Il nuovo Accordo di Partenariato, il PNRR e le risorse disponibili

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Mentre imperversa salvifico il PNRR con i suoi 235 miliardi di euro (incluso 15,6 Mrd di FSC, 30,6 Mrd di FNC e 13 Mrd di React EU) di cui 122,6 Mrd di prestiti, il nuovo Accordo di Partenariato 2021-2027 è giunto ormai alla sua versione finale. Si tratta di un documento che conclude una fase e avvia di fatto l’attuazione della nuova programmazione della politica di coesione europea, con un quadro di riferimento molto complesso e una concentrazione di risorse per lo sviluppo territoriale mai così ricco. Un quadro di opportunità rilevante con un protagonismo territoriale ulteriormente amplificato e un ruolo dei Programmi Nazionali importante in chiave di auspicata sinergia con gli interventi del PNRR. Emerge, tuttavia, anche un quadro di rischi cui prestare particolare attenzione, con una concentrazione di spesa pubblica senza precedenti, sovrapposizioni temporali di strumenti programmatici, una geografia nuova del livello di sviluppo delle regioni e performance attuative dei Programmi 2014-2020 – soprattutto in termini di efficacia – spesso non entusiasmanti

L’Accordo di Partenariato (AdP 2021-2027) dell’Italia per l’attuazione della politica di coesione europea nel periodo 2021-2027 sta tagliando il traguardo[1]. La formalizzazione della sottoscrizione avverrà nelle prossime settimane, ma il testo definitivo scaturito dal negoziato formale avviato con la Commissione europea lo scorso 17 gennaio è stato caricato sulla piattaforma dedicata per l’approvazione in data 10 giugno 2022.

Con riferimento, invece, alle principali scelte strategiche operate dall’AdP 2021-2027, la cornice di riferimento è data dai cinque Obiettivi di policy individuati dal Regolamento generale[2] quali macro-ambiti nei quali concentrare le scelte intervento del Paese e delle amministrazioni titolari di Programmi.

La quota di risorse europee mobilitate dall’Accordo di Partenariato ammonta a 42,7 miliardi di euro, di cui 26,3 di Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), 14,8 di Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+). Ai due fondi principali si aggiungono le risorse del Just Transition Fund (JTF) per sostenere la transizione ecologica di attività a forte impatto ambientale, per un ammontare di circa 1 miliardo di euro e il Fondo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA), che ha una dotazione di poco oltre 518 milioni di euro. Poco più di 2 miliardi di euro sono destinati ad attività di Assistenza tecnica. Della quota FESR l’80%, e cioè oltre 21,1 miliardi di euro, si concentrerà nelle regioni meno sviluppate, mentre dell’FSE+ ad essere concentrato nelle regioni in ritardo di sviluppo sarà il 60% delle risorse, pari a quasi 9 miliardi di euro.

Con riferimento alla concentrazione delle risorse europee, nella tabella che segue sono riportati i totali programmatici e per singolo fondo, nonché il peso relativo sul totale della quota di risorse comunitarie per ciascun Obiettivo di policy di intervento dell’AdP, al netto delle risorse dedicate all’Assistenza Tecnica. Con la concentrazione dell’intera dotazione di FSE+ nell’Obiettivo strategico 4, il 42% delle risorse totali sarà concentrato in questo ambito, che contribuisce all’attuazione del Pilastro sociale europeo. L’altro 45% di risorse è più o meno equamente distribuito tra l’obiettivo che sostiene la transizione digitale, la competitività e la ricerca (23,40%) e l’obiettivo che sostiene la transizione verde nell’ambito del Green Deal Europeo (22,79%).

Tabella 1 Dotazione programmatica e concentrazione per Obiettivo di policy (quota comunitaria, valori in euro e in % del totale)

Obiettivi strategiciFondoTotale (euro)%
Un’Europa più intelligenteFESR9.511.115.27723,4%
Un’Europa più verdeFESR+FEAMPA9.263.186.14322,8%
Un’Europa più connessaFESR1.587.669.1723,9%
Un’Europa più socialeFESR+FSE17.082.013.12042,0%
Un’Europa più vicina ai cittadiniFESR2.209.443.4015,4%
Obiettivo del JTFJTF988.405.0162,4%
Totale*40.641.832.129100,0%

*Dato al netto degli oltre 2 miliardi di euro di Assistenza Tecnica.

Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale ed Eutalia S.r.l.-Ufficio Studi su dati rilevati da “Bozza Accordo di Partenariato 10 giugno 2022”, https://opencoesione.gov.it/it/lavori_preparatori_2021_2027/

Il valore complessivo dell’Accordo di Partenariato si completa con il cofinanziamento nazionale che porta ad un totale di risorse pari a circa 75 miliardi di euro. La distribuzione del cofinanziamento nazionale decisa per il 2021-2027 opera nei fatti una redistribuzione di risorse tra regioni meno sviluppate e regioni più sviluppate, che vede quest’ultime poter utilizzare un maggior livello di cofinanziamento (il 60%) che aumenta la dotazione dei Programmi Regionali o la quota parte di Programmi Nazionali che intervengono anche nelle altre categorie di regioni oltre le meno sviluppate, in luogo di una decisione di stabilire al 30% il cofinanziamento nazionale per i Programmi Regionali delle regioni meno sviluppate[3].

I Programmi previsti dall’Accordo di Partenariato sono nazionali e regionali. Tutte le regioni e province autonome hanno un proprio Programma Regionale FESR ed un Programma FSE+, al netto del Molise, della Puglia e della Calabria, che hanno confermato la loro scelta del 2014-2020 di programmare le risorse di entrambi i fondi in un unico Programma Regionale, ed alle quali si è aggiunta la sola Basilicata, che ha anch’essa optato per un unico Programma plurifondo. Questa scelta sembra essere quella più in linea con quanto indicato nello stesso Accordo di Partenariato, che individuerebbe nella gestione unitaria dei fondi un elemento che potrebbe favorire il miglior coordinamento degli interventi[4], ma che evidentemente non ha riscontrato il favore delle altre regioni che continuano a mantenere Programmi separati.

Il quadro dei Programmi Nazionali risultante è quello riportato di seguito, comprensivo della relativa quota di cofinanziamento nazionale. Si tratta di 9 Programmi contro i 12 del precedente periodo di programmazione per un ammontare complessivo di oltre 24,3 miliardi di euro contro poco oltre 29 miliardi del precedente periodo. Il peso percentuale dei Programmi Nazionali sul totale delle risorse dell’AdP 2021-2027 è pari a circa il 32%, inferiore rispetto al passato ciclo di programmazione, ma che per le amministrazioni coinvolte andrebbe a sommarsi al notevole impegno di molte amministrazioni centrali nell’attuazione del PNRR.

Tabella 2 Dotazione programmatica Programmi Nazionali 2021-2027 (quota comunitaria e cofinanziamento nazionale, valori in euro)

Programma NazionaleRegioni meno sviluppateRegioni più sviluppateRegioni in transizioneTotale
Valori in euro
PN Scuola e competenze2.505.987.728954.999.943320.000.3633.780.988.034
PN Equità nella salute625.000.00000625.000.000
PN Inclusone e lotta alla povertà2.558.333.3341.308.685.000212.847.5004.079.865.834
PN Giovani, donne e lavoro3.235.333.333278.335.0001.575.000.0005.088.668.333
PN Metro Plus e città medie Sud1.945.000.0001.057.500.00003.002.500.000
PN Capacità per la coesione1.165.333.33484.600.00017.500.0001.267.433.334
PN Ricerca e innovazione e competitività per la transizione verde e digitale5.636.000.000005.636.000.000
PN Sicurezza per la legalità235.294.11900235.294.119
PN Cultura648.333.33300648.333.333
Totale18.554.615.1813.684.119.9432.125.347.86324.364.082.987

Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale ed Eutalia S.r.l.-Ufficio Studi su dati rilevati da “Bozza Accordo di Partenariato 10 giugno 2022”, https://opencoesione.gov.it/it/lavori_preparatori_2021_2027/

Se guardiamo la previsione dei Programmi Regionali gli aspetti che emergono sono che attraverso il cofinanziamento nazionale è stato nella sostanza operato un riequilibrio tra categorie di regioni. Di fatto per effetto appunto del cofinanziamento, la dotazione complessiva dei Programmi delle regioni più sviluppate è nettamente superiore rispetto al passato. Nel caso della Lombardia, ad esempio, la dotazione complessiva dei Programmi rispetto al 2014-2020 raddoppia per il FESR e cresce di circa un terzo per l’FSE+[5]. Analogo discorso per il Lazio e in generale per tutte le regioni più sviluppate e in transizione. Complessivamente in capo alle regioni si concentra l’attuazione di circa il 66% del valore complessivo dell’AdP. Questo aspetto non sorprende perché la politica di coesione europea ha il livello regionale come riferimento territoriale privilegiato. Tuttavia, proprio questo ruolo enfatizza la necessità (molto stressata dalla Commissione europea) di un efficace coordinamento attuativo con il PNRR, che assume un’importanza ancora maggiore per evitare spiazzamenti negli investimenti, e con un ruolo strategico sicuramente maggiore che in passato del Comitato nazionale.

Tabella 3 Dotazione programmatica Programmi Regionali 2021-2027 (quota comunitaria e cofinanziamento nazionale, valori in euro)

Fonte: elaborazione IFEL-Ufficio Analisi ed Elaborazione Dati Economia Territoriale ed Eutalia S.r.l.-Ufficio Studi su dati rilevati da “Bozza Accordo di Partenariato 10 giugno 2022”, https://opencoesione.gov.it/it/lavori_preparatori_2021_2027/

Il quadro sopra descritto è l’esito del negoziato tra Governo e Commissione che ha visto nei mesi scorsi il confronto anche molto serrato su alcuni punti specifici come il numero e l’ammontare programmatico di alcuni Programmi Nazionali, piuttosto che il coordinamento da assicurare efficacemente con il PNRR, anche con riferimento all’aumento della capacità amministrativa per l’attuazione degli interventi.

A conclusione di questo percorso e alla vigilia della prova dell’attuazione sono almeno tre gli elementi che si possono evidenziare, anche nel confronto con il precedente periodo di programmazione.

  1. Il primo si riferisce ai tempi: rispetto al 2014-2020 il nuovo AdP 2021-2027 viene approvato con circa 8 mesi di ritardo. L’Accordo per il 2014-2020 è stato infatti ratificato il 29 ottobre 2014. Questo aspetto, derivante naturalmente da una serie di elementi anche esogeni, potrebbe avere una certa rilevanza per il futuro non tanto amministrativamente quanto in termini di impatto sull’economia reale. Lo spauracchio delle deadline non ha mai rappresentato un grosso problema nella liturgia della coesione né per la Commissione né per gli Stati impegnati nell’attuazione. Il teatrino del poliziotto buono e di quello cattivo nel prossimo decennio avverrà, infatti, in un contesto economico globale se non proprio di recessione assai vicino ad una forte depressione con pesantissimi squilibri territoriali in cui il fattore tempo finirà per essere determinante. La velocissima crescita del tasso d’inflazione e il forte ridimensionamento delle stime relative alla crescita del PIL da parte di tutte le principali istituzioni finanziarie mondiali, causate anche dall’imprevedibilità degli sviluppi relativi agli scenari conseguenti alla guerra tra Russia e Ucraina, pongono il nostro Paese di fronte all’esigenza se non proprio di correre, almeno di non perdere altro tempo ma soprattutto di fare in modo che le risorse delle coesione e quelle del PNRR vengano messe a sistema secondo uno schema binario complementare e non competitivo, come purtroppo sembra già trasparire. 
  2. Il secondo elemento di riflessione è che in termini assoluti l’ammontare delle somme che saranno programmate sotto il cappello dell’AdP 2021-2027 è maggiore rispetto allo scorso periodo di programmazione. Il valore programmatico dell’Accordo in termini di contributo dei fondi strutturali europei (FESR ed FSE+) è aumentato di circa il 20%. Se poi si fa riferimento anche al cofinanziamento nazionale, il confronto ci restituisce una fotografia ancora più evidente, in termini di risorse complessive mobilitate dall’AdP ma anche di ulteriori risorse scorporate dal cofinanziamento nazionale e destinate a Programmi cosiddetti complementari. Questo è anche effetto di un generale arretramento delle nostre regioni che ha rimpolpato le fila delle aree meno sviluppate con due nuovi ingressi (Molise e Sardegna) e visto arretrare in transizione l’Umbria e le Marche. Paradossalmente nella coesione “si vince quando si perde”; ma la realtà è un’altra; l’Italia, in particolare con le sue regioni del Centro e Sud Italia, perde pericolosamente terreno. La meridionalizzazione del Paese, in termini di indicatori macroeconomici che vengono utilizzati per il riparto delle risorse della coesione, ha ampiamente superato il Garigliano. Ciò dovrebbe far riflettere non soltanto su quanto accaduto negli ultimi 30 anni di politica di coesione ma soprattutto sui prossimi 10 anni di “Coesilienza[GM1] ”. È come se d’emblée, per osmosi, di fronte all’evidente parziale successo della regionalizzazione delle politiche di sviluppo in termini di riduzione degli squilibri territoriali, la ricentralizzazione delle politiche di crescita avvenuta con il PNRR infondesse ai territori nuovo vigore e un rinnovato orientamento in termini di politica di sviluppo nazionale che, almeno al momento, continua a non intravedersi.  
  3. Di qui il terzo elemento di riflessione che riguarda la sovrapposizione temporale di diverse programmazioni e strumenti programmatici, che nei prossimi anni vede una concentrazione di spesa pubblica per investimenti senza precedenti e livelli di performance richiesti ad amministrazioni centrali e locali mai raggiunti prima. Tutto ciò con una pubblica amministrazione che è stata negli ultimi quindici anni “imbrigliata” per non spendere, soggetta ad ormai quasi tre rivisitazioni del Codice dei Contratti Pubblici e con i comuni che hanno perso oltre 100 mila unità di personale (un quarto del totale, di cui la maggior parte personale degli uffici tecnici). Ancora una volta il riferimento principale è al Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), cui si aggiunge la programmazione del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027, ma anche la chiusura della spesa del periodo di programmazione 2014-2020, l’avanzamento dei Programmi complementari 2014-2020 e del FSC riprogrammato al 2020. Naturalmente questo elemento ha una particolare rilevanza nel Mezzogiorno, dove la maggior parte di questa spesa pubblica si concentra. Una spesa pubblica che sarà soprattutto indirizzata in conto capitale senza, al momento, porsi il problema di quale spesa corrente alimenterà nel tempo le decine di migliaia di infrastrutturazioni materiali e immateriali finanziate da tutte queste risorse.  

Se qualcuno si stesse ponendo il problema di come sarà l’Italia il giorno dopo il PNRR l’unica certezza che abbiamo oggi è che – senza una crescita poderosa del PIL – sarà un Paese con circa un 20% di debito pubblico in più. L’AdP può certamente dare una grossa mano a partire proprio da un “buono utilizzo” di quel 42% di dotazione riservata all’Obiettivo strategico 4 (Un’Europa più sociale) e in cui si concentra per intero il FSE+. L’ammontare programmatico delle risorse non genera di per sé riduzione dei divari, seppur questo è un atteggiamento culturale prevalente. Sarà importante un’attenta valutazione sulla capacità di assorbimento di un volume di risorse di questo livello in un tempo così ristretto, nonché sul giusto mix tra spesa in conto capitale e spesa corrente, per non correre il rischio di offrire solidi argomenti ai Paesi dell’Unione che vorrebbero mettere in discussione il futuro della principale politica economica redistributiva dell’Unione europea.  

*Il lavoro riflette esclusivamente le opinioni degli autori senza impegnare la responsabilità delle organizzazioni di appartenenza. 


[1] L’Accordo di Partenariato è predisposto dagli Stati membri e presenta le loro strategie generali per impiegare al meglio i fondi strutturali. L’AdP viene adottato dalla Commissione europea con Decisione comunitaria, dopo un negoziato con lo Stato membro. Il 10 giugno 2022 l’Italia ha presentato formalmente l’AdP per l’approvazione, ad esito del processo negoziale.

[2] Regolamento (UE) 2021/1060, art. 5.   “Il FESR, il FSE+, il Fondo di coesione e il FEAMPA sostengono gli obiettivi strategici seguenti: a) un’Europa più competitiva e intelligente attraverso la promozione di una trasformazione economica innovativa e intelligente e della connettività regionale alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC); b) un’Europa resiliente, più verde e a basse emissioni di carbonio ma in transizione verso un’economia a zero emissioni nette di carbonio attraverso la promozione di una transizione verso un’energia pulita ed equa, di investimenti verdi e blu, dell’economia circolare, dell’adattamento ai cambiamenti climatici e della loro mitigazione, della gestione e prevenzione dei rischi nonché della mobilità urbana sostenibile; c) un’Europa più connessa attraverso il rafforzamento della mobilità; d) un’Europa più sociale e inclusiva attraverso l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali; e) un’Europa più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato di tutti i tipi di territorio e delle iniziative locali.

[3] Il valore complessivo del cofinanziamento nazionale, compresa la quota regionale per i Programmi regionali pari al 30%, è di 41.147 milioni di euro, e comprende anche il cofinanziamento relativo alla partecipazione italiana ai Programmi dell’Obiettivo Cooperazione Territoriale Europea e per l’attuazione del Programma del Just Transition Fund, nonché il FEAMPA ed un programma complementare della Ragioneria Generale dello Stato riferito ai sistemi di gestione e controllo. La delibera CIPESS n. 78/2021, pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 94 del 22 aprile 2022, ha definito la dimensione massima di risorse disponibili dal Fondo di Rotazione – FdR (Fondo ex art. 5 legge 183/1987) per il cofinanziamento nazionale a programmi comunitari e per interventi complementari nel ciclo 2021-2027, in attuazione del dispositivo previsto dalla Legge di bilancio per il 2021 (legge n.178/2020, art. 1, commi 51 e 54) prevedendo che la differenza sul FdR tra valori massimi disponibili e risorse effettivamente impiegate per il cofinanziamento nazionale possa essere utilizzato in Programmi Complementari (POC). Il cofinanziamento regionale potrà essere in quota parte garantito con il ricorso al Fondo di Sviluppo e Coesione, come indicato dall’art. 23 coma 1ter del Decreto-legge n. 152 del 6 novembre 2021, che prevede la possibilità per le regioni che ne fanno richiesta di utilizzare parte delle proprie risorse FSC per garantire il cofinanziamento dei Programmi. La quota parte di cofinanziamento non utilizzato per i Programmi Regionali delle regioni meno sviluppate finanzieranno Programmi Complementari, come nella programmazione precedente. Il valore del cofinanziamento destinato ai Programmi Complementari è stimato in circa 5,3 miliardi di euro.

[4] La bozza di Accordo di Partenariato del 10 giugno 2022, su meccanismi e strutture di coordinamento, tra le altre cose, indica che “per realizzare un’incisiva azione di coordinamento tra strumenti e fondi e scongiurare i rischi di sovrapposizione e segmentazione degli interventi è richiesto un forte impegno a vari livelli, tanto sul lato dell’organizzazione delle strutture di coordinamento, quanto sulle procedure di programmazione e attuazione, come di seguito indicato. Un migliore e più efficace coordinamento dell’azione congiunta dei fondi FESR e FSE Plus può essere realizzato attraverso il ricorso a Programmi plurifondo. Laddove tale ipotesi non fosse perseguibile, i Comitati di Sorveglianza dei Programmi monofondo FESR e FSE Plus di una medesima Regione dovrebbero essere congiunti. Inoltre, per favorire unitarietà di visione e di azione potranno essere individuate strutture di programmazione, monitoraggio e valutazione unificate, che tengano naturalmente conto delle specificità dei due fondi. Il Piano delle Valutazioni sarà unitario al fine di consentire una pianificazione nel tempo della valutazione di tutti i fondi anche dove la Regione abbia optato per programmi monofondo”, https://opencoesione.gov.it/it/lavori_preparatori_2021_2027/, p. 45.

[5] Per il confronto si è fatto riferimento ai dati riferiti ai programmi 2014-2020 forniti da OpenCoesione, https://opencoesione.gov.it/it/programmi_2014_2020/


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