Il riparto delle risorse del PNRR fra circoscrizioni, regioni e componenti del PNRR: prime evidenze

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Introduzione A fine 2022 i processi attuativi del PNRR sono ormai in uno stadio molto avanzato. In particolare, sono praticamente compiuti tutti i processi miranti ad allocare le […]

Introduzione

A fine 2022 i processi attuativi del PNRR sono ormai in uno stadio molto avanzato. In particolare, sono praticamente compiuti tutti i processi miranti ad allocare le risorse disponibili a specifici progetti, e quindi a distribuirli sul territorio nazionale. Questo processo è avvenuto attraverso una pluralità di meccanismi allocativi: alcuni progetti, per una quota relativamente piccola sul totale, erano già individuati nel testo del Piano e del Fondo Complementare; in altri casi – ad esempio per la Missione 6 relativa alla sanità – si è proceduto con riparti territoriali su base regionale, largamente basati sul peso demografico delle singole regioni, e a valle con l’individuazione degli specifici interventi. In altri casi ancora, particolarmente significativi (ad esempio nel campo dell’istruzione) si è proceduto attraverso bandi competitivi riservati alle pubbliche amministrazioni territoriali, accompagnati o meno da meccanismi di riparto su base territoriale. Non va infine dimenticato che una parte delle risorse disponibili viene allocata a domanda, con meccanismi a sportello, come nei rilevantissimi casi dei crediti di imposta di Transizione 4.0 o dei superbonus edilizi.

Sull’allocazione territoriale il Governo è tenuto a presentare semestralmente al Parlamento una relazione, che viene realizzata dal Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio, sul rispetto del vincolo di allocazione nel Mezzogiorno del 40% del totale degli investimenti. Come si apprende dalla più recente Relazione, con dati al 30.6.2022, tale vincolo di destinazione è al momento rispettato, anche se non mancano preoccupazioni circa l’esito finale relativo all’insieme delle risorse; così come non mancano casi – fra i più rilevanti quello dell’ex Ministero dello Sviluppo Economico – in cui la “quota Sud” è largamente inferiore al 40%. Questi dati, tuttavia, come da obbligo normativo, riguardano esclusivamente le macro-circoscrizioni territoriali Centro-Nord e Mezzogiorno e non gli specifici territori al loro interno. Essendo, come ricordato, molte risorse del PNRR allocate su base competitiva, non possono escludersi differenze di intensità di investimento fra regioni e fra aree al loro interno.

Purtroppo, la disponibilità di dati territoriali relativi alle allocazioni del PNRR sconta ancora significative carenze e ritardi nell’alimentazione delle relative basi-dati pubbliche. Per questo motivo può essere utile analizzare le risultanze di una apposita analisi recentemente realizzata dai Nuclei regionali di Ricerca della Banca d’Italia.

Gli uffici della Banca d’Italia hanno infatti lavorato direttamente sui decreti di assegnazione delle risorse PNRR agli Enti Territoriali. Sono stati presi in esame i dati relativi alle risorse territorializzabili, alla data del 17 ottobre 2022 e rivenienti sia dal PNRR sia da risorse nazionali aggiuntive sulle stesse misure. Si riferiscono ad interventi che saranno gestiti da Regioni (lavoro, sanità), Comuni (in molti ambiti), gestori dei servizi idrici e ambientali, università.

L’analisi territorializza, su base regionale, un importo totale poco inferiore ai 68 miliardi, cioè poco meno di un terzo dell’intero PNRR. Più in particolare sono disponibili per 15 regioni italiane (ad esclusione di Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Liguria, Veneto e Sardegna) e per le quattro macro-ripartizioni territoriali dati relativi al totale delle assegnazioni e alla loro ripartizione nelle seguenti Missioni e Componenti del PNRR. Esse sono: M1 (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo), ripartite a loro volta fra M1C1 (Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA) e M1C3 (Turismo e cultura); M2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica), ripartite a loro volta fra M2C1 (Agricoltura sostenibile e economia circolare), M2C2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile), M2C3 (Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici), M2C4 (tutela del territorio e risorsa idrica); M3 (Infrastrutture per una mobilità sostenibile), ripartite fra M3C1 (Reti ferroviarie) e M3C2 (Intermodalità e logistica integrata; M4 (Istruzione e ricerca), suddivise fra M4C1 (Servizi di istruzione dagli asili nido alle università) e M4C2 (Dalla ricerca all’impresa); M5 (Inclusione e coesione), suddivisi fra M5C1 (Politiche per il lavoro), M5C2 (infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore), M5C3 (interventi per la coesione territoriale); infine, M6 (Salute), suddivisi fra M5C1 (reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale) e M6C2 (Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale)[1]. Si ricordi che mancano molte importanti misure, fra cui le incentivazioni alle imprese, la cui geografia potrebbe essere significativamente diversa.

Poco meno di un terzo di tali fondi è indirizzato alla M2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” (in particolare alla M2C2 Energia rinnovabile e alla M2C4 Risorsa idrica); oltre il 20 per cento alla M5 “Inclusione e coesione” (principalmente alla rigenerazione urbana, al miglioramento delle periferie e al rafforzamento dei servizi di tipo sociale, inclusi nella M5C2). Gli interventi in materia di M4 Istruzione assorbono circa il 17 per cento dei finanziamenti (destinati in particolare alla M4C1, e cioè al rafforzamento dei servizi educativi fino ai sei anni e alla scuola primaria e secondaria). I provvedimenti relativi alla sanità, sia per le strutture M6C1 sia per l’Innovazione sanitaria M6C2, in larga parte volti all’ammodernamento e al rafforzamento della rete ospedaliera e allo sviluppo dell’assistenza territoriale, ammontano al 16 per cento. Per la componente Lavoro è allocata solo la prima annualità.

Tutte le tabelle che seguono sono realizzate attraverso i dati contenuti nei Rapporti delle sedi regionali della Banca d’Italia e dalla relativa sintesi.

I dati sulle risorse territorializzate elaborati dalla Banca d’Italia completano e integrano quelli resi disponibili dal monitoraggio ufficiale del Dipartimento per la Coesione: da un punto di vista territoriale, suddividono in Centro-Nord fra Nord-Ovest, Nord-Est e Centro; da un punto di vista tipologico, seguono la distinzione fra le componenti del Piano.

Essi confermano un’allocazione nel Mezzogiorno di circa 29 miliardi, pari al 43% del totale considerato. Si ricordi che per rispettare l’indicazione di legge sull’allocazione nel Mezzogiorno del 40% del totale, tale cifra deve essere pari a 86 miliardi. I dati qui presentati si riferiscono quindi ad una quota significativa ma parziale del totale. In termini pro-capite gli importi destinati al Sud sono sempre, seppur in alcuni casi molto lievemente, superiori al dato nazionale, ad eccezione della importante componente M4C2 Dalla ricerca all’impresa.

Le allocazioni nel Mezzogiorno, in valore assoluto, sono particolarmente significative nelle componenti M5C2 Infrastrutture sociali (5 miliardi), M2C4 Risorsa idrica (4,2 miliardi), M4C1 Istruzione (3,8 miliardi), M2C2 Energia rinnovabile (3,2 miliardi) e M6C2 Innovazione sanitaria (3 miliardi). Quanto al peso sul totale nazionale, esso appare particolarmente alto soprattutto nelle  componenti M3C1 Ferrovie (72%), M5C3 Coesione territoriale (69%). Più contenuto, invece, nelle componenti M4C2 Dalla ricerca all’impresa (33%) e M1C3 Turismo (37%). Quest’ultima considerazione conferma la rilevante criticità già notata dal Dipartimento per la Coesione: le risorse del PNRR al Sud paiono più significative negli interventi infrastrutturali che in quelli dedicati al potenziamento delle strutture produttive, come quelli relative all’incentivazione degli investimenti delle imprese (come già detto non inclusi in questo ambito di analisi) ma anche agli interventi per il turismo e per le relazione ricerca-impresa come appena notato.

La disponibilità di dati disaggregati territorialmente per il Centro-Nord consente di vedere come le allocazioni in pro-capite siano maggiori nel Nord-Est e nel Centro rispetto al Nord-Ovest. Se si guardano i dati sulle singole componenti, sembrano emergere anche alcune peculiarità: le allocazioni nel Nord-Ovest sono particolarmente significative nelle componenti M1C1 Digitalizzazione PA, M2C4 Risorsa idrica e M2C2 Dalla ricerca all’impresa. In questa componente il dato pro-capite è superiore sia nel Nord-Ovest che nel Nord-Est rispetto al Mezzogiorno. Gli investimenti nel Nord-Est appaiono piuttosto equilibrati per componente, con un picco relativo solo nella componente M3C2 Intermodalità. Infine, nell’Italia Centrale sono relativamente alte le allocazioni nella M1C3 Turismo e nella M5C3 Coesione territoriale.

Come già ricordato, le elaborazioni della Banca d’Italia consentono di disporre di dati affidabili relativi alle allocazioni in 15 regioni italiane, di cui 7 su 8 nel Mezzogiorno.

Guardando ai dati totali, le maggiori allocazioni sono in Lombardia (6,6 miliardi), seguita immediatamente dalla Campania (6,7) e poi dalla Sicilia (5,7) e da lazio e Puglia, intorno ai 4,7 miliardi (ma si ricordi che mancano Emilia-Romagna e Veneto). Più significativi sono naturalmente in dati rapportati alla popolazione, cioè espressi in pro-capite. In questo caso emerge, come era logico aspettarsi, un favore verso le regioni di minore dimensione, a partire dal Molise (1948 euro per abitante contro una media nazionale di 964), e poi da Basilicata, Valle d’Aosta ma anche da Abruzzo e Calabria.

Un’intensità intorno ai 1.200 per abitante si riscontra nelle tre principali regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Sicilia), nelle Marche, in Umbria. Inferiori sono invece i dati in pro-capite per Piemonte, Lombardia e Toscana. La disaggregazione per principali componenti consente anche di apprezzare la composizione degli stanziamenti nelle regioni del Mezzogiorno.

Che cosa emerge dall’analisi per componenti delle allocazioni regionali? Va premesso che le allocazioni per le componenti M5C1 Strutture sanitarie e M5C2 Innovazione sanitaria sono molto simili per tutte le regioni, lievemente superiori alle medie nazionali. E che purtroppo non sono disponibili i dati regionali relativi alla M4C2 Dalla ricerca all’impresa che, come già detto, mostrano una allocazione nel Mezzogiorno relativamente modesta, e alla M3C2 Intermodalità.

In Sicilia è molto significativa l’allocazione di risorse per le componenti M2C2 Energie rinnovabili (1,3 miliardi, con un’intensità doppia relativa alla media nazionale) e M5C2 Infrastrutture sociali (1,2 miliardi, anche in questo caso con una intensità decisamente superiore alla media nazionale. Al contrario appaiono relativamente modesti – rispetto alle altre regioni – gli investimenti previsti nella componente M1C3 Turismo e soprattutto nelle M2C4 Risorsa idrica e M4C1 Istruzione. Il caso siciliano merita particolare attenzione. Un censimento sui progetti presentati dai comuni effettuato dal Servizio Centrale del PNRR e riportato da “Il Sole 24 Ore” indica una numerosità di progetti presentati in Sicilia significativamente inferiore a quella delle altre regioni del Mezzogiorno. L’indicazione sembra coerente con quanto emerso dai bandi per gli asili nido, che hanno trovato una buona risposta sia in Campania sia in Calabria e che invece in Sicilia si sono scontrati con una richiesta relativamente limitata da parte delle Amministrazioni Comunali, tanto che una parte significativa del plafond finanziario destinato a quella regione è stato alla fine dirottato su progetti aggiuntivi presentati dai Comuni pugliesi.

In Calabria, particolarmente intensi gli investimenti previsti per le componenti M4C1 Istruzione (468 milioni), M5C2 Infrastrutture Sociali (500) e M2C4 Risorsa idrica. Al contrario appaiono modesti gli stanziamenti per la componente M2C2 Energia rinnovabile (solo 140 milioni). È evidente una forte differenziazione rispetto alla Sicilia. Molto simile a quello calabrese, il quadro in Basilicata, con allocazioni particolarmente rilevanti per M2C4 Risorsa idrica e M4C1 Istruzione; più modesti, invece per M2C2 Energia rinnovabile (come in Calabria) e M5C2 Infrastrutture sociali.

Articolato il quadro pugliese. In quel caso ingenti risorse sono disponibili per la M5C2 Infrastrutture sociali (1,1 miliardi), per la M2C2 Energie rinnovabili (686 milioni), per la M4C1 Istruzione (659 milioni) e per la M3C1 Ferrovie (466 milioni): in tutti i casi con una intensità decisamente superiore alla media italiana. Relativamente più scarse invece le allocazioni per la M1C3 Turismo e soprattutto per la M2C4 Risorsa idrica, le più basse in intensità nel Mezzogiorno e inferiori alla media italiana.

Molto rilevanti in Campania le cifre disponibili per la M5C2 Infrastrutture sociali (1 miliardo), per la M4C1 Istruzione (1 miliardo), per la M2C4 Risorsa idrica (862 milioni) e la M3C1 ferrovie, con 655 milioni. Appena superiori invece all’intensità media italiana le risorse pro-capite per le Energie rinnovabili, modeste quelle per la M1C3 Turismo.

Infine, nel caso molisano tutte le allocazioni sono molto più intense che nella media nazionale ad eccezione delle componenti M1C3 Turismo e M3C1 Ferrovie (senza investimenti). In Abruzzo, spiccano in positivo i dati relativi alle componenti M2C4 Risorsa idrica, M4C1 Istruzione e M5C3 Coesione territoriale (per la presenza dell’area del terremoto); in negativo le allocazione relativamente modeste per la M2C2 Energia rinnovabile, M3C1 Ferrovie e M5C2 Infrastrutture sociali.

Quanto alle regioni del Centro-Nord merita segnalare le allocazioni particolarmente significative in Toscana per la M2C2 Energia rinnovabile e nelle Marche per Risorse Idriche, Istruzione e Infrastrutture sociali.

Dal quadro emergono quindi alcune informazioni interessanti per il Mezzogiorno, come la forte concentrazione, al momento, in Puglia e Sicilia degli stanziamenti per le energie rinnovabili, e in Campania e Puglia di quelli per le ferrovie. Le carenze nelle stesse due regioni Puglia e Sicilia delle allocazioni per le risorse idriche, e la grave debolezza siciliana nel campo degli investimenti per l’Istruzione.


[1] Per esigenze di sintesi, di seguito si farà riferimento alle Componenti con le seguenti denominazioni:

M1C1 (Digitalizzazione PA); M1C3 (Turismo); M2C1 (Agricoltura sostenibile); M2C2 (Energia rinnovabile);

M2C3 (Riqualificazione edifici); M2C4 (Risorsa idrica); M3C1 (Ferrovie); M3C2 (Intermodalità); M4C1 (Istruzione); M4C2 (Dalla ricerca all’impresa); M5C1 (Lavoro); M5C2 (Infrastrutture sociali); M5C3 (Coesione territoriale); M5C1 (Strutture sanitarie); M6C2 (Innovazione sanitaria).

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