La carenza dei semiconduttori: cause e previsioni sulla sua evoluzione

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Political and social notes

Abstract

La carenza di semiconduttori sta incidendo negativamente su diversi settori industriali. Si è palesata in modo dirompente in seguito alla pandemia che ha innescato una serie di eventi non previsti. Il presente lavoro discute le cause che hanno determinato la carenza di semiconduttori. Focalizzando l’attenzione sull’Europa e sull’Italia, il lavoro presenta le principali azioni di policy intraprese dalla Commissione Europea e dal Governo italiano a sostegno dell’industria europea e italiana dei semiconduttori. Infine, viene discussa l’evoluzione della carenza dei chip che rimane ancora una questione aperta e molto dibattuta.

1. Introduzione

L’industria globale dei semiconduttori gioca un ruolo cruciale in tutte le filiere industriali avanzate, tra cui l’elettronica, l’automotive, l’aerospazio, la difesa, la robotica e le applicazioni industriali. Nel 2022, l’industria dei semiconduttori ha fatturato circa 601,7 miliardi di dollari (il livello più elevato di sempre, +1,1% rispetto al 2021), con un tasso medio di crescita negli ultimi 20 anni pari a circa il 7%. Si prevede che i ricavi raggiungeranno un valore superiore a 1 trilione di dollari nel 2030 (Commission Staff Working Document 2022). Va rilevato, comunque, che nella seconda metà 2022, la crescita fatturato è stata moderata, a causa del rallentamento dell’economia mondiale ma le prospettive di crescita di lungo termine rimangono molto promettenti (SIA, 2023). A differenza di altre industrie e settori, con l’emergere della pandemia, la domanda di chip è cresciuta molto di più dell’offerta ottenuta da impianti produttivi utilizzati ai massimi livelli. Ciò ha determinato, su scala globale, una grave carenza di semiconduttori che ha causato per alcune delle filiere produttive avanzate, come per esempio quella dell’automotive, una contrazione/interruzione della produzione e, quindi, perdite di valore aggiunto. 

Data la sua strategicità per lo sviluppo industriale e tecnologico dei paesi, i Governi di quelli maggiormente coinvolti nella filiera produttiva, ossia Usa, Cina e Europa, hanno avviato inedite politiche di supporto, anche al fine di risolvere il problema della carenza di semiconduttori. Il Governo americano ha introdotto di recente alcuni provvedimenti legislativi che avranno importanti ricadute sull’economia statunitense, l’American Chips Act e l’Inflation Reduction Act (IRA). A marzo 2021, il Governo cinese ha approvato il 14° Piano quinquennale (2021-2025) per lo sviluppo economico e sociale del Paese, con l’intento di rendere la Cina indipendente nelle industrie di maggiore valore strategico, su tutti quella dei semiconduttori. In Europa, la Commissione Europea ha proposto il Regolamento denominato European Chips Act, con l’intento di aumentare la quota europea della produzione mondiale di chip – passando dal 10% al 20% entro il 2030 – e rendere la catena di approvvigionamento dei semiconduttori resiliente. Per colmare la carenza di chip, anche le aziende leader dell’industria hanno pianificato investimenti di ampliamento della capacità produttiva. Per dare un ordine di grandezza, le prime tre aziende leader su scala mondiale dell’industria – Samsung, Intel e TSMC – hanno pianificato nel medio periodo investimenti per un valore complessivo superiore a 100 miliardi di dollari ciascuna (Samsung, 2022; Intel 2022; TSMC, 2022). A distanza di tre anni dal suo inizio, la carenza di chip è ancora una questione aperta e molto dibattuta e sembra di non facile previsione. Alla sua evoluzione concorrono una molteplicità di fattori e non esiste, ancora, un parere condiviso tra gli esperti e gli operatori del mercato sul momento in cui si ritornerà alla normalità.

2. Principali caratteristiche dell’industria globale dei semiconduttori

L’industria dei semiconduttori presenta delle caratteristiche che hanno determinato una forte concentrazione delle attività produttive nelle mani di poche e grandi imprese, altamente specializzate, ad alta intensità di capitale e localizzate in particolari aree geografiche. Quest’ultimo aspetto fa sì che la catena di approvvigionamento sia di tipo globale, interessando nello specifico Stati Uniti, Cina, Europa, Taiwan, la Corea del Sud ed il Giappone. In secondo luogo, l’elevata intensità di capitale, sia per la realizzazione degli impianti produttivi sia per le attività di R&S, associata a tempi di implementazione lunghi e la continua corsa all’innovazione del prodotto, relativa alla dimensione del nodo tecnologico (connessa alla c.d. legge di Moore[1]) – e a quella del wafer[2], hanno determinato elevate barriere all’entrata di nuovi operatori. L’industria è, quindi, un esempio di mercato oligopolistico. Infine, le imprese dell’industria tendono ad ampliare la loro capacità produttiva solo quando esiste un completo assorbimento da parte della domanda, negli ultimi anni in continua crescita grazie all’accelerazione della trasformazione digitale.

I chip realizzati con i semiconduttori possono essere classificati in quattro principali gruppi di prodotti, principalmente in base alla loro funzione: 1. i microprocessori e i dispositivi logici – utilizzati per lo scambio e l’elaborazione di dati in computer, dispositivi di comunicazione ed elettronica di consumo, industriale, militare, biomedicale, ecc. 2. i dispositivi di memoria – utilizzati per memorizzare le informazioni. 3. i dispositivi analogici – utilizzati per tradurre i segnali analogici, come luce, tatto e voce, in segnali digitali. 4. Optoelettronica, sensori e discreti (comunemente indicati come O-S-D).

Il processo di produzione dei semiconduttori può essere suddiviso in tre fasi principali: 1. progettazione e design (definizione dei requisiti del prodotto e della struttura dei chip); 2. fabbricazione che a sua volta ricomprende i seguenti stadi: a) la formazione del wafer, b) i processi front-end (sui dischi di silicio viene impressa una serie di circuiti elettronici) e c) i processi back-end (i singoli chip vengono separati, confezionati in plastica e testati); 3. assemblaggio (verifica del corretto funzionamento, packaging e integrazione in prodotti elettronici “downstream”). La fase del processo produttivo che crea la maggior parte del valore aggiunto è quella della progettazione e del design, a seguire c’è la fase di fabbricazione. Le aziende che si concentrano esclusivamente su progettazione e design sono denominate fabless, mentre i produttori verticalmente integrati sono denominati integrated device manufacturers (IDMs); infine le aziende principalmente specializzate nella fabbricazione di chip sono note come foundries.

Gli Stati Uniti assumono un ruolo centrale nella progettazione e design, mentre l’Asia orientale – Taiwan e Corea in particolare – nella produzione. La Cina è leader nella fase dell’assemblaggio e nella fornitura di alcune materie prime necessarie per la produzione di chip, mentre l’Europa è specializzata nella produzione di chip destinati al settore automotive e alle applicazioni industriali e nella fornitura di attrezzatture e macchinari.

3. Le principali cause dello shortage

La carenza dell’offerta di semiconduttori, iniziata nel 2020, è il risultato di una serie di cause sia interne all’industria sia esterne, ossia legate al verificarsi di situazioni di contesto non previste.

Tra le cause interne si possono segnalare: i) un’evoluzione disordinata della domanda di semiconduttori durante la pandemia. La pandemia ha provocato in alcuni mercati, come quello dell’elettronica, un aumento immediato e vertiginoso delle richieste di prodotti ICT e in altri mercati, come quello automobilistico, inizialmente una brusca frenata della domanda e in un secondo momento una sua ripresa molto vigorosa, ii) una stima imprecisa delle variazioni di domanda dei prodotti finali, causata da informazioni confuse e indirette lungo la catena di approvvigionamento (c.d. effetto bullwhip). iii) una gestione delle forniture non adeguata. Ad esempio, le case automobilistiche si affidano ancora in gran parte a strategie di just-in-time. Molti componenti delle auto hanno un’unica fonte ed i contratti prevedono elevati standard di qualità che limitano la flessibilità della catena di approvvigionamento in caso di carenza e iv) la presenza di barriere all’entrata che limitano l’ingresso di nuovi operatori e v) una capacità di produzione non facilmente adattabile che richiede ingenti risorse.

I principali fattori esterni che hanno contribuito a determinare la carenza di semiconduttori sono: i) il verificarsi di disastri naturali. In Texas, a febbraio 2021 una forte tempesta invernale ha portato alla chiusura di diversi impianti di fabbricazione di wafer, comprese due strutture dei principali fornitori di semiconduttori per autoveicoli (Infineon e NXP). Inoltre, Taiwan è stata colpita dalla siccità ed il Governo ha attuato il razionamento dell’acqua che ha limitato la produzione in alcuni dei più grandi stabilimenti gestiti da Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC) – il principale produttore di chip su scala mondiale; ii) il verificarsi di incidenti. Nel marzo 2021, un incendio in Giappone ha bruciato 600 m2 di una fabbrica di wafer da 300 mm di proprietà di Renesas, un fornitore chiave di chip automobilistici. iii) l’elevata incertezza che caratterizza l’attuale contesto, dovuta ad una serie fattori. In primo luogo, alle tensioni commerciali tra Cina e USA che continuano ad avere riflessi sulle aziende di tutto il mondo e più in particolare su quelle americane (CRS, 2022 e SEMI, 2020). In secondo luogo, alle tensioni tra la Cina e Taiwan, peggiorate di recente, che hanno visto anche il coinvolgimento degli USA e potrebbero contribuire a limitare ulteriormente gli scambi commerciali del settore. In terzo luogo, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il conflitto ha permanentemente distrutto alcune delle fonti di produzione, come quella di neon[3]. In generale, le tensioni geopolitiche incidono non solo sull’offerta di semiconduttori ma anche sull’approvvigionamento delle materie prime, in particolare quelle critiche, necessarie per la loro produzione. Più in generale, il processo di produzione dei semiconduttori si basa a sua volta su un’ampia varietà di materie prime. L’industria dei semiconduttori è interconnessa con un ecosistema di materie prime che presenta non solo caratteristiche diverse, ma è sottoposto anch’esso a delle serie minacce (Teer e Bertolini, 2022).

La Commissione Europea ogni tre anni pubblica un aggiornamento della lista delle materie prime critiche. Nell’ultimo aggiornamento sono state esaminate 83 materie prime di cui 30 risultano critiche. Queste materie, come illustrato nella Comunicazione della CE del 2020, sono cruciali per il funzionamento e l’integrità di una vasta gamma di ecosistemi industriali (allegato 2 della Comunicazione della CE 2020\474). Almeno otto (Berillio, Gallio, Germanio, Indio, Magnesio, Silicio Metallico, Terre rare pesanti e leggere) dellematerie prime critiche individuate dalla CE sono rilevanti per la produzione di semiconduttori e, più in generale, di dispositivi elettronici e optoelettronici. La materia prima sicuramente decisiva per la loro produzione è il silicio ed i suoi derivati, come il silicio metallico. Attualmente anche il Carburo di Silicio (SiC) trova ampia applicazione nell’industria dei semiconduttori, grazie alle sue caratteristiche elettriche, che lo contraddistinguono dal silicio per le potenziali applicazioni nei dispositivi ad alta potenza, alta frequenza e alte temperature. Secondo gli ultimi dati del Rapporto USGS (2022), nel 2021 la quantità prodotta stimata a livello mondiale di carburo di sicilio è stata pari a 1 milione di tonnellate; il principale produttore è la Cina con il 45% della quantità totale, seguita dalla Norvegia che produce circa l’8% della quantità totale. La Cina assume un ruolo importante anche per la produzione mondiale delle otto materie prime critiche individuate e rappresenta per l’Europa uno dei principali paesi di approvvigionamento. Inoltre, l’Europa – per alcune di queste materie (magnesio, silicio metallico, germanio e gallio) – è fortemente dipendente dalle importazioni. Ciò va letto con le proiezioni della Commissione europea (2020), della Banca Mondiale (2017) e dell’OCSE (2019), secondo le quali la transizione verso economie digitali, altamente efficienti sotto il profilo energetico e climaticamente neutre, determinerà un aumento della domanda di materie prime critiche e materie prime primarie. Pertanto, l’obiettivo di rafforzare l’industria europea dei semiconduttori, essenziale per i processi di digitalizzazione, richiede non solo il supporto alle singole fasi del processo produttivo dei chip, ma anche la messa in sicurezza della catena di approvvigionamento delle materie prime critiche. Su quest’ultimo aspetto, lo scorso settembre la Commissione Europea ha annunciato che lavorerà ad una Legge europea sulle materie prime critiche[4].  

Infine, alla carenza di chip hanno contribuito anche le interruzioni forzate delle attività produttive in Cina messe in atto per contrastare la diffusione del Covid-19. In proposito, va ricordato che grazie alle importazioni di chip, la Cina è il più grande produttore di hardware elettronico ed il primo produttore mondiale di silicio.

4. L’European Chips Act e le misure di policy adottate dal Governo italiano

Nel mercato mondiale dei semiconduttori l’Europa ha una posizione secondaria e risulta dipendente dagli Stati Uniti per le fasi della progettazione e dall’Asia per la fabbricazione avanzata di chip. In un recente lavoro dello Staff della CE (maggio 2022) realizzato per spiegare le ragioni della proposta di Regolamento denominata European Chips Act viene rilevato che il continente risulta in ritardo per quanto riguarda la ricerca e sviluppo di tecnologie avanzate e la presenza di fonderie, in particolare quelle per la produzione di chip di ultima generazione. Ciononostante, l’Europa mantiene una posizione forte nella fornitura di apparecchiature litografiche, necessarie per la realizzazione di chip di ultima generazione, e nella produzione di semiconduttori analogici, in particolare quelli di potenza, e sulla sensoristica. Nel complesso, vi è uno sbilanciamento tra la capacità produttiva europea, pari a circa il 10% del mercato globale dei semiconduttori, e la domanda europea, pari al 20% che la Commissione Europea intende colmare attraverso un maggiore sostegno all’industria.

L’European Chips Act è un intervento completo e adatto a sostenere l’industria dei semiconduttori perché supporta tutte le fasi del processo di produzione e prevede anche l’utilizzo degli strumenti comunitari sopra menzionati. La proposta è strutturata su 3 pilastri: 1) Chips for Europe Initiative che intende mettere in comune le risorse dell’Unione, degli Stati membri e dei Paesi terzi associati ai programmi dell’Unione esistenti, nonché del settore privato, attraverso un partenariato denominato Chips Joint Undertaking. 2) Sicurezza degli approvvigionamenti. Sono previsti aiuti pubblici per impianti ritenuti innovativi, i cosiddetti first-of-a-kind. Con questo termine, la Commissione identifica nuovi impianti di produzione che per tipologia sono i primi realizzati nell’Unione con lo scopo di produrre tecnologie che vanno oltre lo stato dell’arte in termini di innovazioni di prodotto e processo. Sono previste due tipi di strutture first-of-a-kind: 1) l’apertura di fonderie europee la cui produzione sia destinata ad altri attori industriali, quali le imprese fabless e 2) strutture produttive integrate (IDM), in grado di progettare e fabbricare chip. 3) Coordinamento fra Stati membri e Commissione. Un meccanismo di coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione sarà implementato per monitorare l’offerta di semiconduttori, stimare la domanda e anticipare le criticità di approvvigionamento. Il meccanismo monitorerà la catena del valore dei semiconduttori, raccogliendo informazioni chiave dalle aziende per mappare i principali punti deboli ed i colli di bottiglia. A tal proposito, a supporto della Commissione è istituito l’European Semiconductor Board.

In Italia, l’industria dei semiconduttori viene supportata nell’ambito del PNRR che destina 1,1 miliardi di euro, a due specifiche linee di intervento: 1. Innovazioni e tecnologia della microelettronica (M1.C2 – Inv. 2), che sostiene la realizzazione di opere civili, impianti e attrezzature avanzate per la produzione di materiali e componenti innovativi nel campo della microelettronica e 2. Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione (M1.C2 – Inv 5.2), che sostiene investimenti e progetti di filiera, che interessano anche quella della microelettronica. Inoltre, il D.L. 17/2022 art.23 ha istituito un Fondo per la microelettronica, con una dotazione di 150 milioni per il 2022 e 500 milioni all’anno dal 2023 al 2030. L’Italia utilizza anche lo strumento degli IPCEI[5]. Nello specifico ha partecipato, insieme a Francia, Germania e Regno Unito, al primo IPCEI nel settore della microelettronica, approvato nel 2018 dalla Commissione Europea ed oggi partecipa anche al secondo IPCEI sulla microelettronica che è stato formalmente pre-notificato alla Commissione a dicembre 2021. Questo nuovo IPCEI è volto a sostenere progetti di cooperazione transnazionale sulla microelettronica ed è finalizzato a migliorare la resilienza della catena di approvvigionamento europea dei semiconduttori. È stato costituito il tavolo tecnico presso il MIMIT (ex MiSE) sulle materie prime critiche con l’intento di formulare proposte per la creazione delle condizioni normative, economiche e di mercato volte ad assicurare un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime di importanza strategica per le filiere industriali nazionali. Infine, la Legge di bilancio 2023, ha istituito una Fondazione – Centro italiano per il design dei circuiti integrati a semiconduttore – con l’obiettivo di promuovere la progettazione e lo sviluppo dei chip.

5. Previsioni sull’evoluzione della carenza di semiconduttori

La carenza di chip è ancora una questione aperta, molto dibattuta e sembra di non facile previsione. Gli indici di seguito illustrati mostrano dei segnali di miglioramento dello shortage. Di per sé la notizia è positiva, tuttavia questo miglioramento pare essere relativo solo ad alcune categorie di chip, potrebbe essere temporaneo e riguardare solo alcuni settori utilizzatori.

Le stime di dicembre del Global Supply Chain Pressure Index (GSCPI)– realizzato dalla Federal Reserve Bank of New York – mostrano una riduzione delle pressioni sulle catene globali del valore: l’indice è a 1,18, un livello inferiore rispetto al mese precedente (1,23) e a quello di un anno fa pari a 4,3, che rappresenta anche il picco di valore raggiunto dall’indice nelle ultime due decadi. Secondo quanto riportato Federal Reserve Bank of New York nell’ultimo aggiornamento i valori dell’indice da inizio anno suggeriscono che le pressioni sulle catene di approvvigionamento globali vanno attenuandosi e si intravede un ritorno ai livelli normali del passato[6]. La Gartner ha anche elaborato l’indicatore – Inventory Semiconductor Supply Chain Tracking (GIISST) – costruito come il rapporto tra la giacenza effettiva di magazzino e quella ideale. Le stime effettuate mostrano che l’indicatore tornerà a livelli normali – ossia pari all’unità – tra il terzo o quarto trimestre del 2022. La Società precisa, però, che tale previsione riguarda una visione complessiva del mercato dei chip e, pertanto, deve essere considerata con alcune sfumature[7].

Altra variabile utile per misurare l’evoluzione della carenza dei chip, è quella dei tempi di consegna – ossia il divario tra quando un semiconduttore viene ordinato e quando viene consegnato. Questo indicatore è chiaramente molto importante perché cattura anche le interconnessioni con l’ecosistema delle materie prime essenziali per la produzione di semiconduttori. La ricerca condotta da Susquehanna Financial Group mostra che i tempi di consegna risultano in diminuzione per il settimo mese consecutivo: si è passati da una media di 27,1 settimane di maggio a 24 settimane a dicembre 2022. I tempi restano comunque elevati rispetto alla media pre-pandemia di 12-15 settimane. LevaData esaminando un paniere di 20 diversi tipi di semiconduttori comunemente usati sul mercato (dai circuiti integrati ai semiconduttori di potenza) ha notato per alcuni di essi una tendenza in calo dei tempi di consegna ed ha formulato una prospettiva, forse ottimistica, sulla potenziale sequenza temporale futura di questi tempi per le differenti tipologie di chip. Secondo tale prospettiva i tempi di consegna potrebbero tornare alla normalità per tutte le tipologie di semiconduttori nel 2024, grazie alla nuova capacità produttiva che entrerà in funzione tra il 2022 e il 2023. Tuttavia, la Società fa presente che i tempi di consegna potrebbero attestarsi su una media di lungo termine più elevata. Le analisi della S&P Global Mobility (agosto 2022), mostrano tempi di consegna in miglioramento per i microcontrollori, mentre quelli dei chip analogici rimangono elevati (circa 4 volte superiori alla media di lungo termine). La S&P ritiene che la fornitura analogica continuerà a causare difficoltà all’interno della catena di fornitura automobilistica.

Infine, KPMG e Global Semiconductor Alliance hanno condotto, nel quarto trimestre del 2022, la 18° indagine annuale sull’industria globale dei semiconduttori. L’indagine raccoglie le opinioni sull’andamento dell’industria nel 2023 di 151 manager di grandi aziende. Il 65% degli intervistati ritiene che la carenza di fornitura di semiconduttori si attenuerà nel 2023, il 15% pensa che il mercato sia già in equilibrio per la maggior parte delle tipologie di chip prodotti e il 20% ritiene che la carenza durerà fino al 2024 o oltre. L’indicatore di fiducia costruito – Semiconductor Industry Confidence Index – ha raggiunto un punteggio di 56 per il 2023 (un valore superiore a 50 indica una prospettiva più positiva che negativa), ma rimane comunque inferiore rispetto ai valori registrati nei quattro anni precedenti.

6. Conclusioni

L’industria dei semiconduttori si caratterizza per un’elevata complessità, a partire dal processo produttivo in sé, che si basa su una catena di approvvigionamento globale. Ciò comporta che in caso di interruzioni, come accaduto negli ultimi due anni, si verifichino conseguenze negative, anche gravi, su diversi settori e sui Paesi utilizzatori. La sfida è quella di raggiungere una situazione di equilibrio tra l’offerta di semiconduttori e la domanda, in continua crescita. L’attuale contesto geopolitico, caratterizzato da forti tensioni, destabilizza la catena di fornitura, a partire dalla reperibilità di materie prime essenziali per la produzione. Tale quadro si traduce in una carenza di semiconduttori che affligge ormai le economie di tutti i paesi. Una possibile soluzione consiste in una riconfigurazione della catena di approvvigionamento, al fine di diversificare i fornitori e creare siti produttivi domestici con l’intento di ampliare la capacità produttiva. Ciò implica la realizzazione di grandi progetti di investimento da parte delle aziende leader ma anche il supporto dei Governi, perché in un contesto così incerto, le risorse private potrebbero essere limitate.

Le strategie di policy definite dalla Commissione Europea e dall’Italia vanno nella direzione giusta. Occorre agire con rapidità per stare al passo con l’elevato ritmo di innovazione tecnologica del settore. L’Europa persegue l’obiettivo della creazione di un ecosistema di microchip resiliente e all’avanguardia, che passa anche attraverso il raggiungimento di una “massa critica” sui volumi produttivi, al fine di rendere conveniente la costruzione di nuovi stabilimenti e la messa in sicurezza dell’approvvigionamento di materie prime critiche. Cooperazione sul fronte delle forniture di chip tra le aziende utilizzatrici, attività di monitoraggio delle catene di fornitura, e un rafforzamento della politica commerciale europea sull’approvvigionamento di materie prime critiche, possono rappresentare delle soluzioni vincenti. L’ampliamento della capacità produttiva richiederà ancora tempi medio-lunghi ed esistono dei rischi concreti di ulteriori interruzioni della produzione di semiconduttori. Il miglioramento dello shortage, misurato secondo alcuni indici, va letto, quindi, con prudenza anche perché potrebbe essere temporaneo e riguardare solo alcuni settori utilizzatori a scapito di altri, come quello dell’automotive.

Bibliografia

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Commissione Europea (2022). Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council – Establishing a framework of measures for strengthening Europe’s semiconductor ecosystem (Chips Act) COM/2022/46 final

Comunicato stampa SEMI (2020). SEMI statement on new U.S. export control regulations.

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U.S. Geological Survey (2022). Mineral commodity summaries 2022: U.S. Geological Survey, 202 p., https://doi.org/10.3133/mcs2022.


[1] La legge di Moore afferma che il numero di transistor contenuti in un chip, o circuito integrato, raddoppia circa ogni 18 mesi o due anni, rendendo i chip più potenti, più veloci e più economici. Oggi la tecnologia produttiva più avanzata consente di lavorare a dimensione di 7 – 5 nanometri e sta evolvendo verso i 3 – 2 nanometri.

[2] Il diametro di un wafer è misurato in millimetri (mm). Esso determina quanti chip possono essere realizzati su di esso. Un diametro maggiore consente un maggiore ammortamento dei costi fissi, con conseguente minor costo per chip. Le prestazioni di un semiconduttore sono indipendenti dalla dimensione del wafer. Dal 2002, i wafer di dimensioni più grandi hanno un diametro di 300 millimetri.

[3] Neon, elio e NF3 (trifluoruro di azoto) sono gas rari, necessari e non sostituibili per la produzione di semiconduttori, pertanto, il loro stabile ed efficiente approvvigionamento riveste un’importanza strategica.

[4] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/sk/STATEMENT_22_5523

[5] Nel 2014 la Commissione ha definito i criteri in base ai quali consentire gli aiuti di Stato all’interno del mercato unico, attraverso lo strumento di politica industriale degli Important Projects of Common European Interest (IPCEI).

[6] Il GSCPI integra una serie di parametri con l’obiettivo di fornire un riepilogo completo delle potenziali interruzioni della catena di approvvigionamento. Tra questi parametri rientrano: i costi di trasporto globali, misurati dal Baltic Dry Index (BDI) e dall’indice Harpex e quelli del trasporto aereo del Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti e infine alcune componenti (i tempi di consegna, gli arretrati ed il valore delle scorte acquistate) del Purchasing Managers’ Index (PMI).

[7] Ad oggi ancora non esistono verifiche ufficiali sulla previsione effettuata.

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