La città dei 15 minuti è una città meno diseguale e più ricca di opportunità. In risposta a E. Glaeser

Scarica pdf Partecipa alla discussione Torna indietro Home

Political and social notes

La vita nelle grandi metropoli è diventata sempre più difficile e frenetica. La complessità fisica e funzionale dello spazio urbano, le distanze spesso enormi tra luoghi della residenza e luoghi del lavoro, dello studio, dello svago, e così via, incidono profondamente sulla nostra qualità della vita. In senno a questa semplice riflessione possiamo collocare la proposta di Carlos Moreno, professore all’Università Paris1 Panthéon-Sorbonne che, ispirato dall’academica e attivista americano-canadese Jane Jacobs, autrice del classico del 1961 The Death and Life of Great American Cities (Jacobs, 1961), ha elaborato l’idea della “ville du quart d’heure” la città dei 15 minuti.

Cosa è esattamente la città dei 15 minuti?  Riprendendo le parole di un recente scritto di Carlos Moreno, “la Città dei 15 minuti cavalca il concetto del “crono-urbanismo”, che contrappone il livello di qualità della vita al tempo speso ogni giorno negli spostamenti, specie quelli con l’automobile” (Moreno, C. et al., 2021). Questo concetto, che evoca un assetto urbano in cui i residenti sono in grado di accedere a tutti i servizi essenziali in tempi che non richiedono più di 15 minuti di spostamento a piedi o in bicicletta, è stato ripreso da altri autori quali Weng, et al. 2019, Capasso Da Silva, et al.2020, che hanno sottolineato l’importanza dell’accessibilità agli servizi urbani attraverso una mobilità soft o pedonale, e gli effetti positivi che questa accessibilità può avere in termini di sostenibilità ecologica e di interazioni sociali tra i cittadini.

Meno significative sono state le ricadute del concetto della città dei 15 minuti negli studi sulle disuguaglianze socioeconomiche. A questo riguardo, è interessante una riflessione di Edward Glaeser, professore ad Harvard, che in un articolo pubblicato sul blog della London School of Economics (LSE) “The 15- minute city is a dead End – Cities must be places of opportunity for everyone” (Glaeser, E. 2021) mette in guardia circa i rischi che può rappresentare per le politiche urbane l’applicazione di questo concetto. La dura affermazione “… the basic concept of a 15-minute city is not really a city at all. It’s an enclave – a ghetto – a subdivision” addebita all’accessibilità dei 15 minuti gravi colpe riguardanti le ridotte opportunità per le fasce sociali più vulnerabili e un immobilismo urbano potenzialmente letale per le città.

Nella realtà, il concetto della città dei 15 minuti si è rivelato allettante per molte amministrazioni comunali di grandi città europee come Parigi, Barcellona e da ultima, Roma, che lo hanno inteso in un senso diametralmente opposto rispetto a quello che gli attribuisce Glaeser. Nella visione degli amministratori, applicare il concetto della città dei 15 minuti, significa creare quartieri socialmente ed economicamente misti, dotati di servizi di prossimità che contribuiranno a migliorare la qualità complessiva della vita di residenti e visitatori, e a ridurre l’inquinamento e lo stress dovuti ai continui spostamenti, facendo inoltre tesoro di esperienze di successo già esistenti in città come Melbourne, Copenaghen o Utrecht.

L’aspetto che più colpisce della riflessione di Glaeser è l’accento sulle opportunità, che verrebbero meno nella città dei 15 minuti per via della ridotta mobilità che inciderebbe negativamente sui flussi di interscambio tra persone. Se è vero che le città sono spazi economici complessi, spesso caratterizzati da forti scompensi territoriali, è anche vero che esistono diverse opportunità di lettura di questi scompensi, dettate da condizioni oggettive che cambiano in base al contesto geopolitico; ad esempio, le città americane sono molto più segregate in termini sociali ed etnici rispetto a quelle europee, e la riflessione di Glaeser sembra tener conto principalmente delle prime. In aggiunta, l’affermazione “Cities should be machines for connecting humans – rich and poor, black and white, young and old. Otherwise, they fail in their most basic mission, and they fail to be places of opportunity” tradisce una visione fin troppo congeniale agli economisti neoclassici. La metafora funzionalista della città-macchina, adatta ad accogliere riflessioni neo-shumpeteriane, rappresenta tuttavia una lettura parziale della natura della città. Le città sono sempre state luoghi delle opportunità, in virtù delle esternalità generate dalla loro natura di vasto mercato e incubatore di idee, nonché dalla concentrazione dell’intervento pubblico sul fronte degli investimenti e dei consumi (Camagni, 1986). Ma è evidente che le opportunità non sono distribuite in maniera omogenea, poiché le città non sono spazi isotropi e non sempre ha senso misurare la loro performance con valori aggregati. Le condizioni di marginalità che affliggono molti quartieri nelle nostre città, così come le disuguaglianze socioeconomiche che ne scaturiscono, dipendono da fattori molteplici di natura storica, fisica, sociale ed economica. I concetti di accessibilità e di prossimità (Amin and Thrift, 1994), ormai da decenni presenti nel dibattito academico di urbanisti, scienziati sociali e geografi, costituiscono validi elementi su cui incardinare le politiche territoriali volte a colmare gli esistenti gap in termini di opportunità di raggiungere adeguati livelli di istruzione, occupazione, o di avere accesso ai servizi di base, come quelli sanitari. 

La città dei 15 minuti non crea ghetti perché agisce su diverse scale territoriali generando sovrapposizioni e continui flussi di interscambio. Vista da questa prospettiva, una città dei 15 minuti si avvicina molto a quell’immagine di “macchina per collegare gli umani” evocata da Glaeser.

Riferimenti bibliografici

Glaeser, E. 2021. The 15- minute city is a dead End. Cities must be places of opportunity for everyone. LSE Blog, .May 28th, 2021. https://blogs.lse.ac.uk/covid19/2021/05/28/the-15-minute-city-is-a-dead-end-cities-must-be-places-of-opportunity-for-everyone/

Jacobs, J. 1961. The Death and Life of Great American Cities. Random House: New York, NY, USA.

Moreno, C.; Zaheer, A.; Didier C.; Catherine Gall, and Florent Pratlong. 2021. Introducing the “15-Minute City”: Sustainability, Resilience and Place Identity in Future Post-Pandemic Cities.  Smart Cities 4, no. 1: 93-111. https://doi.org/10.3390/smartcities4010006

Weng, M.; Ding, N.; Li, J.; Jin, X.; Xiao, H.; He, Z.; Su, S. 2019 The 15-minute walkable neighborhoods: Measurement, social inequalities and implications for building healthy communities in urban china. J. Transp. Health13, 259–273.

Capasso Da Silva, D.; King, D.A.; Lemar, S. 2020 Accessibility in practice: 20-minute city as a sustainability planning goal. Sustainability12, 129.

Amin, A., Thrift, N., 1994. Cities: reimagining the urban, Blackwell (Oxford, UK and Cambridge, Mass)

Hall, P., 1995. Towards a General Urban Theory. In: Brotchie, J., Batty, M., Blakely, E., Hall, P., Newton, P. (ed.) Cities in Competition: Productive and Sustainable Cities for the 21st Century, 3-31. Melbourne: Longman Australia.

Camagni R., 1986. Innovation and the urban-life cycle: production, location and income distribution aspects. In: Nijkamp (1986), pp. 382-400.

Castells, M., 1989. The Informational City. London: Blackwell,

Castells, M., 1996. The Information Age: Economy, Society, and Culture. Vol. I, The Rise of the Network Society. Oxford: Blackwell.

Sassen, S., 1996. Losing Control? Sovereignty in an Age of Globalization. The 1995 Columbia University Leonard Hastings Schoff Memorial Lectures. New York: Columbia University Press.

economiaepolitica.it utilizza cookies propri e di terze parti per migliorare la navigazione.