Eccesso di risparmio causa della crisi economica?

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This paper develops a topic that I have outlined briefly in a previous contribution to Economia e Politica: the impossibility of the existence of excess saving (S>I) in the light of the production model prevailing in modern economies.

Nel mio articolo pubblicato a febbraio 2017 su questa rivista affermo esplicitamente che l’ipotesi di un eccesso non temporaneo di risparmio sul volume degli investimenti privati, adottata da molti economisti per spiegare la persistente fase di debolezza dell’economia mondiale[1], sia teoricamente insostenibile nella realtà dei sistemi di produzione moderni. Per comprensibili ragioni di spazio, la dimostrazione formale dell’argomento era relegata nell’appendice dell’articolo stesso. Lo scopo di questo scritto  è chiarire meglio i leciti interrogativi lasciati aperti da quella rapida trattazione (si vedano ad esempio alcuni dei commenti dei lettori alla fine del paper).

  1. L’ammissibilità dell’ipotesi di eccesso di risparmio

Come noto, la relazione tra risparmio, produzione e investimento è uno dei fondamenti della macroeconomia. In un’economia chiusa con risparmio pubblico nullo (ossia con tasse uguali alla spesa pubblica) il risparmio (S) è la parte del prodotto totale (reddito) non destinata ai consumi privati (famiglie e imprese). Gli investimenti privati (ossia la variazione netta dello stock di capitale fisico a disposizione delle imprese, indicata con I) sono invece, insieme ai consumi privati, una componente della domanda totale del prodotto. Indipendentemente da come si generano e da che cosa dipendono risparmio e investimento in base alle differenti teorie economiche, se l’economia si trova in equilibrio di piena occupazione, ossia in una situazione in cui la domanda è uguale alla produzione potenziale dell’economia (capacità produttiva), le due grandezze necessariamente coincidono (S=I). Quindi, ammesso che possa esistere, un eccesso di risparmio sul volume degli investimenti privati (S>I) si potrebbe generare solo in un’economia che domanda e produce (non temporaneamente) a un livello inferiore a quello potenziale, dato che in equilibrio di piena occupazione questo non si può assolutamente verificare. Anche in questo caso, però, ci sarebbe ancora un problema da risolvere. Se infatti il prodotto effettivamente generato fosse inferiore al prodotto potenziale, il risparmio effettivamente generato nell’economia (per definizione: prodotto/reddito effettivo non consumato) dovrebbe continuare ad essere uguale all’investimento. Come e perché, allora, dovrebbe esistere eccesso di risparmio? L’unica possibilità è quella di ammettere che la il prodotto (e il risparmio) effettivamente generato nell’economia sia sempre uguale a quello potenziale, ossia che tutti i beni potenzialmente producibili siano sempre effettivamente prodotti. Questo, cioè, indipendentemente dal livello effettivo della domanda di beni. Qualora però i beni prodotti fossero in quantità superiore a quelli richiesti, essi verrebbero accumulati dalle imprese come scorte indesiderate. A questo punto, se si adottasse l’ipotesi che tutte le variazioni indesiderate delle scorte fossero investimenti delle imprese, come viene fatto negli schemi di contabilità nazionale, allora l’uguaglianza tra risparmi e investimenti sarebbe sempre verificata e un eccesso di risparmio non potrebbe mai generarsi. Se, al contrario, non si adottasse quest’ipotesi, le scorte indesiderate rappresenterebbero beni prodotti che restano a disposizione delle imprese e che non vengono, al momento, destinati al consumo. Quindi, per definizione, essi concorrerebbero alla formazione del risparmio complessivo, in modo che un eccesso di risparmio possa effettivamente generarsi alla fine del periodo di produzione.

Osserviamo che l’idea con cui stiamo lavorando, in base alla quale le decisioni di produzione possano in qualche modo prescindere dal livello effettivo della domanda, è ammissibile solo all’interno di un modello produttivo ormai superato nelle economie moderne: il modello della produzione di massa (vedi Hindle 2008). In quel contesto, le imprese producevano al limite (o in prossimità del limite) della capacità degli impianti – caratterizzati da elevata indivisibilità tecnica – per sfruttarne appieno le economie di scala. L’assorbimento della produzione che era portata sul mercato dalle imprese era generalmente salvaguardato dagli elevati livelli di consumo di massa, tipici degli anni in cui era in voga quel modello produttivo. Qualora, a causa di aspettative di vendita rivelatesi a posteriori errate, una certa quantità di beni prodotti fosse rimasta invenduta alla fine del periodo di produzione (caso di sovrapproduzione), essa sarebbe andata ad incrementare le scorte di magazzino, determinando successivamente una contrazione della produzione e dell’occupazione. Le decisioni di produzione, in questo modo, sarebbero essenzialmente il riflesso della variazione dello stock di beni invenduti nel periodo(i) precedente(i), piuttosto che delle variazioni totali della domanda effettiva.

L’analisi sviluppata fino ad ora permette di concludere che l’ipotesi di esistenza di eccesso di risparmio è teoricamente ammissibile solo se[2]:

  1. i) la domanda di beni nell’economia è (significativamente) inferiore alla produzione/reddito potenziale;
  2. ii) la produzione è basata sul ciclo delle scorte[3].

 

  1. Il paradigma produttivo ICT-based e la domanda effettiva.

L’ipotesi sub ii) del paragrafo precedente è decisamente incoerente anche col modello produttivo che si è affermato negli ultimi 25-30 anni in quasi tutte le economie moderne.  Nei sistemi di produzione moderni, largamente ICT-based[4], le decisioni di produzione delle imprese sono sempre più customizzate e gli impianti produttivi sono attivati contestualmente al manifestarsi effettivo del segnale di domanda – così come espresso dagli ordini di acquisto dei clienti – che può presentare caratteristiche di elevata variabilità. Questo perché la capacità e la velocità nel trattare grandi quantità di dati – unita alla possibilità di uso modulare degli impianti  e al migliore coordinamento delle fasi produttive che l’ICT consentono – assimila la produzione, di fatto, a un processo just in time, riducendo l’accumulazione indesiderata di scorte e gli sprechi di risorse. A livello macroeconomico, questi sviluppi tendono ad avvalorare una rappresentazione di tipo keynesiana del funzionamento del sistema economico, in base alla quale sono le variazioni della domanda aggregata a determinare quanto del potenziale produttivo possa essere effettivamente realizzato[5].

Ai giorni d’oggi le ICT possono essere ritenute a buon ragione come una General Purpose Technology, una tecnologia cioè che influenza tutti i settori dell’economia e che favorisce lo sviluppo e l’introduzione di nuovi metodi produttivi (si vedano Helpman and Trajitenberg 1998, Craft 2004; per un esame approfondito delle evidenze empiriche si veda Kretschmer 2012).

In conclusione, l’adozione massiccia di ICT nelle economie moderne ha progressivamente determinato la transizione da un approccio alla produzione centrato sul prodotto – dove il consumatore acquista qualunque cosa l’impresa decide di portare sul mercato – a un approccio centrato sul cliente – dove l’impresa produce e porta sul mercato quello che il cliente vuole comprare e nel momento in cui vuole comprare, in virtù di un uso potenzialmente più flessibile e modulare del capitale fisso.

 

  1. L’insostenibilità dell’ipotesi di eccesso di risparmio

Se però adottiamo l’idea che le decisioni di produzione dipendano dalle variazioni della domanda effettiva, invece che dal ciclo delle scorte, l’ipotesi di eccesso di risparmio è del tutto insostenibile. Il flusso di beni effettivamente prodotti, infatti, nei limiti del potenziale produttivo esistente (capacità produttiva), è sempre uguale alla quantità totale di beni richiesti. Quindi non si può avere mai una condizione di sovrapproduzione[6]. Si ha invece eccesso di capacità produttiva o capacità produttiva sottoutilizzata[7]. Il risparmio generato è quello coerente con il reddito effettivamente generato e coincide sempre con il livello degli investimenti.

 

Conclusioni

L’ipotesi di eccesso di risparmio come causa della crisi è alla base del recente dibattito sulla ‘stagnazione secolare’ aperto da Summers e ripreso da molti autorevoli economisti. La stessa ipotesi è alla base delle principali (in alcuni casi) alternative ricette di politica proposte da governi nazionali e istituzioni internazionali. Il ragionamento svolto in queste pagine, coerente sia con l’idea di Keynes della produzione che con le caratteristiche dei processi moderni, evidenzia la fallacia teorica di questo argomento. Ciò solleva forti perplessità sulla diagnosi prevalente dell’attuale fase di debolezza delle economie moderne e spinge la ricerca delle cause verso altre direzioni. Su come possono essere esplorati indirizzi alternativi di analisi si rimanda al mio precedente contributo su Economia e Politica.

 

*Fondazione Ugo Bordoni

 

BIBLIOGRAFIA

 

Bernanke B. (2005) “The Global Saving Glut and the U.S. Current Account Deficit”, Sandridge Lecture, Virginia Association of Economists, Richmond, Virginia, March 10, 2005, Federal Reserve Bank

 

Blinder, A., Canetti E., Lebow D., Rudd J., (1998), Asking about Prices: A New Approach to Understanding Price Stickiness. Russell Sage foundation:New York. 1998).

 

Craft, N., (2004), “Steam as a general purpose technology: a growth accounting perspective”. Economic Journal 114 (April), 338-351.

 

Helpman E., Trajitenberg M., (1998), “Diffusion of General Purpose Technologies”, In Helpman, E. (ed.), General Purpose Technologies and Economic Growth. Cambridge: MIT Press.

 

Hindle T. (2008), The Economist guide to Management Ideas and Gurus, Economist.

 

Keynes, J.M., (1936). The General Theory of Employment, Interests and Money. Macmillan, London.

 

Koo R, (2011) “The World in Balance Sheet Recession: Causes, Cure, and Politics”, in Real World Economics Review, n.58

 

Kretschmer, T. (2012), “Information and Communication Technologies and Productivity Growth: A Survey of the Literature”, OECD Digital Economy Papers, No. 195, OECD Publishing. http://dx.doi.org/10.1787/5k9bh3jllgs7-en

 

Krugman P., “Secular Stagnation, coalmines, bubbles, and Larry Summers,” The New York Times, 16 November 2013.

 

Marini G. e Pannone A. (2007), “Capital and Capacity Utilization Revisited: A Theory for Information Technology-Assisted Production Systems” Structural Change and Economic Dynamics, Vol 18, No 2., 2007, Elsevier.

 

Pannone A. (2010), “Production, Unemployment and Wage Flexibility in an ICT-Assisted Economy: a Model”, Structural Change and Economic Dynamics, Elsevier, vol. 21 (3), pp. 219-230, August 2010

 

Pannone A. (2013), “Undesired Excess Capacity and Equilibrium in an Advanced Market Economy.” Modern Economy 4 (2013): 733

 

Pannone A. (2017), Potere, moneta e crisi. Le vere incognite dell’economia 4.0 al link http://temi.repubblica.it/micromega-online/potere-moneta-e-crisi-le-vere-incognite-dell’economia-40/ .

 

Summers, L. (2014), “What to do about secular stagnation?”, paper presentato al World Economic Forum, 31 ottobre.

 

[1] Si veda tra gli altri Bernanke 2005, Koo 2011,  Summer 2013, Krugman 2013, e, in generale, il dibattito sulla ‘stagnazione secolare’. Si veda anche l’intervento del Ministro Padoan a Cernobbio al link http://video.gelocal.it/corrierealpi/economia/cernobbio-padoan-non-siamo-in-stagnazione-secolare-ma-troppi-risparmi-e-pochi-investimenti/59178/59508 .

[2] Secondo l’analisi fin qui adottata, l’eccesso di risparmio è associato a condizioni recessive. Differentemente, l’iniziale ipotesi di global saving glut proposta da Bernanke nel 2005 (vedi sopra), senza peraltro spiegarne chiaramente le cause, era legata a squilibri di partite correnti della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti in condizioni di crescita e non di recessione. Ad ogni modo lo stesso Bernanke nel suo blog nel 2015 ha affermato che “a “global savings glut,” caused by people and governments overseas saving too much, has driven unemployment up in the United States” (https://www.brookings.edu/blog/ben-bernanke/2015/03/31/why-are-interest-rates-so-low-part-2-secular-stagnation/ ) e che tale ipotesi sia utile per comprendere gli sviluppi di “a world that is short aggregate demand”.

[3] A queste due ipotesi va aggiunta l’assunzione fatta poco prima per cui le scorte indesiderate sono considerate come ‘risparmio di impresa’.

[4] Per sistemi di produzione ICT-based intendiamo processi produttivi che fanno uso massivo di Information and Telecomunication Technologies. Su questo punto si veda Marini e Pannone 2007, Pannone 2010 e 2013..

[5] L’idea che i cambiamenti della domanda aggregata abbiano un apprezzabile e persistente effetto sull’offerta aggregata era stata già espressa da Keynes nel settimo capitolo della Teoria Generale (1936). Recentemente Larry Summers, uno dei più autorevoli economisti in circolazione, ha espresso un concetto analogo riferendosi all’economia post 2000: “Perhaps Say’s dubious law has a more legitimate corollary – “Lack of Demand creates Lack of Supply” (Summers 2014 p. 37).

[6] Questo impedisce sempre, tra l’altro, che i prezzi possano ridursi automaticamente, come vorrebbe invece la teoria neoclassica, una volta che l’economia si allontani dall’equilibrio di pieno impiego per effetto di una caduta della domanda. Una certa difficoltà all’aggiustamento dei prezzi nelle economie moderne è oggi confermata da diversi studi. Per riferimenti dettagliati sul punto si veda Pannone 2017.

[7] Un livello di utilizzazione della capacità produttiva dell’economia ben al di sotto dell’82-85% (il livello considerato ‘normale’ dagli economisti) è ormai chiaramente documentato da molti dati relativi a USA, Europa, Giappone, a partire dal 2000 fino ai giorni nostri. Si veda sul punto Pannone 2017.

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