in tema di forniture militari, una opzione che certo non incontra il favore di altri paesi europei.

Tab.13. Quota percentuale di mercato dei paesi esportatori di armi (media anni 2017-2021 e 2012-2016)

  Fonte: SIPRI. 2022: 2

La Commissione ha proposto un investimento di 500 milioni di euro in due anni per sostenere l’appalto congiunto di armi, chiedendo il sostegno della Banca europea per gli investimenti per la politica di difesa. Tuttavia, ancora una volta, le misure concrete sono molto distanti dagli obiettivi politici dichiarati. Se questa è la cifra stanziata, coprirebbe il costo di pochi jet (per esempio un caccia multiruolo DASSAULT RAFALE costa circa 90 milioni di dollari, Barigazzi, 2022). A complicare ulteriormente la situazione si pone il problema della estrema eterogeneità degli armamenti, che evidentemente seguono le tradizioni militari e gli interessi industriali nazionali: di fronte ad un solo modello di carro armato prodotto negli Stati Uniti, in Europa se ne producono ben dodici tipi  (Barigazzi, 2022).

Un altro problema politico non ancora risolto riguarda il cosiddetto Burden Sharing, cioè la distribuzione del costo del sistema di difesa comune dell’Alleanza Atlantica tra i paesi membri. I Summit NATO, svoltosi in Galles nel settembre 2014 e a Varsavia nel 2016  (Defence Investment Pledge),  hanno stabilito che ciascuna nazione alleata, entro il 2024, deve raggiungere il tetto del 2% delle spese per la difesa rispetto al PIL, con il 20% della quota del budget della difesa da destinare agli investimenti.  Secondo le stime NATO riferite al 2023 i paesi che hanno raggiunto l’obiettivo della quota 2% del Pil in spesa per la difesa sono soltanto undici su trenta (NATO, 2023, si veda tabella 11)[3]. Nei prossimi anni quindi la spesa militare nei paesi occidentali (tra cui l’Italia) è destinata ad aumentare ancora, indipendentemente dagli esiti della guerra in Ucraina, ovviamente a scapito di altre voci di spesa pubblica.

Ma l’incremento della spesa militare non è l’unico costo materiale che l’Occidente sta sopportando per questa guerra. Il conflitto ha indubbiamente rafforzato la tendenza all’aumento dei prezzi dell’energia, già in crescita nella ripresa post pandemica. Il grafico 1 mostra l’entità dell’incremento del prezzo del gas naturale in termini di numero indice, che ha subito una sensibile accelerazione nei mesi seguenti l’invasione, addirittura raddoppiando in poche settimane.

Graf.1. Indice prezzo gas naturale (2010 = 100)

Fonte: World Bank Commodity Price Data

A causa dell’aumento dei costi energetici legati alla guerra, il numero di persone che vivono in condizioni estreme la povertà nel mondo è aumentata nel 2022 tra 75 e 141 milioni (a seconda delle diverse stime, Conetta, 2023: 2), soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ma gli effetti negativi si sono fatti sentire anche nei paesi più sviluppati. Secondo The Economist l’aumento dei costi energetici, anche in inverno mite come quello del 2022-2023 avrebbe causato almeno 32.000 morti in eccesso in Europa (The Economist, 26 Nov 2022). Il caso della Germania lo conferma: con 8.000 morti in più nel dicembre 2022 rispetto al dicembre 2021 (Federal Statistics Office Germany, Gennaio 2023; Conetta, 2023: 2). Anche i prezzi dei beni alimentari sono drasticamente aumentati globalmente del 14% nel 2022, ma l’incremento è stato molto più forte per i paesi più poveri, raggiungendo il 25%. L’ONU stima che, di conseguenza, il numero di persone che soffrono l’insicurezza alimentare acuta è passata da 282 milioni alla fine del 2021 alla cifra record di 345 milioni nel 2022, registrando un aumento di 63 milioni (circa il 18% del totale).

Si è registrata una contrazione della produzione globale di circa 3.000 miliardi di dollari, con una stima di riduzione della crescita globale dal 6% nel 2021 al 2,6% nel 2023, con l’effetto di porre inevitabilmente, nel prossimo futuro,  sotto stress tutti i sistemi di protezione sociale per gli effetti sui volumi di occupazione (OECD, 2022; IMF, 2022).

            È chiaro, dunque, che se l’obiettivo dichiarato dai politici occidentali è quello di ristabilire lo status quo ante il 2014, cioè quello di restituire all’Ucraina tutti i suoi territori occupati dalla Russia, il sostegno militare agli ucraini dovrà aumentare nei prossimi mesi in maniera consistente, altrimenti il conseguimento di questo obiettivo non è realistico, ed è solo un annuncio propagandistico. Lo scenario che si profila, se si vuole veramente perseguire obiettivo del ripristino della integrità territoriale dell’Ucraina, è quindi molto simile all’escalation della guerra del Vietnam, in cui per sostenere il governo alleato di Saigon, gli Stati Uniti impiegarono risorse umane e materiali crescenti. Tale scelta adottata in paesi democratici richiederebbe ovviamente un vasto consenso per l’impiego di ingenti risorse e anche per sopportare l’inevitabile sacrificio di vite umane. Ma non è questo lo scenario più probabile. La previsione più realistica è che il conflitto russo-ucraino continuerà a svolgersi come una guerra di posizione e di logoramento, con l’Ucraina che continuerà a ricevere il sostegno dall’Occidente e la Russia che rinunciando alle grandi offensive, difenderà prioritariamente i territori occupati, concentrando puntate offensive in aree limitate, accrescendo, villaggio dopo villaggio, il territorio occupato, o limitandosi a contenere le offensive ucraine sulle poderose linee difensive approntate. Tutto questo finché uno dei due contendenti non crollerà per effetto di un collasso interno o di un cambiamento di regime, eventi che nel breve termine appaiono improbabili.

            Un terzo scenario sarebbe rappresentato dalla ricerca di una soluzione diplomatica del conflitto, ma che per il momento risulta molto difficile realizzare, in quanto qualsiasi approccio con il regime russo è stato considerato come una riproposizione della fallimentare politica di appeasement  perseguita negli anni Trenta nei confronti della politica espansionistica del nazismo.

            Il confronto dell’Occidente con la Russia di Putin continuerà quindi sacrificando l’Ucraina.

Riferimenti

Barigazzi, Jacopo. 2022. “L’Unione Europea mira a potenziare il mercato interno delle armi”, Scienza & Pace Magazine, Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace, https://magazine.cisp.unipi.it/unione-europea-mira-a-potenziare-il-mercato-interno-delle-armi/

Center of Economic Recovery – Civita. 2022. Real Ways to stop the War in Ukraine. Aprile 2022

Conetta, Carl. 2023. “Catastrophe: The Global Cost of the Ukraine War”, Project on Defense Alternatives, 2 May 2023

Cooper, Julian. 2023. “Russia’s Military  Expenditure During   its War Against Ukraine”, SIPRI Insights on Peace and Security, No. 2023/07, June 2023

Estonia, Ministry of Defense. 2023. Russia’s War in Ukraine:  Myths and Lessons. Discussion Paper

Evenett, Simon – Pisani, Niccolò, 2023. Less than Nine Percent of Western Firms Have Divested from Russia”. Available at SSRN: http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.4322502

Forecast International. 2023. Global Defense Spending. Annual Snapshot 2023

IMF. 2022. “Countering the Cost-of-living Crisis,” IMF, 02 Oct 2022. https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2022/10/11/world-economic-outlook-october-2022

Kiel Institute for the World Economy. 2023. The Ukraine Support Tracker:  which Countries Help Ukraine and How?”, Kiel Working Paper, No. 2218 February 2023

NATO. 2023. Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2023), 07 July 2023 https://www.nato.int/cps/en/natohq/news_216897.htm

OECD. 2002. “Interim Economic Outlook warns of pervasive global economic slowdown,“ OECD, 26 Sep 2022. https://www.oecd.org/newsroom/oecd-interim-economic-outlook-warns-of-pervasive-global-economic-slowdown.htm

Rácz,  András –  Spillner, Ole  – Wolff, Guntram, 2023. “Russia’s War  Economy. How Sanctions Reduce Military Capacity”,  DGAP Policy Brief, German Council on Foreign Relations (DGAP), No. 3, February 2023

SIPRI. 2022. “Trends in International Arms Transfers, 2021”, Stockholm International Peace Research Institute, Fact Sheet, March 2022

SIPRI. 2023. “Trends in World Military Expenditure, 2022” Stockholm International Peace Research Institute, Fact Sheet, April 2023

Sonnenfeld, Jeffrey – Tian, Steven – Sokolowski, Franek – Wyrebkowski, Michal – Kasprowicz, Mateusz. 2022.  “Business Retreats and Sanctions are Crippling the Russian Economy,” YALE Chief Executive Leadership

United States Congress. 2010. “Costs of Major U.S. Wars”, Congressional Research Service Report for Congress, June 2010


[1] Reperibili sul sito https://github.com/leedrake5/Russia-Ukraine. I dati sulle perdite non sono tuttavia completamente attendibili. Il sito WEB Oryx precisa che l’elenco “comprende solo i veicoli e le attrezzature distrutti di cui è disponibile prova fotografica o videografica. Pertanto, la quantità di apparecchiature distrutte è notevolmente superiore a quella qui registrata. Le munizioni vaganti, i droni utilizzati come esche senza pilota, i veicoli civili e le attrezzature abbandonate non sono inclusi in questo elenco” (https://www.oryxspioenkop.com/2022/02/attack-on-europe-documenting-equipment.html).

[2] La Russia, come rivela il sito WEB Oryx, sta utilizzando carri armati risalenti agli anni Sessanta (T62) e addirittura agli anni Cinquanta (T54 e T55), opportunamente riammodernati negli anni Ottanta. Molto scarso è l’impiego dei più moderni T90, tenuti come riserva strategica.

[3] Oltre agli Stati Uniti (3,49%), sono in linea con l’obiettivo del 2% la Polonia (3,9%), la Grecia (3,01%), l’Estonia (2,73%), la Lituania (2,54%), la Finlandia (2,45%), la Romania (2,44%), l’Ungheria (2,43%), la Lettonia (2,27%), il Regno Unito (2,07%) e la Slovacchia (2,03%).

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