Flessibilità e sicurezza? Come cresce il debito dei lavoratori

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Common sense economic policies of almost all the European govern¬ments has been crossed by important reforms of the labor market towards higher levels of deregulation, redefinition of the welfare system and decline or stagnation in real wages. Is there a direct or indirect correlation between these policies and soaring forms of indebtedness of private households?

…The buyin’ power of the proletariat’s gone down Money’s gettin’ shallow and weak well, the place I love best is a sweet memory

It’s a new path that we trod They say low wages are a reality  If we want to compete abroad…

(Bob Dylan, Modern Times 2006)

 

Premessa

Il senso comune delle politiche economiche della quasi totalità dei governi europei è stato attraversato dalla metà degli anni ’90 da un insieme di riforme e suggestioni essenzialmente caratterizzate da:

  • Importanti processi di riforma del mercato del lavoro caratterizzati da dinamiche di deregolamentazione;
  • ridefinizione dei sistemi di welfare;

La genesi concettuale di tali politiche può essere rintracciata nei presupposti teorici presenti nel libro bianco per la competitività, crescita, occupazione dell’Europa comunitaria di Jacques Delors[1] (1993). Un ulteriore fenomeno emerso con estrema chiarezza nelle maggior parte dei paesi Europei dalla fine degli anni ‘90 è il costante aumento del livello di indebitamento privato delle famiglie rispetto al reddito disponibile (Grafico.1).

Fig. 1 Debito privato rispetto al reddito disponibile (1996/2013)

flexecurity debito

Fonte Ocse

Obiettivo del Paper è quello di indagare sulla possibile esistenza di una relazione tra le politiche di deregolamentazione del lavoro e l’aumento dell’indebitamento delle famiglie europee, anche in considerazione delle dinamiche emerse nella crisi economica del 2008. Alcune delle rappresentazioni conoscitive più rivelanti sull’aumento del debito privato familiare nei paesi occidentali richiamano concetti quali: austerità nelle politiche economiche, maggiore complessità delle forme di riproduzione sociale della forza lavoro e come elemento di interpretazione complessiva la sempre più evidente dimensione finanziaria del capitalismo contemporaneo[2]. Il paper proposto tenterà di  presentare una ulteriore spiegazione: la crescente deregolamentazione del lavoro dipendente, interpretando la liberalizzazione del lavoro e l’aumento dell’indebitamento privato come differenti fenomeni generati, però, da una stessa comune radice concettuale, la natura finanziaria del capitalismo contemporaneo[3].

La Liberalizzazione del Lavoro

Il concetto di Flexicurity appare estremamente interessante perché tale dottrina, proposta originariamente come uno strumento innovativo in grado di assicurare processi tendenzialmente orientati verso una piena e più giusta occupazione con la promessa anche di un minore impegno lavorativo e una più alta qualità dello stesso, nel succedersi degli anni si è trasformata in una misura giudicata indispensabile per limitare gli effetti drammatici dell’incremento della disoccupazione strutturale. A partire dagli anni Novanta con il termine Flexicurity ci si riferisce, infatti, a uno specifico strumento di policy che implica una riforma del mercato del lavoro e un sistema di protezione sociale[4] ben determinati (Barbier, Colomb, Madsen, 2009) tanto da rimettere in discussione gli schemi di politiche attive e passive dei vari Stati UE. S. Rosati (2013), Osservatorio, ISFOL. Nel mirino di molti economisti, istituzioni culturali e autorità nazionali e comunitarie è entrato come obiettivo primario la diminuzione della «rigidità» del mercato de lavoro, rappresentata dalle diverse forme di onerosità delle norme poste a protezione dell’impiego.

Le Componenti della Flexicurity

Un adeguato sistema di flessibilità e sicurezza comporta non soltanto un insieme di interventi  riferibili al mercato del lavoro ma anche una necessaria azione di ricomposizione della spesa pubblica per la sicurezza sociale. Una dinamica di regolamentazione del mercato del lavoro basata sul principio della Flexicurity produce, infatti, un continuo Trade – Off tra alterabilità della forza di protezione lavorativa dai licenziamenti e variazioni nella struttura della spesa per la sicurezza sociale. Tale processo impone, quindi, inevitabilmente una ridefinizione delle risorse finanziarie indirizzate alla salvaguardia sociale dei lavoratori. In particolare, viene considerato come flessibile un sistema di protezione sociale con consistenti investimenti nelle azioni di sostegno ai lavoratori sul mercato del lavoro. Tali modelli tendono a rappresentare mercati del lavoro transizionali, in cui l’esperienza lavorativa raffigura solo una delle diverse fasi che attraversa il lavoratore[5].  In tal modo la Flexicurity pone la cedevolezza delle protezioni lavorative dai licenziamenti in una condizione di riparo dalle minacce persistenti di costante precarizzazione e isolamento sociale.

Una analisi attenta della correlazione tra flessibilità e indebitamento privato non può, quindi, omettere ulteriori variabili riferibili alla spesa per la sicurezza sociale. In particolare per analizzare compiutamente un modello efficace di Flessibilità e Sicurezza appare necessario esaminare due ipotetici ideal tipi di distribuzione finanziaria della spesa sociale:

  • con livelli intensi di spesa pubblica pensionistica e bassi livelli di spesa per la protezione nel mercato del lavoro, si tende a rappresentare un mercato del lavoro  non totalmente estraneo alla struttura tradizionale/fordista (Status Professionale assicurativo conservatore) e non perfettamente allineato ad un compiuto sistema di Flexicurity;
  • con alta spesa pubblica per la sicurezza sociale sul mercato del lavoro ed una minore spesa per le politiche passive, si sostiene, invece, una maggiore corrispondenza verso sistemi di regolamentazione del lavoro transizionali (Supiot, 1999).

Alla luce di tali considerazioni, proviamo a porre in relazione l’indebitamento privato con le due dinamiche di spesa sociale descritte. Nella prima rappresentazione (Fig. 4), si evidenzia la relazione tra indebitamento e spesa pensionistica, osservando come ad una suo più intenso incremento corrisponda una minore crescita del livello di indebitamento.                 

Fig. 2 Correlazione Spesa Pensionistica Indebitamento

flexecurity debito

Fonte OCSE dati 2013

Nella relazione tra quota della spesa attiva sul mercato del lavoro e indebitamento si osserva invece una dinamica di segno contrario: ad un aumento della spesa attiva per la sicurezza sociale corrisponde un costante aumento dell’intensità di indebitamento (v. Fig. 5).

Fig. 3 Correlazione Spesa Pubblica sul mercato del lavoro Indebitamento

flexecurity debito

Fonte OCSE dati 2013 

Concludendo, scomposto il concetto di Flexicurity nelle sue variabili costitutive, possiamo realizzare finalmente una analisi più accurata del livello di correlazione tra l’indebitamento familiare e compiuti sistemi di Flexicurity. Componiamo, quindi, una analisi multivariata in cui l’indebitamento costituisce la variabile dipendente, mentre il livello di protezione dai licenziamenti e l’intensità della spesa sociale sono le variabili indipendenti.

Nella prima rappresentazione (Fig. 4), vengono considerate due variabili indipendenti: il valore dell’EPL e la spesa per la sicurezza sociale sul mercato del lavoro rispetto al Pil. Quello che emerge è una dinamica di maggiore indebitamento per quei paesi caratterizzati da basso EPL e alta spesa per prestazioni sociali condizionanti sul mercato del lavoro.

Fig. 4 Analisi Multivariata Flexicurity Indebitamento

flexecurity debito

Fonte OCSE dati 2013

La tendenza appare di segno contrario nella seconda rappresentazione (Fig. 4). In questo caso vengono considerate due variabili indipendenti: il valore dell’EPL e la spesa pubblica pensionistica in rapporto al Pil. Quello che emerge è che maggiore spesa sociale passiva insieme a livelli di maggiore protezione del lavoro determinano dinamiche di minore indebitamento.

Fig. 5 Analisi Multivariata Flexicurity Indebitamento

flexecurity debito

Fonte OCSE dati 2013

La condizione migliore per determinare livelli intensi di indebitamento familiare sembra essere, quindi, quella di sistemi caratterizzati da EPL Bassi, Spesa pensionistica Bassa, Spesa sul mercato del lavoro alta (v. Tab. 1).

Tab. 1 Classificazione Paesi Flexicurity – Indebitamento

PAESE EPL_TEMP S_PENS. S_MERC_LAV INDEBIT.
Czeck Repubblic Basso Medio Basso Basso
Germany Basso Medio Basso Basso
Slovak Repubblic Medio Basso Basso Basso
Poland Medio Medio Basso Basso
Slovenia Medio Medio Basso Basso
Italy Medio Alto Medio +Basso
Greece Alto Alto Basso Basso
UK Basso Basso Alto Medio
Finland Basso Medio Medio Medio
Austria Basso Alto Medio Medio
Belgium Alto Medio Medio Medio
Spain Alto Medio Alto Medio
France Alto Alto Medio Medio
Olanda Basso Basso Medio Alto
Ireland Basso Basso Alto Alto
Denmark Basso Basso Alto Alto
Portugal Medio Alto Medio Alto

Considerazioni Finali

Perché un sistema di regolamentazione del mercato del lavoro flessibile e tendenzialmente sicuro aumenta la tendenza di accesso al credito delle famiglie? Cosa provoca tale dinamica nei modelli di più efficace applicazione dei sistemi di Flexicurity? Per riuscire ad analizzare ed interpretare al meglio tale fenomeno, occorre studiare le implicazioni macroeconomiche che tale processo determina. In particolare, una analisi effettuata da Aldo Barba e Massimo Pivetti  sull’indebitamento delle famiglie americane,  Rising household debt: Its causes and macroeconomic implications—a long-period analysis,  sembra fornirci una interessante chiave interpretativa. Per i due autori, infatti, in una fase di stagnazione dei salari reali perdurante, l’indebitamento svolge una funzione di mantenimento di alti livelli di domanda aggregata. Through household debt, low wages appear to have been brought to coexist with relatively high levels of aggregate demand, thus providing the solution to the contradiction between the necessity of high and rising consumption levels, (Barba, Pivetti, 2008). Tale dinamica appare, non neutra, ma generata da una manifesta razionalità economica, il capitale finanziario. Tramite l’aumento del livello dell’indebitamento e del numero delle famiglie indebitate, infatti, il sistema produttivo finanziario riesce a realizzare un persistente equilibrio economico a lui vantaggioso nella dinamica relazionale tra capitale e lavoro:

  • coesistenza di bassi salari con livelli sostenuti di domanda aggregata;
  • assenza di interventi pubblici per l’aumento della domanda aggregata;
  • determinazione di maggiori quote di accumulo di profitto generato dagli interessi dai lavoratori indebitati (crediti – titoli);
  • persistenza di un basso costo del lavoro, facilitato dalla necessità della forza lavoro di accettare qualsiasi tipo di occupazione, anche con basse qualifiche e bassi salari, sottoposta all’obbligo di ripagare i debiti contratti.

Tali presupposti teorici, presenti nel lavoro dei due studiosi italiani, possono essere trasferiti, nella nostra analisi, in riferimento alla natura della correlazione tra Flexicurity e Indebitamento. Anche un efficace modello di Flexicurity colloca, infatti, in una situazione di contenimento le dinamiche persistenti di pressione salariale, allontanando i lavoratori dalla precarizzazione estrema mantenendoli, però, su livelli salariali discontinui e tendenzialmente bassi. La struttura del salario tende ad essere fissata sempre più, nel più basso rapporto fra reddito percepito e sostegni pubblici reddituali condizionanti, percepiti nelle fasi transizionali di disoccupazione involontaria. L’indebitamento, anche in questo caso, è l’unico strumento in grado di garantire una dinamica di sostegno alla domanda di beni e servizi, rappresentando una situazione vantaggiosa per il capitale finanziario[6]. La Flexicurity assicura al lavoro deregolamentato la sua occasione per indebitarsi e al capitale finanziario la migliore condizione per trarne vantaggi.

Studi come quelli di Aldo Barba, Massimo Pivetti, Mario Pianta, Maurizio Franzini, Andranik Tangian hanno evidenziato forti dubbi sulla sostenibilità nelle fasi di crisi di questo sistema, oltre all’evidente innesco di dinamiche incontrollate di aumento delle disuguaglianze. L’aumento del rapporto aggregato indebitamento/reddito, insieme a esperienze occupazionali fragili e discontinue hanno avuto, infatti, forti implicazioni di carattere macroeconomico, nella determinazione delle cause scatenanti la crisi finanziaria del 2008. In tale situazione, la recessione colpendo lavoratori flessibili o con bassi salari ha determinato fenomeni di insolvenza debitoria di grande intensità. L’aumento dell’insolvenza, secondo la logica esposta, in assenza di corrette dinamiche salariali, ha determinato il crollo della domanda di beni e servizi, producendo indirettamente conseguenze drammatiche sui livelli occupazionali della forza lavoro. In una prospettiva teorica keynesiana, infatti, la domanda di lavoro manifestata dalle imprese scaturisce essenzialmente dalla domanda di beni e servizi attesa[7]. Così, la crisi del 2008 e la successiva recessione del 2009, interessate da tale processo, non hanno avuto solo effetti di drastica riduzione salariale, ma hanno prodotto, anche, imponenti manifestazioni di disoccupazione di massa.

* INAPP – Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche

 

Riferimenti

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[1] Tra il 1969 e il 1973 Delors fu anche segretario generale presso il primo ministro per la formazione professionale e la promozione sociale francese Delors fu tra i principali ispiratori del progetto politico riformista della Nouvelle Société portato avanti dal governo di Chaban-Delmas ed elaborò tra le altre cose delle riforme al diritto del lavoro e una legge sulla formazione permanente. Centrale nella teorizzazione di una nuova strategia per la crescita e l’occupazione europea nel suo libro bianco è la riforma del mercato del lavoro, considerato troppo rigido in termini legislativi, in riferimento all’organizzazione dell’orario di lavoro, a livello di retribuzioni, di mobilità e di adeguamento dell’offerta di lavoro alle esigenze della domanda. La riorganizzazione degli orari di lavoro viene considerata come un aspetto importante sia al fine di aumentare la flessibilità del mercato del lavoro, che per i riflessi in termini di nuova occupazione. Infatti, appare necessario rimuovere gli ostacoli di carattere normativo che riguardano l’organizzazione degli orari ed il lavoro a tempo parziale. Al contempo si esplicita come sia necessario impedire che chi desideri adottare un orario di lavoro ridotto sia meno tutelato dal punto di vista sociale o subisca condizioni di lavoro inferiori.

[2] Si vedano in tal senso gli interessanti lavori di David Harvey L’enigma del capitale  Andrew Ross (2015)  Creditocrazia,  e il rifiuto del debito illegittimo, Ombre Corte, Roma, –   David Graeber, (2011), Debito I primi 5.000 anni, Il Saggiatore – Degryse, C. and P. Pochet (2009) Paradigm shift: social justice as a prerequisite for sustainable development. Brussels, ETUI Working Paper 2009.02 – Mario Tronti, 1996,  Operai e capitale, Einaudi, Torino, Pianta, Franzini, Disuguaglianze, Quante sono, come combatterle, Laterza, 2016 Piketty, Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014, Salento- Dagnes- Barbera il capitale quotidiano. Un manifesto per l’economia fondamentale, 2016, Barba, Pivetti Rising household debt: Its causes and macroeconomic implications—a long-period analysis,Cambridge Journal Economic, 2008

[3] In tal senso ci sembra di estrema originalità l’analisi che Andranik Tangian fa nel suo lavoro  Flexicurity and Political Philosophy, Nova Science Publishers (2011).

[4] In tal senso anche Supiot, The transformation of work and the future of labour law in Europe: A multidisciplinary perspective, 1999

[5] disoccupazione, formazione, orientamento, profiling, ricerca, mobilità, occupazione. In tal senso PES 2020 Strategy Output Paper.

[6] Ricordiamo che dall’inizio degli anni 80 il capitalismo industriale tende ad assumere sempre piùla forma di capitalismo finanziario anche nelle strutture di produzione più tradizionali “La tendenza a investire in attività finanziarie si è diffusa a macchia d’olio dall’inizio degli anni’80. Molte grandi imprese industriali realizzavano maggiori guadagni dalle operazioni finanziarie che dalla produzione vera e propria. ..Le grandi case automobilistiche erano ormai gestite da contabili invece che da ingegneri e le divisioni finanziarie che offrivano prestiti ai consumatori erano diventate altamente redditizie. General Motors Acceptance oltre ad essere una impresa lucrativa che finanziava l’acquisto di auto era diventata uno dei maggiori detentori privati di mutui ipotecari …Enron avrebbe dovuto produrre e distribuire energia, ma a poco a poco si è data esclusivamente alla compravendita di future e quando nel 2002 è andata in fallimento si è scoperto che era diventata nient’altro che una società finanziaria che operava con derivati e che si era esposta eccessivamente su mercati ad alto rischio (Harvey, l’Enigma del Capitale,  2010)

[7] Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, UTET, in tal senso anche Kalecki, Political Aspects of Full Employment, Political Quarterly, 1943

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