Un’immagine fatalmente distorta: come la Germania vede l’Italia.

Scarica pdf Partecipa alla discussione Torna indietro Home

Political and social notes

L’articolo di Thomas Fricke apparso di recente su Der Spiegel (Deutschlands fatales Zerrbild von Italien, 24 04 2020) e riportato qui di seguito in lingua italiana, offre una testimonianza dell’esistenza di voci che, anche in Germania, difendono le posizioni espresse in questa rivista. Da un lato, questo articolo può quindi aiutare a sfuggire alla tentazione di alimentare il dibattito sulle esitazioni europee di fronte alla crisi sulla base di cliché opposti a quelli utilizzati in Germania per dipingere la realtà italiana. Dall’altro, tuttavia, l’attacco di Fricke alle roccaforti del conservatorismo tedesco (nel suo articolo incarnato da Wolfgang Schaeuble, Hans-Werner Sinn e Ottmar Issing) non deve far dimenticare che la sua posizione è nettamente minoritaria nel paese. Inoltre, non si deve dimenticare che le recenti aperture dell’ortodossia tedesca criticata da Fricke, apparentemente di rottura rispetto ai contenuti dei trattati europei,[1] non sono figlie di un ripensamento sui meccanismi che governano il funzionamento di una economia di mercato né, tantomeno, dei principi (ordoliberali) che devono guidare la politica economica. Pertanto, è necessario essere consapevoli del fatto che queste aperture non mettono il nostro paese al riparo da eventuali future misure di ‘sorveglianza’ dei conti pubblici, che però non sono sostenibili né sul piano economico né su quello sociale.

Il vero dramma dell’euro sta nel cliché errato degli italiani scialacquatori. Ciò non ha nulla a che vedere con la realtà – ma sta per disgregare l’Unione europea.

Forse è una conseguenza dei molti film sulla mafia. Forse si tratta anche soltanto di invidia, semplicemente perché l’Italia ha il clima migliore, il cibo migliore, più sole e il mare. In ogni caso ci deve essere qualcosa che spieghi questo impulso a insistere sul fatto che noi tedeschi siamo più parsimoniosi, più seri e, in generale, più meritevoli di fiducia. E che, a questo riguardo, gli italiani presentino gravi insufficienze. Come alcune persone insegnano anche adesso, durante il più grande dramma senza colpevoli da decenni a questa parte.

Tanta arroganza tedesca è comunque tragica, ma lo è in modo particolare in questo momento storico. Perché? Perché il ritornello tedesco sulla realtà della vita italiana già da molto tempo c’entra come i crauti con le abitudini alimentari a Wanne-Eickel o come la tanto lodata puntualità tedesca con la velocità di costruzione del bellissimo aeroporto della nostra capitale. Il che, naturalmente, fa sorridere.

Non così, però, l’imbarazzante discussione sulla questione, se la Germania debba partecipare agli Eurobond per venire in aiuto ad altri – o se non debba invece fantasticare sul fatto che gli italiani avrebbero dovuto risparmiare di più in passato. Ciò potrebbe spiegare la mancanza di zelo tedesco per lanciare finalmente una storica operazione di salvataggio nell’UE, come ancora durante il vertice di questa settimana. L’Europa è minacciata da un dramma non perché gli italiani abbiano torto, ma perché sono una parte importante della rappresentazione tedesca della realtà.

Se durante una crisi come questa lo Stato italiano viene messo sotto pressione finanziaria, ciò dipende dal fatto (sempre che si possa affermare che esso dipenda davvero dagli italiani) che il paese presenta un rapporto debito/PIL abbastanza elevato ereditato dal passato. Ma tutto questo ha poco a che vedere con la realtà attuale, quanto piuttosto con una fase di effettivo deragliamento risalente agli anni ’80 – sebbene, come spiega Antonella Stirati dell’Università Roma Tre, questo deragliamento non possa, di per sé, essere imputato a una mentalità votata allo scialacquio, ma anche a una improvvisa impennata dei tassi di interesse.

Questo stato di cose risale a quarant’anni fa. Piccolo esercizio di riflessione: se nel 1953 noi tedeschi non avessimo trovato degli amici stranieri tanto cari da cancellare una parte dei nostri debiti, anche noi non faremmo proprio una bella figura a causa di debiti accumulati nel passato. Inoltre, dopo la prima guerra mondiale, la Germania ha mostrato come vanno a finire le cose quando si suppone che la gente continui a pagare i debiti storicamente contratti. Alla fine, il sistema è destinato a crollare, come rischia di accadere da anni in Italia.

Quanto gli italiani abbiano effettivamente scialacquato, si evince meglio dalla lettura dei bilanci pubblici più recenti. Sottraendo ciò che viene speso come pagamento di interessi per il servizio di vecchi debiti, dal 1992, anno dopo anno, i governi italiani hanno accumulato delle eccedenze nei loro bilanci pubblici. In altre parole, da trent’anni lo Stato italiano spende per i suoi cittadini meno di quanto incassi da loro. Con l’unica eccezione del 2009, l’anno della crisi finanziaria mondiale. Questo è un risparmio da record, non uno scialacquio di risorse, mia cara casalinga sveva.

Dopo la crisi dell’euro, tutto ciò si è tramutato in catastrofe, quando capi di governo come Mario Monti, sotto la pressione internazionale e soprattutto tedesca, hanno fatto passare una riforma dopo l’altra. A volte sul mercato del lavoro, a volte per le pensioni. Dolce vita? Idiozie. Secondo Stirati, a causa della pressione della corsa al risparmio, dal 2010 gli investimenti pubblici in Italia sono diminuiti del 40%. Un vero e proprio crollo. Oggi lo Stato italiano investe quasi un decimo in meno nell’istruzione. Una follia.

Nel complesso, in Italia la spesa pubblica reale è stagnante dal 2006. In confronto, nello stesso periodo, in Germania la spesa pubblica è aumentata di quasi il 20%. E questo, miei cari sapientoni, non si può legittimare affermando la presunta necessità di una compensazione perché gli italiani hanno speso troppo in passato. Rispetto all’Italia, in Germania lo Stato spende pro capite un quarto in più. Una circostanza che, in queste settimane, si è fatta dolorosamente sentire.

In questa crisi del coronavirus, tutto questo si sta traducendo in un dramma inconcepibile: dal 2010 i governi italiani hanno tagliato anche la spesa pubblica per la sanità – mentre, da allora, ogni anno la spesa pro capite in Germania è costantemente aumentata. Di conseguenza, quando è scoppiata la pandemia, in Italia vi è stata una mancanza di letti ancora maggiore e sono morte persone che potrebbero essere ancora vive. Nessuna colpa diretta dei politici tedeschi, naturalmente. Ma è giunto il momento di smetterla con i falsi insegnamenti – e di contribuire a risolvere il disastro, caro signor Schaeuble. O, per una volta, dire “scusate”.

Invece, ancora in questi giorni, clown tedeschi di fama mondiale scrivono in tutta serietà sulla “dipendenza da credito” degli italiani. Anche in questo caso, un piccolo suggerimento fattuale: in nessun altro Paese dell’UE il debito privato in rapporto al prodotto interno lordo è così basso come in Italia.

Altre domande sul perché in Italia la scorsa settimana la percentuale di coloro che vogliono lasciare l’UE è salita a oltre il 50 per cento? Per capire, almeno a grandi linee, questo dato, basta mettersi nei panni di quelle persone che a Milano o a Bergamo hanno dovuto sperimentare le conseguenze di tutti i tagli appena citati nella loro vita quotidiana, e che forse hanno appena perso il padre o la madre a causa del sovraccarico di lavoro negli ospedali – e ora, devono pure leggere che, secondo i pezzi grossi tedeschi, avrebbero dovuto risparmiare. Se fossi italiano, prima o poi anche io gli direi “Fuori dalle scatole!”.

Nulla di tutto ciò può essere imputato ai tedeschi in quanto tali. Dietro a tutto questo vi è piuttosto il colossale fallimento di coloro che, nel nostro paese, si danno liberamente alla professione politica, si atteggiano a papi dell’economia o si lasciano andare al puro risentimento. E che, per pigrizia o quant’altro, preferiscono rimestare vecchi cliché piuttosto che occuparsi delle persone o di regole relativamente semplici di analisi macroeconomica e statistica. Ma non è sufficiente recitare semplicemente il vecchio ritornello sul rapporto di indebitamento dell’Italia.

Se dopo la crisi dell’euro il debito pubblico italiano è tornato a salire, ciò non è dipeso da una mancanza di risparmi. Chiunque riduca la spesa e aumenti le tasse in tempi di crisi peggiora le cose dal punto di vista economico e quindi del bilancio pubblico – perché finisce per avere più disavanzi e debiti di prima. Con un po’ di buona volontà, dovrebbe essere possibile trasmettere questo messaggio anche in Germania. Non siamo poi così più stupidi degli altri.

Quando, per anni, attraverso la sua interpretazione eccessiva ed errata dei saldi Target2, Hans-Werner Sinn ha inculcato la favola dei malvagi sud europei nella mente della gente comune, ciò è dipeso più dallo zelo e, forse, dal risentimento che dalla mancanza di competenza (che di certo non gli manca). Rasenta inoltre la follia che anche ex capi economisti della Banca Centrale Europea come Ottmar Issing sembrino dimenticare la realtà dei dati puri e semplici per affermare oscuramente che la politica italiana vuole gli Eurobond soltanto per continuare a indebitarsi all’infinito – dopo che i politici italiani hanno generato eccedenze di bilancio per oltre tre decenni. Che senso ha?

Forse la prima cosa di cui l’Europa ha bisogno per salvarsi sono nuovi esperti tedeschi. Per alcuni, che ora possono essere ascoltati a voce alta, la buona immagine tedesca nel mondo è semplicemente sbagliata.

Non siamo al circo. Ma in una crisi tanto seria da mozzare il fiato. Per come stanno andando le cose, il numero di italiani che sono stufi di questa Europa, e che non vogliono più sentirsi dire nulla sulla loro vita quotidiana da persone che apparentemente non ne hanno alcuna idea, continuerà ad aumentare.

È giunto il momento di porre fine al dramma – e che ciò avvenga pure attraverso gli Eurobond, come simbolo della comunità di destino cui comunque apparteniamo per effetto della partecipazione alla moneta comune. C’è ancora tempo per i tedeschi per rimettersi in carreggiata dopo le scorse, convulse settimane.

Altrimenti, entro un paio di anni, l’Unione Europea non sarà più una unione. E in Italia, come in Francia, arriveranno al potere persone che, come già ora Donald Trump o Boris Johnson, non avranno più voglia di partecipare al gioco. Il gioco su cui, per decenni, la Germania ha costruito la sua prosperità.


[1] Si vedano, per esempio, le posizioni recentemente espresse da Jens Weidman, Lars Feld e Clemens Fuest e riportate da Tonia Mastrobuoni su Affari & Finanza del 20 aprile scorso: “Non volano più soltanto i falchi nel cielo sopra Berlino”.

L’articolo di Thomas Fricke apparso di recente su Der Spiegel (Deutschlands fatales Zerrbild von Italien, 24 04 2020) e riportato qui di seguito in lingua italiana

L’articolo di Thomas Fricke apparso di recente su Der Spiegel (Deutschlands fatales Zerrbild von Italien, 24 04 2020) e riportato qui di seguito in lingua italiana, offre una testimonianza dell’esistenza di voci che, anche in Germania, difendono le posizioni espresse in questa rivista.
Thomas Fricke

L’articolo di Thomas Fricke apparso di recente su Der Spiegel (Deutschlands fatales Zerrbild von Italien, 24 04 2020) e riportato qui di seguito in lingua italiana, offre una testimonianza dell’esistenza di voci che, anche in Germania, difendono le posizioni espresse in questa rivista.

economiaepolitica.it utilizza cookies propri e di terze parti per migliorare la navigazione.