Il nuovo Accordo di Partenariato, il PNRR e le risorse disponibili

Mentre imperversa salvifico il PNRR con i suoi 235 miliardi di euro (incluso 15,6 Mrd di FSC, 30,6 Mrd di FNC e 13 Mrd di React EU) di cui 122,6 Mrd di prestiti, il nuovo Accordo di Partenariato 2021-2027 è giunto ormai alla sua versione finale. Si tratta di un documento che conclude una fase e avvia di fatto l’attuazione della nuova programmazione della politica di coesione europea, con un quadro di riferimento molto complesso e una concentrazione di risorse per lo sviluppo territoriale mai così ricco. Un quadro di opportunità rilevante con un protagonismo territoriale ulteriormente amplificato e un ruolo dei Programmi Nazionali importante in chiave di auspicata sinergia con gli interventi del PNRR. Emerge, tuttavia, anche un quadro di rischi cui prestare particolare attenzione, con una concentrazione di spesa pubblica senza precedenti, sovrapposizioni temporali di strumenti programmatici, una geografia nuova del livello di sviluppo delle regioni e performance attuative dei Programmi 2014-2020 – soprattutto in termini di efficacia – spesso non entusiasmanti

Espansioni della domanda e partecipazione femminile alla forza lavoro: nuove evidenze empiriche

Il recente interesse per le disuguaglianze di genere, segnalato dalla crescente presenza nei dibatti politici ed economici, è certamente una novità positiva. Per quanto riguarda la narrativa economica (divulgativa e accademica), forse mai come lo scorso anno ci si è concentrati sulla problematica dell’occupazione femminile e della partecipazione delle donne alla forza lavoro, una tematica che ha anche portato l’economista americana Claudia Goldin a ricevere il Premio Nobel per l’economia.

Il regionalismo differenziato: l’inarrestabile declino dello Stato unitario e della sua vocazione sociale

La disgregazione dello Stato, sia nella sua struttura unitaria, ereditata dal risorgimento, che nella sua componente sociale, impressa dalla Costituzione repubblicana, è un processo che va avanti da decenni. La recente approvazione, da parte del Senato, del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata non rappresenta, pertanto, un elemento di discontinuità con il recente passato ma può essere letta come uno dei molteplici tasselli che contribuisce a incrinare la razionalità della costruzione statale.

Attivare la previdenza complementare per lo sviluppo del Paese. Un fondo per investimenti diretti con protezione del rendimento

Documento presentato dal prof. Riccardo Realfonzo, Presidente del fondo pensione Cometa, in occasione della audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, indagine conoscitiva “Sugli investimenti finanziari e sulla composizione del patrimonio degli enti previdenziali e dei fondi pensione anche in relazione allo sviluppo del mercato finanziario e al contributo fornito alla crescita dell’economia reale”. Roma, 15 febbraio 2024

L’Economia della Previdenza Sociale in un modello di circuito monetario

Dinanzi alle problematiche di sostenibilità dei tradizionali sistemi previdenziali, la maggior parte dei policy makers propone l’espansione dei sistemi a capitalizzazione pre-finanziati e la progressiva privatizzazione del sistema pensionistico. Dal punto di vista della teoria economica, però, le analisi che si celano dietro soluzioni simili si fondano su poco realistiche ipotesi neoclassiche ed, inoltre, tendono anche a trascurare i feedback che esistono tra i meccanismi di distribuzione dei sistemi previdenziali e l’economia nel suo complesso. In questo paper, seguendo invece la tradizione italiana della teoria del Circuito Monetario, proponiamo un’estensione del modello pensato da Augusto Graziani al fine di includervi anche i sistemi pensionistici ed i loro effetti reali e finanziari. Il framework teorico proposto evidenzia infatti il ruolo dei meccanismi distributivi previdenziali per il mondo della finanza e svela anche i rischi macroeconomici finanziari che i fondi pensione gestiti dalle grandi società finanziarie possono avere nei Paesi finanziariamente più deboli come l’Italia. Il modello, inoltre, dimostra che ciò di cui più necessitano i sistemi pensionistici è semplicemente una lungimirante politica economica in grado di incrementare crescita e produttività, combinata con una politica di distribuzione del reddito pro-labour.

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