La riforma dell’Unione monetaria e il dibattito tedesco

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Political and social notes

La crisi in corso dovuta al Coronavirus comporta un’enorme sfida per gestire le sue conseguenze sul sistema economico e sui bilanci. Poiché gli Stati membri dell’Euro-area sono intrappolati in una costruzione monetaria contraddittoria, il margine di manovra non è dato dalle possibilità economiche, ma dalle idee divergenti su come dovrebbe funzionare un’unione monetaria. Le opinioni divergenti sul carattere del debito pubblico conducono alla paralisi. Mentre, alla luce della crisi economica più grave dalla seconda guerra mondiale, i paesi, come la Gran Bretagna, danno il via a una sorta di finanziamento monetario delle spese pubbliche, l’Europa fatica ad adeguare il suo assetto monetario. La ricerca di una risposta adeguata è bloccata a causa delle visioni contrastanti dei paesi del sud e paesi del nord. La discussione pubblica su questi temi è spesso guidata da pregiudizi moralistici piuttosto che da prove scientifiche. Questo articolo riassumerà le argomentazioni politiche e scientifiche avanzate in Germania nell’ultimo mese.

L’area dell’euro è colpita in modo particolare. I problemi del finanziamento dei bilanci pubblici degli Stati membri e della sostenibilità dei rispettivi debiti pubblici non sono stati finora risolti. Comprendere il ruolo della Germania in questa situazione non è semplice. Da un lato, il suo modello economico dipende fortemente da un’elevata e stabile eccedenza commerciale. Pertanto, la Germania dipende fortemente dall’accettazione di questa situazione da parte dei suoi partner commerciali. Dall’altro lato, la Germania ha usato la sua forza economica e politica per ostacolare le politiche economiche espansive degli stati dell’Euro-area, e quindi i suoi principali partner commerciali. Questo ha mantenuto l’intera area dell’euro intrappolata in uno stato d’animo quasi recessivo e deflazionistico per un intero decennio. Ora, il coronavirus aggiunge un nuovo capitolo a questa storia.  Il presidente francese Macron può rappresentare la voce più seria ed importante eria nella discussione in corso. Nella sua intervista al Financial Times, il Presidente francese Macron ha espresso le sue critiche sulla gestione della crisi dell’Euro-area, indirizzate indirettamente alle élite politiche tedesche:

“È ovvio perché la gente dirà: ‘Qual è questo grande vantaggio che voi [l’UE] offrite? Queste persone non vi proteggeranno in caso di crisi, né in seguito a una crisi, non hanno alcuna solidarietà con voi. […] Quando gli immigrati arrivano nel vostro paese, vi dicono di tenerli. Quando hai un’epidemia, ti dicono di affrontarla. Sono molto gentili. Sono a favore dell’Europa quando significa esportare verso di te le merci che producono. Sono a favore dell’Europa quando significa ricorrere alla tua manodopera e produrre le parti di auto che non producono più al loro interno. Ma non sono a favore dell’Europa quando significa condividere il peso”.

Sfortunatamente, i media autoreferenziali tedeschi e l’opinione pubblica tedesca prestano poca attenzione o addirittura ignorano completamente i diversi punti di vista su questioni fondamentali provenienti dall’estero. Mentre il governo rimane in silenzio sul tema, il dibattito generale sui problemi monetari europei è ancora dominato da pregiudizi. È uno stereotipo diffuso, alimentato dai media nel corso dei decenni, che il contribuente tedesco agisce come l’ufficio del benessere sociale per il mondo e deve pagare per tutti gli altri che sono riluttanti a lavorare di più. In quest’ottica va evitata qualsiasi concessione ai Paesi “cattivi” caratterizzati da un rapporto debito pubblico/PIL più elevato.

Mentre il governo tedesco sembra non essere in grado di prendere una posizione inequivocabile sulla risposta che spetta all’Euripa, i soliti sospetti colmano la lacuna dicendo: NEIN. Una voce di spicco contro l’introduzione dei Coronabonds è quella di Friedrich Merz come uno dei potenziali successori di Angela Merkel, elogiata come esperta di economia. Per quanto riguarda l’offerta di prestito del MES rifiutata dal governo italiano, afferma il 21 aprile:

“L’Italia non vuole finora accettare l’assistenza finanziaria dell’UE. L’Italia non ha quindi esigenze finanziarie urgenti, ma mira, con il pretesto del Coronavirus, ad ottenere possibilità illimitate di rifinanziare il proprio bilancio pubblico”.

Anche Gabor Steingart, un influente editorialista economico, argomenta su linee simili:

“Il piatto preferito dell’élite italiana è il denaro fresco di stampa, guarnito con un bastoncino di dinamite. […] Chi dipende dal debito vuole una seconda porzione. Perché la Germania dovrebbe evitare di entrare in un meccanismo di condivisione delle passività?”

Queste citazioni suggeriscono che nella discussione sulle regole della finanza pubblica e del debito pubblico all’interno dell’unione monetaria la logica macroeconomica si affievolisce facilmente e viene sostituita da argomenti giuridici. Quindi, l’Europa meridionale vuole spendere di più alla luce della crisi da Coronavirus? La Germania teme di dover sostenere ulteriori debiti nel caso in cui gli altri non siano in grado di ripagare i loro debiti.

La discussione pubblica è quasi priva di conoscenza delle condizioni in cui si trovano gli altri paesi europei. L’opinione pubblica tedesca semplicemente non sa cosa significhi essere minacciati da un tasso d’interesse sul debito pubblico costantemente più alto degli altri. L’opinione pubblica tedesca non sa come ci si sente a negoziare ogni anno con i ministri delle finanze esteri e con burocrati non eletti.

Il fatto che, ad esempio, l’Italia gestisca eccedenze di bilancio primarie da 25 anni è un fatto completamente ignorato. Questo vale anche per altri esempi che non si inseriscono nella consolidata narrativa tedesca. Altri esempi ignorati sono il finanziamento diretto delle spese governative del Regno Unito da parte della Banca d’Inghilterra o la realtà monetaria del Giappone, che gestisce quasi il 300% del rapporto tra debito e PIL, entrambi senza conseguenze catastrofiche. 

La principale preoccupazione della Germania sono le passività dovute all’aumento del debito pubblico nell’Euro-area. Tuttavia, le conseguenze di un crollo economico dei suoi partner non causano preoccupazioni. Questo è sorprendente, dato che la Germania dipende dalla domanda estera più di qualsiasi altro paese del mondo. Ad esempio, la Francia ha un enorme deficit commerciale bilaterale con la Germania. Se la Francia entrasse in una grave recessione prolungata, il modello tedesco di eccedenza delle esportazioni sarebbe seriamente minacciato. Purtroppo, ad oggi, gli economisti accademici che spiegano ai tedeschi queste interdipendenze macroeconomiche sono difficili da individuare. Più probabile è trovare qualche economista tedesco che discuta l’utilità epidemiologica del blocco, pur non possedendo alcuna competenza in materia. Anche gli istituti di ricerca rimangono piuttosto nascosti. Ciò è degno di nota, dato che i primi dati sui lavoratori a orario ridotto (Kurzarbeit)[1] indicano già un crollo economico più profondo rispetto al 2009. Considerato il 4,2% di contrazione del PIL stimato congiuntamente dai principali istituti, la gravità della situazione sembra essere sottovalutata.

Le proposte economiche formulate nella recente dichiarazione della Leopoldina (l’accademia nazionale delle scienze) sono ben lungi dall’essere innovative. Il mantenimento del freno al debito tedesco e il rimborso mirato dell’ormai necessario debito pubblico resta una questione centrale per gli economisti della Leopoldina. A livello dell’Euro-area essi propongono l’introduzione di una nuova linea di credito da parte del MES. Questa dovrebbe contenere una condizionalità incentrata sulle conseguenze della pandemia. Gli economisti professionisti sembrano intenti a seguire e commentare le misure economiche, piuttosto che a essere propositivi. 

Sarebbe tuttavia sbagliato chiudere qui questa storia. Le cose si stanno muovendo e l’attuale NEIN tedesco è più debole che all’indomani della crisi dell’euro. È ovvio che un altro periodo di ulteriore austerità forzata sarebbe un suicidio per l’unione monetaria. Inoltre, non si può più spiegare ad altri paesi perché la Germania possa utilizzare il suo spazio fiscale mentre altri non lo fanno. Di conseguenza, la maggior parte degli osservatori è rimasta notevolmente silenziosa nella discussione sugli eurobond.

L’europeismo è la posizione dominante, anche se gli europeisti più convinti ignorano ancora ciò che il governo tedesco negozia a Bruxelles. In questo contesto, un articolo molto importante è stato pubblicato sullo Spiegel da Thomas Fricke, che sostiene di non ripetere i fallimenti del passato. Un atteggiamento da ” tedesco brutto e cattivo” pieno di pregiudizi va evitato ad ogni costo perché ora minaccerebbe seriamente l’appartenenza dell’Italia all’Unione monetaria.

“È tempo di porre fine a questo dramma – forse con gli eurobond come simbolo del destino comune […] altrimenti tra qualche anno l’Unione Europea non sarà più un’Unione. In Italia come in Francia arriveranno al potere persone […] che non vogliono aderire a questo gioco. Il gioco che rappresenta la base della ricchezza della Germania”. Concludendo si può dire che rimane una finestra di opportunità per quei politici tedeschi che non vogliono bloccare una riforma “diversa” delle politiche monetarie. Concedere molto più spazio fiscale e sicurezza monetaria agli Stati membri dell’Euro-area senza essere considerati negligenti sembra più possibile di prima. Ciò richiede un governo che abbia coraggio, una visione chiara di come dovrebbe funzionare un’unione monetaria comune e voci con toni in qualche misura seriamente minacciosi provenienti dall’esterno della Germania.

*Articolo tradotto dal Professore Stefano Lucarelli

English version


[1] Un concetto che descrive una situazione in cui l’azienda non ha ordini, il lavoratore lavora di meno e lo stato paga  60%-66% dello stipendio normale. Normalmente il lavoratore sarebbe  disoccupato, ma per un certo tempo di crisi lo stato paga una parte  dello stipendio e il contratto di lavoro rimane valido. Cosi le  aziende mantengono la manodopera.

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