L’efficacia della forward guidance giapponese per contrastare la crisi causata dalla pandemia di Covid-19: un’analisi ed una proposta alternativa

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Nel presente elaborato, gli autori discutono l’efficacia delle politiche monetarie adottate dalla Bank of Japan (BoJ) per contrastare la crisi economica causata dalla pandemia del virus Covid-19 e, in particolare, si
concentrano sulla forward guidance. La questione è particolarmente rilevante e di immediata e ampia importanza, in un momento in cui i decisori politici stanno adottando misure adeguate per affrontare quella
che probabilmente sarà la più grave recessione della storia.
Lo scopo di questo manoscritto è identificare una valida alternativa di politica fiscale alla forward guidance adottata dalla banca centrale giapponese. Gli autori conducono la propria analisi in considerazione delle
misure già adottate dalla BOJ e dal governo e dei risultati teorici ed empirici, sia propri che di altri studiosi, e, dopo aver evidenziato che questo particolare strumento di policy potrebbe rivelarsi inadeguato ad impedire
che il Paese si trovi in recessione e deflazione, suggeriscono che uno stimolo fiscale potrebbe essere più utile a questo scopo. In altre parole, la conclusione a cui giungono gli autori è che la forward guidance è, in
generale, poco incisiva e che, nel contesto attuale, potrebbe essere più appropriato ridurre il carico fiscale complessivo sui consumatori e sulle imprese nazionali.

Nel presente elaborato, gli autori discutono l’efficacia delle politiche monetarie adottate dalla Bank of Japan (BoJ) per contrastare la crisi economica causata dalla pandemia del virus Covid-19 e, in particolare, si concentrano sulla forward guidance. La questione è particolarmente rilevante e di immediata e ampia importanza, in un momento in cui i decisori politici stanno adottando misure adeguate per affrontare quella
che probabilmente sarà la più grave recessione della storia. Lo scopo di questo manoscritto è identificare una valida alternativa di politica fiscale alla forward guidance adottata dalla banca centrale giapponese. Gli autori conducono la propria analisi in considerazione delle misure già adottate dalla BOJ e dal governo e dei risultati teorici ed empirici, sia propri che di altri studiosi, e, dopo aver evidenziato che questo particolare strumento di policy potrebbe rivelarsi inadeguato ad impedire che il Paese si trovi in recessione e deflazione, suggeriscono che uno stimolo fiscale potrebbe essere più utile a questo scopo. In altre parole, la conclusione a cui giungono gli autori è che la forward guidance è, in generale, poco incisiva e che, nel contesto attuale, potrebbe essere più appropriato ridurre il carico fiscale complessivo sui consumatori e sulle imprese nazionali.


Parole chiave: Forward guidance, Bank of Japan, Covid-19 shock, Politica monetaria, Politica fiscale
Classificazione JEL: E02, E30, E50, E58


1.Introduzione
L’esplosione della nuova pandemia da Covid-19 ha innescato una profondissima recessione la cui entità ed i cui effetti a livello globale si preannunciano essere ancor più gravi rispetto a quelli della crisi successiva al fallimento della Lehman Brothers del 2007 e, probabilmente, anche a quelli della Grande Depressione del 1929. Le banche centrali ed i governi stanno fronteggiando questa grave situazione emergenziale adottando
politiche fiscali e monetarie accomodanti. Queste ultime consistono principalmente in riduzioni dei tassi di interesse, avviamento di nuove operazioni di mercato aperto (OMO) o potenziamento di quelle già intraprese in precedenza e, in alcuni casi, anche in monetizzazioni (in forma esplicita o implicita) del deficit in modo da espandere il vincolo di bilancio del settore pubblico. Ai fini della valutazione dell’efficacia di tali politiche a livello globale ed individuale sarà particolarmente interessante soffermarsi sul caso del Giappone, in quanto tale Paese dovrà calibrare le misure per contrastare il presente shock macroeconomico su quelle già adottate a partire dal 2013 per rilanciare l’economia nazionale a seguito della “crisi del decennio perduto” (la cosiddetta “Abenomics”). Una sintesi delle politiche stabilite dai policy maker giapponesi viene offerta dal rapporto “Policy responsens to Covid-19” del Fondo Monetario Internazionale (IMF) aggiornato al 30 aprile.
Riguardo la politica fiscale, il 07 aprile il governo di Tokyo ha annunciato l’Emergency Economic Package Against Covid-19” (EEPAC) che ingloba il precedente piano di stimolo fiscale varato nel dicembre del 2019 e che consistente in un aumento della spesa pubblica di 117,1 triliardi di yen (21,1% del PIL). Le risorse dell’EEPAC sono ripartite in maniera tale da conseguire cinque obiettivi: lo 0,5% della spesa in rapporto al PIL è destinata al contenimento dell’epidemia ed al trattamento sanitario degli infetti (primo obiettivo), il 16% è impiegato a sostenere l’occupazione ed il settore produttivo (secondo obiettivo), l’1,5% è volto a ristorare le attività produttive per i danni subiti dalla quarantena (III obiettivo), il 2,8% servirà per rendere più resiliente l’economia nazionale dagli shock macroeconomici futuri (IV obiettivo) ed lo 0,3% sarà utilizzato per fare in modo che in futuro le istituzioni possano rispondere più rapidamente ai medesimi shock (V obiettivo).
Riguardo la politica monetaria, il 27 aprile la BoJ ha deciso che acquisterà tutto l’ammontare di titoli di Stato giapponesi che riterrà necessario, senza porre alcun limite quantitativo, ha incrementato a 20 triliardi di yen il limite massimo di commercial paper e corporate bond, ha fissato un tasso di interesse dello 0,1% sui depositi detenuti dagli intermediari finanziari presso di sé. Inoltre la banca centrale nipponica sta considerando l’ipotesi di concedere alle istituzioni finanziarie eligible nuovi finanziamenti ad un tasso di interesse dello 0% a fronte di un collaterale offerto in garanzia con il proposito di offrire un sostegno alle piccole e medie imprese.
Anche la forward guidance ha subito una netta modifica: mentre in precedenza la BOJ si era impegnata ad aumentare i tassi qualora l’inflazione avesse raggiunto il suo valore target, ora ha invece annunciato che i tassi rimarranno al livello attuale e non si esclude che possano essere ulteriormente ridotti. L’obiettivo del presente lavoro è proprio quello di discutere l’efficacia di questo particolare strumento di politica monetaria (ossia della forward guidance) nel mitigare gli effetti negativi dello shock sanitario e nel favorire la ripresa economica. Gli autori eseguono la propria analisi ed espongono la propria visione innovativa rispetto a tale questione sulla base dei principali risultati di ricerca e delle evidenze empiriche in materia. La conclusione cui essi giungono è che la forward guidance potrebbe avere effetti modesti e che invece lo stimolo fiscale del governo potrebbe avere maggiore successo. Il paper è organizzato come segue: nel paragrafo 2, dopo l’introduzione, viene proposta una succinta literature review riguardante il tema della forward guidance del Giappone; nel paragrafo 3 invece gli autori espongono la propria opinione riguardo all’efficacia della forward guidance alla luce dei propri precedenti risultati di ricerca. Nel paragrafo 4, infine, gli autori discutono le proprie conclusioni.


2.Literature review
Come ben noto, la forward guidance è una strategia di comunicazione attraverso la quale una banca centrale diffonde pubblicamente le previsioni per i tassi di interesse e per la politica monetaria nel prossimo futuro con l’obiettivo di conseguire un obiettivo di riduzione dei tassi di interesse a lungo termine o di stimolare gli investimenti. Nel caso giapponese, l’efficacia della forward guidance deve essere valutata considerando che il Paese si trova in prossimità dello zero lower bound (ZLB). Il Giappone ha adottato per la prima volta la forward guidance allo ZLB nel 1999, ossia durante il periodo della Zero Interest Rate Policy (ZIRP) e nel 2013, nell’ambito dell’Abenomics (e più precisamente del
Quantitative and Qualitative Easing), il tasso ufficiale di sconto è stato gradualmente ridotto dalla BoJ fino a diventare pari a -0,10% nel 2016 dando inizio alla Negative Interest Rate Policy (NIRP).
Gli economisti del governo nazionale e della BoJ si sono spesso espressi favorevolmente alla forward guidance. Numerosi studiosi indipendenti però si oppongono a tale visione e mostrano maggiore cautela (e in
alcuni casi anche scetticismo). I contributi di tali studiosi, nella maggior parte dei casi, valutano la forward guidance giapponese proprio allo ZLB e modellizzano il processo di formazione delle aspettative degli operatori formulando precise ipotesi circa la razionalità di questi ultimi e la struttura degli shock al tasso di interesse naturale. Mitsuru Katagiri [1], autorevole membro del board della BoJ, in un working paper del 2016, espone i risultati di un’analisi quantitativa effettuata attraverso un non-linear new Keynesian model e spiega che la forward guidance giapponese riesce ad influenzare il processo di formazione delle aspettative degli agenti e quindi a contrastare la deflazione e la riduzione del tasso di crescita del PIL.
Sempre nel 2016, Alisdair McKay [2] presenta un modello in cui gli agenti sopportano un income risk non assicurabile e sono soggetti ad un borrowing constraint e, conseguentemente, il precautionary savings effect
smorza gli effetti della forward guidance. Nel 2009 un gruppo di ricercatori della Federal Reserve guidato da Andrew Levin [3] conduce uno studio sulle principali economie globali (includendo anche il Giappone) avvalendosi di un new Keynesian model.
La conclusione di tali ricercatori è che l’efficacia della forward guidance dovrebbe essere valutata considerando l’elasticità della domanda al tasso di interesse, ma che, in generale, essa dipende dalla dimensione e dalla persistenza degli shock: essa è utile in caso di shock del tasso di interesse naturale piccoli e poco persistenti nel tempo, mentre non è utile nel caso di shock del tasso di interesse naturale grandi e molto persistenti.
In un paper del 2011 Kazuo Ueda conduce un’analisi delle politiche monetarie non convenzionali attuate dalle banche centrali del G7 nei due decenni precedenti allo ZLB soffermandosi anche sulla forward
guidance della BoJ [4]. Egli argomenta che nel complesso tali politiche hanno avuto un effetto apprezzabile solo sui prezzi degli asset, mentre, nel caso giapponese, non sono riuscite ad invertire il trend deflazionistico
che il Paese sperimenta proprio dai primi anni ’90. Similmente a Ueda anche Filardo e Hofmann nel 2014 effettuano una disamina sulla forward guidance, allo ZLB, per Gran Bretagna, area euro, USA e Giappone [5] e, rispetto a quest’ultimo, si concentrano sia sulla forward guidance implementata nell’ottobre 2010 nel contesto del Comprehensive Monetary Easing (CME), sia sulla forward guidance del 2013. Essi concludono che nel primo caso l’effetto sui tassi di interesse futuri è stato molto piccolo, mentre nel secondo caso è stato pressoché nullo sebbene il tasso di rendimento dei di titoli di Stato con scadenza decennale si sia significativamente ridotto.
Particolarmente interessanti nel lavoro di Filardo ed Hofmann, sono la stima della volatilità realizzata deltasso di interesse atteso nel breve termine allo ZLB nei periodi in cui la forward guidance è esplicitata e la
stima della volatilità realizzata del tasso di interesse atteso nel breve termine allo ZLB nei periodi in cui la forward guidance non è operativa (o comunque non è condotta in forma esplicita). Ciò che si evince è che, tra tutte le economie considerate, quella giapponese è l’unica in cui i due valori stimati sono quasi coincidenti sia un orizzonte temporale di un anno, sia su un orizzonte di due anni, sia su un orizzonte di cinque anni. Questo risultato mette ulteriormente in discussione l’utilità della forward guidance nipponica. In ogni caso, Filardo ed Hofmann ammettono l’oggettiva difficoltà nell’esprimere una valutazione esaustiva in quanto, nei due periodi, agli annunci sui tassi di interesse della BoJ si sono sovrapposti quelli relativi ai programmi di acquisto delle securities.


3.Il punto di vista degli autori

In questo paragrafo, gli autori, sulla base dei principali risultati di ricerca esposti e delle evidenze empiriche relative all’argomento in esame, espongono la loro visione innovativa rispetto all’utilità della forward
guidance giapponese nel mitigare gli effetti negativi dello shock sanitario dovuto al Covid -19 e nel favorire la ripresa economica.
È importante specificare che considerazioni interessanti, in merito alla forward guidance della BoJ, sono state proposte dagli autori in un loro precedente contributo [6], nel quale essi hanno proposto un’analisi
quantitativa per valutare l’efficacia di Abenomics.
Nel documento citato, gli autori hanno stimato un modello vettoriale autoregressivo strutturale (SVAR) con il metodo di decomposizione di Cholesky considerando, come variabili endogene, la spesa pubblica a prezzi
costanti, il PIL a prezzi costanti, il gettito fiscale della corporate tax e della consumption tax a prezzi costanti, l’inflazione all’Indice dei prezzi al consumo (IPC) e il tasso di sconto ufficiale della BoJ e, come
variabile esogena, il federal funds rate statunitense.
Essi hanno utilizzato serie storiche rilevate con cadenza trimestrale, relative a tali variabili, relativamente al sample period Q1 2000 – Q4 2016, ed hanno studiato le politiche monetarie e fiscali adottate dal governo e
dalla BoJ nel periodo in questione. Inoltre, attraverso il modello SVAR, gli autori hanno effettuato una historical decomposition del PIL reale e dell’inflazione al IPC per stimare l’effetto, su queste due variabili,
degli shock simultanei provenienti da tutte le altre variabili incluse nel campione. In particolare, gli autori hanno suddiviso il periodo Q1 2000 – Q4 2016 in tre diversi periodi e hanno concentrato la loro attenzione su di ciascuno di essi. Il risultato cui essi giungono è che, in tutti e tre i periodi considerati, la forward guidance è totalmente inefficace sia nei casi in cui venga esercitata in forma implicita, sia in quei casi in cui venga esercitata in forma esplicita.
Le riduzioni del tasso ufficiale di sconto, infatti, non hanno conseguenze positive in termini di aumento degli investimenti e dei consumi e non sono nemmeno in grado di guidare le aspettative di inflazione degli
operatori. Per comprendere il punto di vista degli autori in merito all’utilità (o efficacia) della forward guidance giapponese, è sufficiente riflettere che dai risultati delle stime effettuate dagli autori nel proprio paper è
emerso, in particolare, che:

  • nel primo periodo, ovvero quello che comprende il quinquennio 2000-2006 e che quindi è relativo al primo Quantitative easing (che va dal 2001 al 2006) ed alla riduzione dell’aliquota della corporate tax dal 48% del
    1999 al 42% del 2000, sia il tasso ufficiale di sconto che il gettito fiscale danno un contributo positivo ma piuttosto limitato non solo al PIL reale (che ha un andamento a V ) ma anche all’inflazione e che questo
    contributo tende gradualmente a diminuire fino a scomparire nel 2006. La spesa pubblica in termini reali e le aspettative di inflazione, invece, hanno un effetto trascurabile sia sul PIL che sull’inflazione.
  • nel secondo periodo, ovvero nel biennio 2009-2011, in cui il tasso di sconto ufficiale è fissato allo 0,3% rispetto al precedente 0,5% (nel 2008), il nuovo aggiustamento del tasso di sconto ufficiale aggrava il crollo
    del PIL reale e della deflazione, e anche in questo secondo periodo, il contributo (negativo) del tasso di sconto appare molto modesto. Un effetto simile su entrambe le variabili di interesse è prodotto dal gettito
    fiscale. Anche in questo secondo caso la spesa pubblica a prezzi costanti e le aspettative di inflazione hanno un effetto modesto sia sul PIL che sull’inflazione.
  • nel terzo periodo, ovvero quello dell’Abenomics e del Quantitative and qualitative easing nel triennio 2013- 2016, in cui la banca centrale si è impegnata ad acquistare 80 trilioni di yen all’anno, alcuni dei suoi tassi di interesse sono stati ridotti al di sotto dello 0% ed è stata adottata una forma esplicita di forward guidance (mentre nei due periodi precedentemente elencati essa è implicita) lasciando il tasso ufficiale di sconto allo 0,3%; nel frattempo, l’esecutivo di Tokyo ha aumentato per la prima volta la spesa pubblica nel 2013 al 40,83% del PIL rispetto al 40,69% del 2012 e, successivamente, ha adottato una controversa politica fiscale consistente nella rinuncia a molte delle spese incluse nel piano di budget 2013, in un aumento dell’imposta sui consumi dal 5 all’8% nella seconda metà del 2014 e in una riduzione dell’aliquota dell’imposta sulle
    società al 35,64% nel 2014 rispetto al 38,01% dell’anno precedente. In conseguenza di tali politiche, il tasso di sconto ufficiale acuisce l’andamento negativo del PIL reale, le entrate fiscali mitigano il nuovo calo del prodotto, mentre la spesa pubblica e le aspettative di inflazione non giocano alcun ruolo.

Per quanto riguarda l’inflazione, invece, si dovrebbero distinguere due diverse fasi: una prima fase, che dura fino al primo trimestre del 2014, in cui si ha una crescita dei prezzi sostenuta dal PIL reale, dalla spesa
pubblica in termini reali e, soprattutto, dalle aspettative di inflazione, e una seconda fase, che va dalla seconda metà del 2014 fino all’ultima metà del 2016, nella quale, ancora una volta, ha nuovamente un andamento negativo determinato principalmente dal PIL reale e dalle aspettative di inflazione particolarmente negative. Sorprendentemente, il gettito fiscale della consumption tax, nonostante ci sia stato
un suo aumento in questo periodo, contrasta tale trend negativo.
L’interpretazione dei risultati sopra riportati è la seguente: in tutti e tre i periodi considerati le riduzioni del tasso ufficiale di sconto non hanno conseguenze positive in termini di aumento degli investimenti e dei
consumi e non sono nemmeno in grado di orientare le aspettative di inflazione degli operatori .
La forward guidance è, quindi, del tutto inefficace sia nei casi in cui viene esercitata in forma implicita (come nei primi due periodi), sia nei casi in cui viene esercitata in forma esplicita (come nel terzo periodo).
Da un punto di vista microeconomico, questo effetto negativo smnui consumi correnti potrebbe essere spiegato dal fatto che in presenza di una variazione del tasso di interesse (nel caso in esame il tasso di sconto
ufficiale) l’effetto ricchezza (negativo) è maggiore della somma tra l’effetto sostituzione (positivo) e l’effetto reddito (positivo).
Solo la politica fiscale del governo si dimostra adeguata ad aumentare le aspettative di inflazione. Infatti, come già evidenziato, nel primo periodo alla riduzione delle imposte sui redditi d’impresa corrisponde un miglioramento sia dell’inflazione effettiva che delle relative aspettative e nel terzo periodo l’inflazione effettiva e le relative aspettative iniziano a peggiorare proprio quando il governo annuncia la sua intenzione di rinunciare a molte delle spese che aveva incluso nel suo piano di bilancio del 2013 e torna ad essere fortemente negative a metà 2014 con l’aumento dell’aliquota dell’imposta sui consumi.
Alla luce di queste considerazioni, gli autori ritengono che il Giappone, per far fronte al nuovo shock macroeconomico del Covid-19, dovrebbe utilizzare la politica fiscale piuttosto che la politica monetaria, che
ha mostrato effetti perversi sull’economia del Paese nel corso della sua storia, ossia può causare una riduzione del tasso di crescita del PIL e intensificare la recessione. Più precisamente, la sostanziale inefficacia del QQE sembra indicare che la politica monetaria ha già esaurito da tempo la sua funzione e quindi, ed è questa la visione innovativa, la politica fiscale dovrebbe essere rafforzata per contrastare il nuovo shock sanitario. In altre parole, il governo centrale, oltre ad aumentare la spesa pubblica come ha già annunciato di voler fare, dovrebbe anche ridurre l’aliquota dell’imposta sui consumi e garantire ai consumatori che tale riduzione venga mantenuta nel lungo periodo.


4.Conclusioni
Dall’analisi dei risultati delle loro ricerche e dalla breve panoramica di quelli degli altri studiosi, gli autori deducono che la forward guidance giapponese risulta, in generale, inadeguata a raggiungere l’obiettivo di inflazione fissato dalla BoJ. In altre parole, la conclusione, a cui giungono gli autori, è che la forward guidance potrebbe avere effetti modesti nel contesto attuale e che, invece, lo stimolo fiscale del governo
potrebbe avere maggiore successo; la visione innovativa degli autori è proprio che la politica fiscale dovrebbe essere rafforzata per contrastare il nuovo shock sanitario.
A tal fine essi auspicano che i policymaker giapponesi considerino l’ipotesi di ridurre il carico fiscale complessivo per consentire una ripresa dei consumi e, di conseguenza, il conseguimento dell’obiettivo di
inflazione prestabilito.
Gli autori, inoltre, sperano che questo articolo possa aprire un dibattito sull’utilità delle politiche monetarie convenzionali e non convenzionali e indurre gli economisti a proporre misure alternative che possano rivelarsi più efficaci.

Conflitti di interesse
L’autore A dichiara di non avere conflitti di interesse. L’autore B dichiara di non avere conflitti di interesse.
Standard etici
Questo articolo non contiene nessuno studio con partecipanti umani eseguito dagli autori.

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Bibliografia
[1] Katagiri, M. (2016) Forward guidance as a monetary policy rule. Bank of Japan Working Paper Series, 16, 1-49.
[2] McKay, A, Nakamura, E., Steinsson, J. (2016) The Power of Forward Guidance Revisited. American Economic Review, 106(10), 3133-3156.
[3] Levin, A. et al. (2009) Limitations on the effectiveness of forward guidance at the zero lower bound. CEPR Discussion Paper, 143-189.
[4] Ueda, K. (2011) The effectiveness of non-traditional monetary policy measures: the case of the Bank of Japan. The Japanese Economic Review, 63(1), 1-22.
[5] Filardo, A., Hofmann, B. (2014) Forward guidance at the zero lower bound. BIS Quarterly Review March 2014, 37-53.
[6] Ferrentino, R., Vota, L. (2019) A structural vector autoregression model for the study of the Japanese GDP and of the Japanese inflation. Advances in Management and Applied Economics, 9(2), 69-93.

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