Le politiche di austerità degli anni scorsi hanno messo in ginocchio le città italiane e fatto esplodere drammaticamente povertà e disuguaglianze. Il caso di Roma è esemplare.
Molte trasformazioni sono avvenute a Roma negli ultimi due decenni, con la crisi della pubblica amministrazione, delle partecipazioni pubbliche e della spesa pubblica, il motore tradizionale di crescita della città. È proprio per fronteggiare queste dinamiche che nel 1993 con la prima giunta Rutelli nasceva il cosiddetto “Modello Roma”, cioè un processo di cambiamento strutturale basato sull’economia della conoscenza e orientato verso le nuove tecnologie, il turismo di massa, la finanza, i servizi avanzati, l’audiovisivo, la cultura e la ricerca. In effetti, i risultati sono stati positivi – almeno fino allo scoppio della crisi economica – in termini di crescita del PIL, reddito pro capite e flussi turistici, compensando il minore ruolo pubblico.
Tuttavia, l’“ambiguo rinascimento” romano non è riuscito a dare un senso nuovo al ruolo di Roma come Capitale, né ha saputo governare le trasformazioni urbane senza delegare all’iniziativa privata, modificare i rapporti tra economia e politica, e uscire dalla subalternità verso le rendite, creando vera innovazione. Soprattutto, questo modello non è riuscito a contrastare efficacemente disuguaglianze e polarizzazioni tra centro e periferie, che sono emerse in varie direzioni: condizioni sociali ed economiche, sviluppo edilizio, beni comuni, disponibilità di servizi, consenso politico. In particolare, la crescita economica non si è diffusa in maniera omogenea tra i diversi quartieri e i vari gruppi sociali: i benefici del “Modello Roma” sono stati acquisiti soprattutto dai ceti sociali medio-alti nei quartieri centrali e benestanti, mentre le periferie ne hanno guadagnato ben poco. Ciò ha comportato squilibri, in particolare in termini di sviluppo umano, e una grande varianza tra quartieri rilevata da molti indicatori socio-economici associati al benessere e alla qualità della vita.
Ed è proprio con l’obiettivo di indagare questi squilibri tra i diversi quartieri di Roma che nasce #mapparoma, un progetto di ricerca che da quasi tre anni propone dati e mappe sui quartieri romani, per fornire chiavi di lettura su come cambia la città e chi in essa vive. Finora sono state pubblicate 25 mappe, dedicate all’urbanistica, alla demografia, al sociale, all’economia, ai servizi e alle elezioni, con il massimo dettaglio territoriale possibile. Tutti i dati sono di fonte anagrafica o censuaria, oltre ad alcune indagini su temi specifici, e insieme alle mappe sono resi disponibili in formato aperto (open data) e liberamente riutilizzabili.
Nella nostra #mapparoma25 ci occupiamo di esclusione sociale, un fenomeno che vede individui e gruppi totalmente o parzialmente esclusi dalla piena partecipazione alla società. Essere esclusi non significa quindi, come si è troppo spesso soliti pensare, essere poveri da un punto di vista monetario, quanto piuttosto non disporre dell’istruzione che consenta di cogliere le opportunità per realizzare se stessi, o non sentirsi pienamente parte della propria comunità a causa della mancanza di lavoro, o essere discriminati per il proprio genere.
In questo lavoro analizziamo quattro indicatori, elaborati da Istat sui dati del Censimento 2011 per la Commissione parlamentare sulle periferie (i primi tre) e da Roma Capitale (l’ultimo) sempre sui dati censuari, che mostrano diverse dimensioni dell’esclusione sociale: i residenti tra 15 e 52 anni che non hanno conseguito il diploma della scuola secondaria di primo grado (mappa in alto a sinistra); i giovani tra 15 e 29 anni che non studiano, non fanno formazione e non sono sul mercato del lavoro (i cosiddetti NEET, mappa in alto a destra); le famiglie con potenziale disagio economico, definite come i nuclei con figli la cui persona di riferimento ha meno di 64 anni e nelle quali nessun componente è occupato o pensionato (mappa in basso a sinistra); l’indice di disagio sociale calcolato sulla base di disoccupazione, occupazione, concentrazione giovanile (popolazione con meno di 25 anni) e scolarizzazione (diploma superiore o laurea) (mappa in basso a destra).
Tutti questi indicatori concordano nell’evidenziare che a Roma i problemi di ordine sociale ed economico sono concentrati nelle periferie che sorgono intorno o fuori dal Grande Raccordo Anulare (GRA) e in tutto il quadrante est anche all’interno del GRA stesso (Municipi IV, V e VI), oltre ad alcuni quartieri più centrali con caratteristiche peculiari come Esquilino, che di conseguenza hanno indici di disagio sociale superiori alla media romana. Sono invece generalmente le zone intorno al centro storico a mostrare le minori criticità in ognuno degli indicatori considerati, sia pure con eccezioni come Della Vittoria, e ad avere indici di disagio sociale inferiori alla media romana. L’omogeneità di questi indicatori è confermata dagli indici di correlazione elevati e significativi (compresi tra 0,5 e 0,6) in particolare tra non completamento della scuola media, potenziale disagio economico e disagio sociale, oltre che tra non completamento e NEET. Come già accennato per altre mappe, sebbene gli unici dati disponibili con questo livello di dettaglio siano quelli del Censimento 2011, che ovviamente in valore assoluto possono non rispecchiare l’andamento delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale in seguito alla crisi economica, in termini relativi mantengono la capacità di mostrare le differenze tra i quartieri.
Figura 1
Il tasso di non completamento della scuola secondaria di primo grado sulla popolazione tra 15 e 52 anni (mappa in alto a sinistra) è maggiore in varie zone intorno al GRA nei quadranti est soprattutto nei Municipi V e VI (Casetta Mistica 7,5%, Tor Fiscale e Tor Cervara circa 5,5%, Omo e Torre Angela 4,5%, San Basilio 4%), sud nel Municipio IX (Santa Palomba 6,6%) e nord-ovest nel Municipio XIV (Santa Maria di Galeria 4,5%), oltre che all’Esquilino (6,3%) e al Quadraro (4,7%) probabilmente a causa dell’elevata incidenza di residenti stranieri. I valori sono invece particolarmente bassi, inferiori o pari all’1%, in varie zone semicentrali o più periferiche ma comunque benestanti a sud nei Municipi VIII e IX (Grottaperfetta, Navigatori, Tre Fontane, Cecchignola e Torrino), nord nel Municipio III (Monte Sacro Alto, che corrisponde a Talenti) e ovest nei Municipi XIII e XIV (Pineto e Aurelio Sud). Il dato del Comune di Roma con il suo 2,4% risulta inferiore sia al dato del Comune di Milano (3,4%) che a quello del Comune di Napoli (10,7%). A livello di quartiere invece il dato di Casetta Mistica a Roma con il suo 7,5% è di poco superiore a Quarto Oggiaro (7,3%) e Comasina (7,2%) a Milano, mentre il valore di Scampia (19,7%) a Napoli, dove uno studente su cinque non completa la scuola secondaria di primo grado, risulta drammaticamente più elevato.
Anche il tasso NEET, ossia i giovani tra 15 e 29 anni che non studiano, non fanno formazione e non sono sul mercato del lavoro (mappa in alto a destra) si distribuisce in modo simile al precedente indicatore, raggiungendo il massimo a nord nel Municipio XV a Grotta Rossa Ovest (25%) e poi a Esquilino (22%), Santa Palomba (18%), Casetta Mistica (16%), Magliana e Quadraro (oltre 15%), Giardinetti-Tor Vergata e Tor Cervara (oltre 14%), Torre Angela, Ostia Nord e San Basilio (quasi 14%). Queste ultime zone, dove sono localizzati alcuni tra i più grandi nuclei di case popolari, evidenziano anche un preoccupante legame tra forme abitative, esclusione sociale dei giovani e rischio di cadere nelle reti criminali. I valori minori sono al contrario tipici delle zone più benestanti della città a nord e a sud: Eur e Celio (poco più del 5%), Grottaperfetta e Salario (meno del 6%), Trieste, Monte Sacro Alto e Grotta Rossa Est (6%), Medaglie d’Oro e Torrino (6,2%), Villaggio Giuliano, Navigatori, Monte Sacro e Cecchignola (circa 6,5%). Il dato comunale di Roma (10,7%) risulta comunque più vicino al dato di Milano (8,1%) che a quello di Napoli (22,8%), ma proprio a Napoli i NEET in alcuni quartieri addirittura superano il 30% come nel caso di Ponticelli (31,4%), Mercato e Scampia (31,1%), mentre a Milano i valori più elevati rimangono comunque sempre sotto il 14,1% di Triulzio Superiore.
Le famiglie con potenziale disagio economico (mappa in basso a sinistra) raggiungono l’incidenza maggiore a Santa Palomba a sud (7,5%), Tor Fiscale (5%), Centro Direzionale Centocelle (4,8%) e Tor Cervara (4,1%) a est, Santa Maria di Galeria a nord-ovest (4%), ancora a est nel VI Municipio a Torre Angela, San Vittorino, Borghesiana e Lunghezza (tra 3,4 e 4%), nonché a Ostia Nord sul litorale, San Basilio e Romanina a est, Cesano a nord (3,4%). Anche in questo caso emerge il legame tra case popolari, difficoltà economiche e rischio criminale in alcune delle zone citate. I valori minori caratterizzano varie zone a nord e sud come Pineto (0,5%), Grottaperfetta, Celio, Navigatori, Eroi, Nomentano, Tre Fontane e Cecchignola (1,1-1,3%), ma anche quartieri più popolari come Appio, Latino, Tuscolano Nord e Sud a sud-est nel Municipio VII e Conca d’Oro a nord nel Municipio III (1,2-1,3%). Anche in questo caso il dato medio romano (2,1%) risulta nettamente migliore di quello di Napoli (9,5%) e peggiore di quello di Milano (1,2%). A livello di quartieri il dato di Santa Palomba (7,5%) risulta a metà tra Parco Monlué – Ponte Lambro (2,7%) e Quarto Oggiaro (2,6%) a Milano e San Pietro a Patierno a Napoli (17,9%), anche in questo caso drammaticamente più elevato.
Infine, l’indice di disagio sociale calcolato sulla base di disoccupazione, occupazione, concentrazione giovanile e scolarizzazione (mappa in basso a destra), facendo zero la media romana, mostra i valori peggiori (numeri positivi) in diverse zone periferiche sia interne che esterne al GRA: a est nei Municipi IV e VI (Tor Cervara 8,9, San Basilio 5,1, Torre Angela 4,9, Borghesiana 4,6, Giardinetti-Tor Vergata 4,4, Tiburtino Nord, Torrespaccata e Torre Maura 4,2), sud nei Municipi IX e X (Santa Palomba 7,5 e Ostia Nord 4,3), nord nel Municipio III (Tufello 7,1 e Tor San Giovanni 4), nord-ovest nei Municipi XIV e XV (Santa Maria di Galeria 5,9 e Cesano 4) e ovest nel Municipio XI (Corviale 4,1). I valori migliori (numeri negativi) sono invece registrati sia nei quartieri tradizionalmente borghesi sia nei nuovi insediamenti intorno al GRA abitati da giovani coppie: tra i primi Acquatraversa, che corrisponde alla Camilluccia (-6,6), Parioli (-5,7) e Salario (-5,4) a nord nei Municipi II e XV, Centro Storico (-5,1) nel Municipio I e Tre Fontane (-5) a sud nel Municipio VIII; tra i secondi Magliana, che corrisponde a Muratella (-7,6) a ovest nel Municipio XI, Malafede (-6,1) a sud nel Municipio X, Sant’Alessandro, che corrisponde a Casal Monastero (-5,1), e Lucrezia Romana (-5) a est nei Municipi IV e VII.
Il quadro descritto ci ricorda innanzitutto la già richiamata profonda frattura esistente tra le diverse “città” di Roma, un problema che – come abbiamo appena accennato in questo lavoro – non è esclusivo della capitale d’Italia ed evidenzia ancora una volta l’aspetto multidimensionale del disagio sociale che caratterizza le grandi città metropolitane moderne. Si tratta quindi di un problema complesso, non risolvibile con semplici trasferimenti monetari, ma che necessita di politiche di medio e lungo periodo che incidano profondamente sul tessuto sociale della parte più debole delle città. Nel medio periodo probabilmente il problema è in parte risolvibile con la fornitura gratuita di servizi ora non accessibili, con “investimenti sociali” per contrastare le numerose e diffuse disuguaglianze che riguardano il welfare, la salute, la casa, la scuola, la formazione e l’occupazione, mediante progetti mirati e specifici da attuare – collaborando con l’associazionismo locale – nei quartieri che maggiormente subiscono i bassi livelli di istruzione, l’abbandono scolastico, la ridotta partecipazione al mercato del lavoro, il difficile inserimento lavorativo, l’elevata disoccupazione, l’inadeguata prevenzione sanitaria. Nel lungo periodo invece difficilmente è possibile ottenere dei risultati senza un drastico cambiamento dei rapporti tra le classi nel processo produttivo, insomma senza cambiare quella che Marx definiva la “struttura” del processo storico.
Keti Lelo
Università Roma Tre
Salvatore Monni
Università Roma Tre
Federico Tomassi
Agenzia per la Coesione Territoriale
Breve Bibliografia
Alleva, G. (2017), Audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, Camera dei Deputati, Roma. http://www.camera.it/leg17/522?tema=commissione_di_inchiesta_sulla_sicurezza_e_sul_degrado_delle_citt__e_delle_periferie
Lelo, K, Monni, S.,Tomassi, F. (2018) “Disuguaglianze metropolitane: un confronto con Milano e Napoli” in d’Albergo, E., De Leo, D. (2018), Politiche urbane per Roma: le sfide di una capitale debole. Sapienza Università Editrice, Roma: 17-35.
Lelo, K, Monni, S.,Tomassi, F. (2017) “Roma, tra centro e periferie: come incidono le dinamiche urbanistiche sulle disuguaglianze socio-economiche” Roma Moderna e Contemporanea XXV, 1-2: 131-146.
NOTA: gli indicatori di non completamento del ciclo di scuola secondaria di primo grado e dei giovani NEET non sono riportati per le zone urbanistiche 1A Centro Storico, 1B Trastevere e 8A Torrespaccata di Roma, poiché i valori forniti dall’Istat non sono omogenei rispetto alle altre zone a causa delle residenze fittizie dei senza fissa dimora presso Caritas e associazioni; l’indice di disagio sociale per le stesse tre zone urbanistiche è stato invece ricalcolato rispetto a quanto pubblicato da Roma Capitale, escludendo le sezioni censuarie con le residenze fittizie. Qui è possibile scaricare gli open data.