Sei Lezioni di Economia – recensione a Sergio Cesaratto

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Political and social notes

Con le vivaci Sei Lezioni di Economia (Imprimatur, agosto 2016) Sergio Cesaratto continua la sua opera di spiegazione dei problemi dell’euro e dell’economia italiana a un pubblico più vasto di quello degli specialisti. Dopo aver curato sull’argomento due importanti raccolte di saggi non accademici ma rivolti pur sempre a lettori con una certa competenza su questioni di economia (con Riccardo Realfonzo, Rive Gauche, Critica della Politica Economica, 2006, ManifestoLibri; con Massimo Pivetti, Oltre l’austerità, ebook, 2012, www.micromega.net), questa volta Cesaratto mira a un pubblico ancora più vasto, di persone interessate ma pressoché senza precedenti studi di economia. Per aiutarle a non accettare il servilismo dei media verso la teoria economica dei ‘pugilatori a pagamento’ che è servita a giustificare la struttura degli accordi sull’euro (servilismo che io ho trovato particolarmente evidente, per fare un esempio, nelle scelte di Repubblica su chi invitare a commentare la politica economica), egli inizia con una introduzione all’approccio teorico classico-keynesiano e a perché esso è scientificamente superiore a quello marginalista o neoclassico che domina libri di testo e discorsi ufficiali. Le prime tre lezioni spiegano la nozione di sovrappiù, come sono stati sormontati i difetti della teoria del valore-lavoro senza rinunciare alle caratteristiche importanti dell’impostazione classica e di Marx, perché l’impostazione marginalista o neoclassica è indifendibile (la critica ‘Sraffiana’), e il principio Keynesiano della domanda effettiva, che supera la legge di Say e permette di combinare l’impostazione classica su prezzi e distribuzione del reddito con una comprensione di crisi e crescita economica quale neppure Marx raggiunse. Le tre lezioni successive discutono moneta e vincolo estero, l’economia italiana dal secondo dopoguerra a oggi, e la politica monetaria della Banca Centrale Europea. Seguono due appendici un po’ più tecniche, sull’evoluzione dei bilanci della BCE sotto Draghi, e su Target2. Lo stile è colloquiale, con battute, e interazioni con un ipotetico intervistatore, che rendono la lettura divertente e scorrevole.

Nelle prime tre lezioni Cesaratto ha dovuto scegliere tra semplicità e completezza, e ha optato per la prima, ricorrendo spesso all’intuizione; il più delle volte la cosa funziona, ma qua e là avrei preferito qualche spiegazione in più, ad esempio per aiutare di più il lettore ad afferrare come funziona il moltiplicatore keynesiano. Inoltre personalmente avrei sottolineato ancora di più le enormi perdite di produzione potenziale e di crescita della capacità produttiva che possono essere causate da una bassa domanda aggregata, è una cosa che davvero sfugge alla percezione popolare. Dalla quarta lezione in poi il testo è semplicemente ammirevole per come riesce a illustrare questioni anche complesse in maniera chiara e vivace. Ad esempio viene spiegato molto bene come non sia la creazione di moneta che permette alle banche di fornire prestiti, bensì sia la concessione di prestiti che crea la moneta. Altrettanto bene viene spiegato come  funziona Target2, e su che base l’economista tedesco Werner Sinn ha potuto accusare Target2 di permettere a Italia Spagna ecc. di continuare a vivere ‘al di sopra dei propri mezzi’.

La tesi centrale che emerge è che l’euro e le politiche di austerità sono parte di un progetto a lunga scadenza di annullamento delle conquiste ‘socialdemocratiche’ (sicurezza del posto di lavoro, sanità pubblica, pensioni ecc.) conseguite dal mondo del lavoro dipendente europeo dopo la seconda guerra mondiale. Questo progetto sta conseguendo i suoi scopi, e al contempo sta funzionando a favore dell’economia più forte, quella tedesca. Per cui è irrealistico sperare in mutamenti della struttura istituzionale dell’euro, la Germania porrebbe il veto. La volontà di politica mercantilista della Germania (esportare, esportare) blocca ogni possibilità di espansione concordata delle economie europee, causa indebolimento sempre maggiore delle nazioni costrette a tagli della spesa pubblica, e avrebbe già fatto saltare l’euro se non ci fosse stato Draghi a intervenire per evitare defaults di Spagna o Italia, rallentando (ma non fermando) il loro indebolimento, e chiedendo in cambio privatizzazioni e ‘flessibilizzazione’ dei mercati del lavoro, cioè portando avanti il progetto liberista di fondo. Conviene allora uscire dall’euro? Cesaratto conclude che converrebbe, ma la paura popolare degli effetti di una uscita unilaterale ‘a freddo’ è tale che “Se l’euro franerà, sarà attraverso un crollo a caldo” per via di una qualche grossa crisi. La questione è però trattata solo verso la fine, lo scopo principale del libro non è riesaminare il dibattito sui pro e contro di un’uscita, ma fornire in modo semplice le premesse per avvicinarsi a questo dibattito senza farsi fuorviare da discorsi apologetici sul ruolo dell’euro, sui mali del debito pubblico, o sulla capacità del mercato di aggiustare tutto. E ci riesce.

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